giulio regeni gli effetti personali

PISTA! FATE LARGO ALL'ENNESIMO DEPISTAGGIO SU GIULIO REGENI: LA DROGA, IL BANCOMAT, LE TORTURE. NIENTE QUADRA - LE DONNE DEL RAPINATORE UCCISO NEGANO IL LEGAME CON LA MORTE DEL RICERCATORE ITALIANO. E NATURALMENTE VENGONO ARRESTATE DALLA POLIZIA EGIZIANA

 

 

1. REGENI: MEDIA CAIRO,DONNE CAPO BANDA NEGANO LEGAME CON MORTE

PASSAPORTO DI GIULIO REGENI PASSAPORTO DI GIULIO REGENI

 (ANSA) - La moglie e la sorella di Tarek Abdel Fatah, il capobanda dei rapinatori di stranieri, sono state arrestate per favoreggiamento ma hanno negato, nel corso dell'interrogatorio, che la gang abbia ucciso Giulio Regeni. Lo riferiscono fonti dell'inchiesta citate dal sito del quotidiano Al Masry Al Youm che smentirebbero così le informazioni trapelate ieri dalla Procura generale secondo le quali le due avevano riferito che Regeni era stato ucciso per una rapina.

 

La moglie di Tarek - riferisce la stessa fonte - ha detto che il borsone rosso, con alcuni effetti personali di Regeni tra cui il passaporto "era arrivato" in possesso del marito solo "da cinque giorni" e lui aveva detto che apparteneva a un suo amico. La sorella dell'uomo, inoltre, avrebbe riferito che la borsa era stata portata a casa dal fratello "un giorno prima della sua morte", avvenuta giovedì scorso.

 

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Per le due donne è scattato un arresto cautelare di 4 giorni, riferisce l'agenzia Mena. Stesso provvedimento per il cognato dell'uomo, ucciso dalle forze di sicurezza l'altro ieri al Cairo insieme ad altri quattro componenti della sua banda specializzata in sequestri di stranieri a scopo di rapina. L'accusa per i tre è di connivenza e occultamento di refurtiva in quanto erano a conoscenza delle attività del capobanda, Tarek Abdel Fatah, precisa l'agenzia e il sito Al Masry Al Youm.

 

La Procura di Shubra El-Khema, che per territorialità si occupa della banda, ha chiesto comunque di unire l'inchiesta con quella su Regeni, scrive il sito. Fra le altre indicazioni fornite da Al Masry Al Youm c'è quella secondo cui la moglie del capobanda ha attribuito a suo marito il possesso dei 15 grammi di hascisc che un comunicato del ministero dell'Interno aveva inserito - assieme a passaporto, carta di credito e badge universitari di Regeni - nell'elenco degli oggetti rinvenuti nell'appartamento della sorella di Tarek.

 

 

2. REGENI, DALLA DATA DELLA MORTE ALLE TORTURE: TUTTI I BUCHI NELLA NUOVA VERSIONE EGIZIANA

Giuliano Foschini per ''la Repubblica''

 

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Ci sono una rapina senza il denaro, una tortura senza torturatori, cinque presunti assassini morti, e dunque muti per sempre, in questo disperato, e scalcagnato, tentativo egiziano di offrire una verità sull'omicidio di Giulio Regeni. Una ricostruzione - quella offerta tra ieri e giovedì dal ministero degli Interni del Cairo - che non può però reggere alcuna prova di verità per almeno quattro, incontrovertibili, motivi.

 

I MOVIMENTI DI DENARO

La banda di quattro gangster uccisa nel conflitto a fuoco (non è chiaro chi sia la quinta vittima: un passante morto per caso o addirittura un cadavere che trasportava la gang) era "specializzata - dicono gli egiziani - nel camuffarsi da agenti di polizia e sequestrare stranieri per rapinarli". Dunque, potrebbero averlo fatto anche con Giulio. Ora al di là della bizzarra circostanza della specializzazione ("strano che non abbiano detto che fossero esperti nel rapinare i ricercatori con i capelli castani...", ironizza un investigatore italiano), peccato che questi signori non avessero nulla da rapinare: Giulio non aveva soldi in tasca.

 

giulio regeni     giulio regeni

Se non quel bancomat nero, mostrato dalla polizia come uno dei reperti, che però non ha registrato alcun movimento: 800 euro erano depositati al 25 gennaio, giorno della sua scomparsa, e 800 euro ci sono ora. Non solo: i genitori hanno ritrovato anche in casa i 300 euro che il ricercatore italiano teneva per le emergenze. Intatti. Così come a casa, nel solito cassetto, c'era il computer di Giulio, l'oggetto più di valore che possedeva. Cosa avevano da rapinare quindi i rapinatori?

