DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Joe Biden ha dato appuntamento al 4 luglio per la festa dell'Indipendenza e del «quasi ritorno alla normalità», grigliate comprese. Il presidente ha voluto rassicurare gli americani, rivendicando il cambio di passo dell'Amministrazione: l'obiettivo dei 100 milioni di vaccinati sarà raggiunto 40 giorni prima del previsto, cioè il 21 marzo anziché il 30 aprile. Certo, questi risultati sono ancora da conquistare. Per il momento siamo di fronte alla più ambiziosa delle scommesse, che però ha tutta l'aria di poter diventare una «lezione americana».
JOE BIDEN RICEVE LA PRIMA DOSE DI VACCINO
La strategia anti Covid messa in campo dal governo di Washington è un inedito da studiare. Una miscela di pubblico e privato, di dirigismo e di imprenditorialità privata, di profitto e di volontariato. Per prima cosa è giusto riconoscere che le basi operative siano state costruite un anno fa, dal governo di Donald Trump. Gli scienziati del Niaid, l'Istituto di ricerca sulle allergie e le malattie infettive guidato da Anthony Fauci, hanno cominciato a studiare il Covid-19 fin dal gennaio 2020 e già Il 20 febbraio, la Barda (Biomedical Advanced Research and Development Authority), un ramo del ministero della Salute, distribuiva i primi 20 milioni di dollari alla Janssen (gruppo Johnson & Johnson).
Alla fine di aprile le casse federali avevano messo 917 milioni di dollari a disposizione della ricerca privata. L'Unione europea cominciò a muoversi con decisione solo alla fine di maggio. Non basta. Pfizer, Moderna e le altre iniziarono a produrre le fiale al buio, nell'estate del 2020, senza sapere se il siero fosse davvero efficace. Il governo federale coprì le spese, con una mossa mai vista e che ha fatto la differenza. Ecco perché milioni di dosi erano già pronte a fine dicembre 2020, tra l'incredulità delle case farmaceutiche e dei virologi europei.
E, sia detto per inciso, è incredibile come Donald Trump abbia buttato via tutto questo lavoro, anziché capitalizzarlo politicamente nelle urne. Ed eccoci a Biden. La macchina della produzione e, soprattutto, della distribuzione è partita con fatica anche negli Stati Uniti. Il presidente, come già aveva fatto Trump, ha adottato misure di guerra, applicando una legge del 1950 varata con il conflitto coreano.
Ha mobilitato seimila militari, più il personale della Fema, la protezione civile federale. Ha imposto il blocco delle esportazioni non solo dei vaccini, ma anche delle siringhe, delle fiale, di tutto il materiale sanitario per la campagna di immunizzazione. Ma non si è fatto scrupoli a ricevere ingenti forniture dagli stabilimenti europei (Belgio, Germania, Svizzera) collegati a Pfizer e Moderna. In questa fase e con buona pace degli analisti di geopolitica, Biden non è interessato ad alcuna «guerra dei vaccini» con la Russia e la Cina.
DOSI DEL VACCINO PFIZER IN ITALIA
Non ha avuto remore a riprendere lo slogan trumpiano: «America First». Si penserà al resto del mondo in un imprecisato futuro e solo se ci sarà «un surplus nella produzione». Il presidente ha spinto le multinazionali statunitensi a stringere accordi, come nel caso di Merck che ha accettato di produrre il vaccino di Johnson & Johnson. Ha sviluppato l'intesa, anche questa già abbozzata da Trump, con le grandi catene di farmacie del Paese, come Cvc, Walmart, Walgreens e Rite Aid: ventimila «sportelli» sparsi nel Paese, pronti per la somministrazione a tappeto.
vaccino anti coronavirus di moderna
Ha scardinato i vincoli burocratici, reclutando una variopinta legione di «vaccinatori». Non solo i dottori in pensione, ma anche gli studenti di medicina, gli apprendisti infermieri. E poi i dentisti, gli oculisti, il personale paramedico, le ostetriche, i veterinari e altri ancora. Tutto ciò rinforzato dalla istituzione di 950 «Community Health Centers» dislocati nelle aree più remote del Paese. E se non basterà ci saranno «unità mobili» per raggiungere i cittadini che non possono muoversi. Infine un po' di tecnologia digitale, con un sito unico per le prenotazioni, e la spruzzata immancabile di retorica nazionalistica: «Siamo gli Stati Uniti, nessun Paese al mondo può fare meglio di noi».
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