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Angela Mauro per www.huffingtonpost.it
Se la settimana scorsa Ursula von der Leyen si sarebbe bevuta tranquillamente un caffè con i leghisti, ora non più. L’affare Metropol e le presunte trattative della Lega per ottenere finanziamenti dai russi diventano un caso europeo. Non ancora ufficialmente, ma, a quanto apprende Huffpost, c’è questo dietro la decisione della presidente designata della Commissione europea di prendere le distanze dai leghisti, cancellare l’incontro previsto oggi con il capogruppo di Identità e democrazia Marco Zanni, cambiare totalmente strategia in vista del voto di domani in aula a Strasburgo: tuttora in bilico.
matteo salvini giancarlo giorgetti
Fino alla scorsa settimana, all’Europarlamento Ursula incontrava tutti e accettava i voti di tutti. Pur di farcela al test dell’aula di Strasburgo domani. Ora invece punta ad una maggioranza auto-sufficiente formata da Ppe, Liberali, socialisti più i nazionalisti polacchi di Jaroslaw Kazscynski. Se ci saranno i voti della Lega saranno aggiuntivi, questo è il piano. I numeri sono ancora ballerini. Quel che è certo è che la Lega non ha chiuso il dossier von der Leyen: ancora oggi sta valutando se votare sì alla nomina della nuova presidente, determinata a evitare che l’affare dei fondi russi infici pure la partita sul commissario italiano, che per Salvini resta il fedelissimo Giancarlo Giorgetti.
A quanto apprende Huffpost da fonti leghiste, i contatti con la presidente tedesca non si sono interrotti affatto. E’ stato solo annullato l’incontro ufficiale, cosicché il gruppo ‘Identità e democrazia’ è l’unico che von der Leyen non incontrerà (la scorsa settimana ha visto anche i 14 eletti del M5s, non iscritti ad alcun gruppo: e loro voteranno Sì). Eppure, le trattative con i leghisti continuano. Tanto che loro stanno ancora valutando di votare a favore: sono 28 eletti, 28 voti che farebbero gola a von der Leyen, se si trattasse solo di matematica. Ma c’è la politica e la diplomazia internazionale. Con l’affare russo che impazza sui giornali del continente, la presidente europea non può accettare i voti di chi – secondo le accuse sui cui indaga la magistratura - accetta i soldi di Putin.
E allora ufficialmente è distanza, ufficiosamente si tratta. Anche perché al Governo italiano spetta comunque la nomina di un commissario europeo. E, a meno che non cambino i patti tra i due partner di governo, a meno che l’affare russo non si infili anche in questo dossier, il commissario sarà il leghista Giorgetti. Ora più che mai, la Lega mantiene fermo il punto e non molla i contatti con von der Leyen: tanto da poter dire sì domani.
Ad ogni modo, von der Leyen per ora è costretta ad attrezzarsi per fare in modo che i voti leghisti non siano determinanti per la sua maggioranza. Semmai, aggiuntivi. La sua vigilia di voto inizia con una lettera di risposta agli interrogativi posti dal gruppo dei ‘Socialisti e democratici’ e un’altra missiva per le domande di ‘Renew Europe’, i liberali. Sono entrambe piene di promesse. Non una grinza. Ursula promette di essere “la più grande avvocata del Parlamento”, ‘chicca’ che magari piacerà anche ai cinquestelle perché riecheggia “l’avvocato del Popolo” pronunciato da Giuseppe Conte nel suo discorso di insediamento al Parlamento italiano. Ma soprattutto von der Leyen fa aperture sulla flessibilità, lancia una conferenza per la democrazia, sottolinea il potere del Parlamento e promette anche la riforma del regolamento di Dublino. Ai Liberali promette la web tax per i giganti di internet, un dossier già aperto in Francia da Emmanuel Macron.
Insomma, ce n’è per tutti. Ma chissà se domani in aula ci saranno i 374 voti necessari (la maggioranza sul totale di 747 eurodeputati: 4 non sono ancora registrati, tra cui i catalani di Puidgemont) a von der Leyen per essere nominata ufficialmente. A quanto sembra, le risposte fornite ai socialisti – i più scontenti – dovrebbero assorbire le critiche. Il Pd per esempio potrebbe optare per il sì. Ma potrebbero non rientrare i no della Spd tedesca – irremovibili - e chissà se anche dei belgi, olandesi e britannici, anche loro hanno espresso molte perplessità su von der Leyen, ministro della Difesa in patria, coinvolta in diversi scandali, non candidata alle elezioni europee bensì scelta dai leader.
Ad ogni modo, oltre ai tre maggiori partiti (messi insieme in teoria fanno 444 voti), la presidente conta anche i sì dei 26 eletti di Kazscynski: anche loro sono sovranisti, ma stanno nel gruppo dell’Ecr (Conservatori e riformisti) e non in quello di Salvini (Identità e democrazia). Da notare: si tratta di voti assolutamente anti-Putin. Del resto, i rapporti della Lega con Mosca hanno affossato il piano di costruire un unico gruppo sovranista in Europa: la trasferta di Salvini a Varsavia andò malissimo proprio per questo. E poi a favore di von der Leyen dovrebbero votare i 14 pentastellati. Non i Verdi, né la sinistra del Gue che restano sul no.
Numeri in bilico ma una cosa certa: Ursula non vuole farsi fotografare con i leghisti. Che poi il ‘problema’ di ‘Identità e democrazia’ sono solo loro, gli unici tra i sovranisti in bilico sul voto. I lepenisti infatti voteranno no (Marine Le Pen non può dare indicazione per il sì come il suo avversario Macron), stessa cosa farà l’Afd (per gli stessi motivi anti-Merkel). Salvini invece è il sovranista di governo con esigenze diverse. La sua partita europea stava per decollare ma il polverone dell’hotel Metropol per ora l’ha gelata.
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