
DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL…
Tomaso Montanari per "il Fatto Quotidiano"
Quando parlo con i miei colleghi universitari francesi o americani dei âtagli alla cultura' italiani, la domanda più ricorrente è: "Cosa hanno chiuso?". E qui la faccenda si fa particolarmente penosa, perché si tratta di spiegare loro che l'ipocrisia italica non permette quasi mai di sopprimere davvero qualcosa - sarebbe quasi meglio, paradossalmente -, ma costringe tutti a vivere largamente al di sotto della soglia minima di dignità . Non si chiudono i musei: no, ma nei bagni non c'è la carta igienica, dai soffitti piove sui quadri, le sale sono aperte a rotazione. E il direttore degli Uffizi guadagna 1.800 euro al mese (contro gli 8.100 dello stipendio base di Franco Fiorito).
Non si sopprimono le soprintendenze: ma i pochi storici dell'arte e gli archeologi rimasti in servizio in organici ridotti all'osso, non possono usare la macchina di servizio (né farsi rimborsare la benzina o le spese del telefono) nemmeno per fare i sopralluoghi sui monumenti colpiti dal terremoto.
E i carabinieri del Nucleo di tutela non possono pagarsi i viaggi per le rogatorie internazionali che consentono di recuperare le opere o i libri rubati. Non si chiudono gli archivi o le biblioteche: ma se si guastano i montacarichi che servono a distribuire il pesante materiale cartaceo, non è possibile consegnare i pezzi agli studiosi. E d'inverno non si può accendere il riscaldamento, né d'estate l'aria condizionata: d'altra parte, lo studio non deve forse essere matto e disperatissimo?
Non si eliminano gli enti culturali: ma la prestigiosissima Scuola Archeologica Italiana di Atene è decimata nel personale, ed è costretta da anni a una indecorosa economia di guerra; l'Accademia della Crusca si aggira ogni anno col cappello in mano; la Società di Storia Patria di Napoli (che possiede la più importante biblioteca sul Meridione ) è sull'orlo del fallimento.
Non si chiudono le scuole, ma non ci possiamo permettere gli insegnanti di sostegno, la carta (di qualunque tipo) si porta da casa, e gli autobus per portare i bambini a conoscere le loro città non esistono quasi più. Non si ha il coraggio di dire che l'università italiana non deve più fare ricerca (per trasformarsi anche ufficialmente in un esamificio e in un concorsificio truccato), ma l'ultimo finanziamento per la ricerca che la mia università mi ha erogato ammonta a 600 euro annui.
E l'ho ceduto, come altri colleghi, al dipartimento: in una sorta di colletta che potesse portare ad avere qualche assegno di ricerca per non far scappare all'estero proprio tutti i giovani studiosi più meritevoli. A questo punto del discorso, qualcuno tira invariabilmente fuori un argomento in apparenza definitivo: "Non ci sono soldi". Ma il mantra del "non ci sono soldi" era già difficile da sostenere prima, visto che nel Paese con l'evasione fiscale più grande dell'Occidente è un po' dura pensare davvero che ânon ci siano soldi': il problema, semmai, è il fatto che preferiamo lasciare quei soldi nella disponibilità dei privati.
Gli stessi privati a cui, poi, chiediamo l'elemosina della beneficenza. Una beneficenza che non è a costo zero, visto che - per quanto riguarda, per esempio il patrimonio culturale - si traduce in iniziative contrarie alla funzione costituzionale del patrimonio stesso, che è quella di produrre conoscenza e cultura, e attraverso di esse, eguaglianza e cittadinanza. Questi ârimedi' alla mancanza di denaro pubblico sono infatti tutti all'insegna del mercato, e producono non cittadini, ma clienti: grandi mostre di cassetta, prestiti forsennati di opere delicatissime, iperrestauri a rotta di collo, cessioni di sovranità pubblica a sponsor privati che âmarchiano' i monumenti e molto altro ancora.
Del resto, l'opzione alternativa è spesso ancora peggiore: non ci sono soldi, dunque che il patrimonio vada pure in rovina. Ma ora - dopo le feste in costume romano della Regione Lazio, dopo la notizia che il Ponte sullo Stretto ci è costato 300 milioni di euro solo per non esistere, dopo che si apprende che agli incliti consiglieri regionali campani viene distribuito un milione l'anno -, beh, ora è un po' difficile pensare che il problema sia davvero che i soldi non ci siano.
Semmai, il punto è cosa vogliamo farne, di questi benedetti soldi pubblici. Ma niente paura: quando avremo definitivamente perduto Pompei, potremo sempre nascondere la nostra vergogna sotto una maschera. Naturalmente, una maschera da maiale.
DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL…
DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE…
DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP? – FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER…
FLASH – CARLO CALENDA VUOLE INCASTRARE FRATELLI D’ITALIA, LEGA E PD: DOMANI ALLA CAMERA I DEPUTATI…
DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È…
DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM…