DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
1. LA FUGA IN AVANTI DEL LUMBARD
Ugo Magri per la Stampa
La trattativa M5S-Lega sembra bene avviata, ma rischia di annegare nel primo grande bagno di realismo: il dramma siriano. Di Maio ha promesso di presentarsi al Quirinale con elementi che dimostreranno come lui e Salvini non stiano perdendo tempo. Dunque, il Presidente non avrà bisogno di pungolare i partiti con pre-incarichi o altro: già procedono per conto loro. C' è da scommettere che Sergio Mattarella sarà felice di registrare gli eventuali passi avanti.
Di Maio e Varricchio a Washington
Non si accontenterà di parole, pretenderà qualche ragguaglio concreto e qualcosa di molto somigliante a un crono-programma, cioè tempi certi di avanzamento degli eventuali accordi. Nello stesso tempo, però, il Capo dello Stato sarà altrettanto curioso di capire in che modo i vari protagonisti si porranno dinanzi agli accadimenti in Siria e alla drammatica escalation di queste ore.
Già, perché la portata dello scontro non può lasciare indifferente l' Italia. Sebbene nessuno ci sia venuto a chiedere un impegno diretto sul piano militare, al massimo qualche futuro supporto di tipo logistico, è chiaro che chi si candida a governare il paese deve fornire indicazioni chiare sul proprio tasso di fedeltà alle alleanze internazionali. E qui si potrebbe porre qualche serio problema anche rispetto al negoziato in corso.
Già sette giorni fa, durante il primo giro di consultazioni, Mattarella aveva sollecitato chiarimenti ai partiti. Viene dato atto a Di Maio, nel giro stretto presidenziale, di aver ripetuto allora, davanti alle telecamere, che il M5S si sente parte dell' Occidente e sostiene la Nato: due garanzie niente affatto scontate alla luce delle antiche posizioni grilline, più attente semmai alle ragioni di Mosca. Laddove Salvini era stato ben poco rassicurante e anzi, dalla stessa tribuna quirinalizia, aveva scagliato fulmini e saette contro il tandem europeo Merkel-Macron.
Nei giorni successivi le differenze di politica estera non avevano impedito ai due partiti di intavolare un dialogo che registra progressi e proprio ieri ha permesso di scegliere un candidato comune, leghista, a capo della Commissione speciale della Camera. Pare sia in corso una stesura condivisa delle richieste per il nuovo Def, il documento di strategia economica.
E sta maturando l' idea di un tavolo di confronto programmatico approfondito, dove gettare le basi del famoso «contratto alla tedesca». Ma nessuno poteva immaginare un nuovo orrendo massacro di civili, con le armi più abiette. Né tantomeno prevedere un intervento diretto delle potenze alleate.
Perciò si può dare per certo che Mattarella riproporrà oggi la questione sollevata una settimana fa, ma in maniera ancor più diretta. E qualora riscontrasse una diversità di accenti, o addirittura una diversità di posizioni, non esiterebbe a domandare in che modo queste potrebbero conciliarsi.
CHIARIMENTO PRELIMINARE
Stando alle cose dette ieri, le distanze sono abissali. Da una parte Di Maio ha manifestato posizioni attendiste, cautamente critiche verso la soluzione militare, però coerenti con la collocazione atlantica dell' Italia. Se fosse lui a guidare il governo, non si produrrebbe alcuno strappo. Salvini invece ha sposato in pieno le tesi di Putin, con accenti oltranzisti che riecheggiano addirittura Assad.
missili verso la siria sopra il libano
Chi detterebbe la linea, tra Di Maio e Salvini? Le risposte dei due saranno decisive perché Mattarella (assicura chi lo conosce bene) mai darebbe via libera a un governo senza prima aver fatto chiarezza se sta con la Russia o con l' Occidente.
2. GENTILONI NON SI SMARCA DAGLI ALLEATI
Marco Galluzzo per il Corriere della Sera
L' escalation possibile in Siria crea più di un corto circuito nella nostra diplomazia. Due giorni fa il numero due dell' ambasciata americana a Roma è stato ricevuto a Palazzo Chigi dall' ufficio diplomatico del presidente del Consiglio. Ieri aerei da ricognizione americani sono decollati da Sigonella. Il ruolo del nostro Paese, che finora è sempre stato fuori dal teatro siriano, appare più delicato di fronte al vuoto di potere a Palazzo Chigi.
Non per nulla la scena ieri se l' è presa Matteo Salvini. Ha anche detto che «da aspirante premier forse non mi conviene fare certe dichiarazioni», ma «il presidente americano non può annunciare missili via twitter, come se fossero pollo arrosto e patatine, le bombe raramente risolvono i problemi, quella delle armi chimiche è una fake news, quindi dico a tutti di fermarsi prima che sia troppo tardi».
Insomma mentre Washington, Parigi e Londra sembrano coordinare una risposta, Salvini si smarca rispetto ai nostri tradizionali alleati, chiede a Gentiloni di «intervenire e di opporsi in modo chiaro ai bombardamenti». Di Maio invece assume una posizione meno tranchant, anche lui non in linea con una possibile escalation, ma più istituzionale: «Proprio perché siamo alleati di Usa e Occidente dobbiamo consigliare una soluzione pacifica, che non si arrivi alle bombe».
Gli Stati Uniti devono chiedere l' autorizzazione al nostro governo se dalle loro basi sul nostro territorio iniziano operazioni offensive, ma non di supporto logistico. E' plausibile che Gentiloni sia stato informato di questo tipo di operazioni.
Proprio il presidente del Consiglio in carica per gli affari correnti ha assunto una posizione molto prudente: «Non dobbiamo dimenticarci della tragedia che c' è in Siria. L' uso di armi chimiche non può essere in alcun modo tollerato», ma «se dobbiamo immaginare una soluzione stabile e di lungo periodo, oltre che rispondere ai crimini, dobbiamo lavorare per la pace, quindi dare centralità all' Onu e ai tavoli negoziali».
In ogni caso: «L' Italia, come noto, non ha mai preso parte ad attività militari», aggiungono a Palazzo Chigi, e rispetto ad ogni attività in atto in Siria, «l' Italia non è direttamente coinvolta». E questo mentre alla Camera i parlamentari dei 5Stelle chiedono proprio a Gentiloni di riferire alle Camere (avverrà forse la prossima settimana), e mentre il Pd attacca Salvini chiedendogli di chiarire «se vuole cambiare le nostre tradizionali alleanza internazionali, lo dica chiaramente», è la sintesi del segretario reggente Maurizio Martina.
Ma le spaccature non sono finite qui, perché anche da Forza Italia, con Paolo Romani, si levano voci molto critiche verso un possibile intervento: «Non è possibile che Assad abbia utilizzato armi chimiche, il nostro governo si dissoci da una rappresaglia che sarebbe assurda».
L' impressione è che, pur non partecipando, il governo in carica non si opponga ad un intervento degli alleati. Dalla Farnesina il sottosegretario Vincenzo Amendola: «Il governo è a fianco dei tradizionali alleati del nostro Paese: Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Salvini deve chiarire».
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