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Stefano Filippi per "il Giornale"
Vittorio Sgarbi, farà davvero la sua lista?
«Lo chiamerò Partito della Rivoluzione. Sarà presentato il 14 luglio a Milano».
Una nuova Bastiglia.
«Inevitabile davanti al declino dei partiti parallelo a quello della "audience" di Rai1 e Canale 5. La diversificazione dell'offerta ha rarefatto il consenso».
Che senso ha l'ennesimo partitino?
«Sono un proporzionalista convinto, non c'è ragione di limitare le possibilità di identità riconoscibile, che invece ha mantenuto Casini. Pd e Pdl raccolgono meno voti dei partiti da cui sono nati e hanno denominazioni ridicole, perché siamo tutti democratici, come siamo popolo e anche liberi. Il Pdl è finito».
Ne è sicuro?
«Al Nord lo chiamano "il" Pdl,a Sud "la" Pdl: è una creatura nata male. D'altra parte Fini disse "siamo alle comiche finali" salvo poi aderire nell'arco di pochi mesi. Sono state fusioni assurde anche perché Pd e Pdl, come in una simmetria provvidenziale, avevano delle sottospecie: Lega e Di Pietro. Non c'era bisogno di fondere quando si era comunque costretti a stringere altri accordi. Bastava fare una federazione mettendo insieme An, Storace, l'Udc».
E il Partito della Rivoluzione?
«Oggi il centrodestra è dimezzato rispetto a quattro anni fa. I suoi voti sono evaporati, ma non sono andati a sinistra: quando è andata bene sono diventati di Grillo, perché Grillo è come una volpe nel pollaio, ruba dappertutto come dimostra il caso Parma. Tutto il vecchio che sta nel Pdl rischia di essere mandato a schifìo. Allora a destra bisogna creare un riferimento che sia protestatario quanto Grillo e gli impedisca di fare razzia. Ecco la mia rivoluzione: contro strutture obsolete, ridicole, di morti di sonno».
Sgarbi è il Grillo della destra.
«Il livello mentale di questo poveretto è tale che se trova uno come me, io me lo mangio perché abbiamo in comune la "pars destruens", quello che non funziona e va cambiato, ma io ho anche una "pars construens". Grillo si è dato il nome di un albergo, Cinque stelle, a riprova che non vuole una poltrona ma una camera di lusso».
Quanto potrebbe valere il suo partito?
«Sul 10 per cento, penso. Immagino tante liste identitarie. Storace ha il 3 per cento, un 2 la Santanché. An, che come la Margherita ha un finanziamento elettorale proprio, si ricostituisce e prende un altro 5. E hai già un 10 solo della destra».
E la vecchia Forza Italia?
«Si spacchetta in Forza Italia Senior, dove Berlusconi sarà costretto a essere capolista con quelli da più tempo con lui, e prenderebbe il 12 per cento, e una Forza Italia Junior per fare spazio ai volti nuovi, e varrebbe il 6. Aggiungiamo altre liste tipo quella di Bertolaso, Montezemolo, gli animalisti della Brambilla. Io raccolgo quelli arrabbiati, che non vogliono stare con nessuno, protestano, ma non vanno a sinistra».
Per un totale di...
«Di 38-40 per cento.Grillo rosicchierebbe voti al Pd. A quel punto vinciamo ancora noi, e manca ancora la Lega. Ma bisogna conservare ogni identità scorporata, in modo che ognuno porti a casa quello che gli compete, compresa la mia protesta».
E chi farebbe il premier?
«Il candidato della lista più votata, oppure quello indicato dalla lista egemone in concerto con le piccole. Se vincesse ancora Berlusconi con i suoi reduci, dovrebbe indicare al capo dello Stato un nome della sua area. Lasciamo alla sinistra le primariette per accontentare Renzi».
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