 

LE SEVIZIE

La seconda, grande, incongruenza, riguarda la data della morte. Hanno raccontato la sorella e la madre di uno degli egiziani uccisi che Giulio avrebbe reagito alla rapina e per questo sarebbe stato assassinato. Ma l'autopsia italiana non lascia spazi ai dubbi: Giulio è morto almeno sette giorni dopo la sua scomparsa.

 

REGENI REGENI

Non solo. Il suo corpo mostra segni incontrovertibili delle torture: sono circa 20 le fratture in tutto il corpo, soprattutto alle gambe e alle braccia; ci sono segni di bruciatura all'altezza della scapola sinistra, tagli che sembrano essere stati fatti a distanza di giorni, nessuna lesione interna a conferma che chi picchiava era un professionista. Così come da boia era la manovra che ha portato alla frattura della vertebra cervicale, che ha causato la morte di Giulio. Per una reazione scomposta a una rapina si può ridurre in questa maniera un ragazzo?

 

IL FALSO AGENTE

Giulio RegeniGiulio Regeni

Ancora: se è stata una rapina, e dunque un caso, chi erano quei poliziotti che a dicembre sono stati nel palazzo di Giulio per chiedere documenti? E chi era quell'agente della National security army che il giorno prima che il ricercatore sparisse aveva chiesto di lui ad amici e conoscenti? Lo stesso che poi tornerà a fare le stesse domande dopo la scomparsa? Tarek Saad Abdel Fatah, il capo della banda assassinata, al quale hanno trovato il falso tesserino, aveva 52 anni.

 

Mentre due diverse fonti dicono a Repubblica che chi cercava Giulio era "un giovane agente". E, poi, se così fosse, perché tornare a casa dopo il "rapimento a scopo di rapina" e non prendere il pc portatile, il bene più prezioso? Infine, ma non per ultimo: chi era la ragazza che ha fotografato Giulio nell'assemblea sindacale il 13 dicembre? Un'innamorata o un'infiltrata degli apparati di sicurezza?

 

I DEPISTAGGI

renzi al sisirenzi al sisi

Marchiano è poi il depistaggio messo in scena ieri sera. In quelle foto, con gli effetti personali, diffuse dal ministero degli Interni, solo i documenti sono di Giulio. Non è suo quel borsone con lo stemma dell'Italia, non sono suoi i telefonini e gli occhiali da sole. Non è suo l'hashish: come dimostrano gli esami tossicologici, Regeni non fumava.

 

"Oscuro - ragiona un investigatore italiano - è il motivo per cui i presunti assassini abbiano deciso di conservare il passaporto di Giulio, un "morto così celebre"". Su questo assassinio, oltre all'Italia, si è mossa l'intera comunità internazionale, a partire da Barack Obama. E il presidente egiziano, Al Sisi, ha dovuto prendere una posizione ufficiale nella sua intervista a Repubblica promettendo "verità". "Quale assassino conserva in casa la prova regina di questo crimine?".

 

LA SECONDA PISTA

AL SISI RENZI AL SISI RENZI

Gli investigatori italiani stanno comunque cercando risposte a tutte queste domande. Per questo, non stanno trascurando alcuna ipotesi, anche le più suggestive. Tutto si muove attorno alla reale identità di questi cinque balordi. E a quel tesserino da falso agente: potrebbe essere, com'è assai probabile, soltanto un depistaggio. Ma anche altro. I servizi egiziani usano, questa è da tempo la denuncia delle Ong e degli attivisti politici, squadracce abusive per i lavori sporchi.

 

 Giulio non è scomparso in un giorno qualsiasi: era l'anniversario della rivolta di piazza Tahrir. Il governo aveva imposto il coprifuoco. Uno studente italiano, comunista, amico dei sindacatI tanto da aver proposto loro un finanziamento (poi sfumato) rappresentava, in una giornata come quella, il perfetto nemico del regime. Il 25 gennaio non avrebbero mai potuto circolare bande di rapinatori, troppa polizia. Ma squadracce pronte a impedire manifestazioni sì. Che quella sparatoria di mercoledì possa aver messo a tacere una verità indicibile è soltanto, oggi, una suggestione. In una storia, d'altronde, che però non ha ancora alcuna verità.