DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DIGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA…
Adalberto Signore per il Giornale
Molto più delle parole valgono i fatti, soprattutto in politica. E il voto di Forza Italia prima alla Camera e poi al Senato a sostegno della mozione di maggioranza che autorizza il governo a intervenire a favore di Mps e delle banche è il segnale di un' evidente discontinuità rispetto al passato.
Un gesto di responsabilità, lo definisce Silvio Berlusconi, che già nei giorni scorsi si era detto disponibile a sostenere eventuali provvedimenti che possano essere positivi per il Paese. Un' apertura concreta, messa nero su bianco da un voto parlamentare che di fatto - visti anche i numeri risicati che ha l' esecutivo a Palazzo Madama - pone il leader di Forza Italia nella condizione di essere un interlocutore del nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni.
Ma il voto di ieri potrebbe avere anche un' altra conseguenza, soprattutto se non dovesse rivelarsi un caso isolato. Anche se su provvedimenti specifici, infatti, una sponda di Forza Italia all' esecutivo non farebbe che rafforzarlo. E di fatto allontanerebbe l' ipotesi di elezioni anticipate a giugno come invece vorrebbe Matteo Renzi. Non è un caso che proprio in queste ore l' entourage dell' ex premier lo racconti piuttosto nervoso e, per usare un eufemismo, alquanto critico verso Berlusconi.
D' altra parte, non è un mistero che senza l' appoggio di Forza Italia le possibilità di andare alle urne prima dell' estate si riducano drasticamente. Una strada già di per sé in salita, viste le forti perplessità manifestate da Sergio Mattarella che vuole un governo nel pieno delle sue funzioni quando il 26 e 27 maggio l' Italia ospiterà a Taormina il G7 e che chiede una legge elettorale omogenea per Camera e Senato. Difficile, insomma, che dal Quirinale arrivino accelerazioni improvvise verso le urne, anzi.
Ed è evidente che in questo quadro un Berlusconi che privilegia quelle che lui stesso definisce scelte di responsabilità non fa che allontanare un eventuale show down. Basti pensare che il voto di ieri in qualche modo depotenzia Denis Verdini che al Senato potrebbe non essere più determinante, non solo per sostenere il governo ma soprattutto per staccargli la spina. Senza contare che non ha alcuna fretta di tornare alle urne anche mezzo Pd, certamente quello che fa capo a Dario Franceschini e Andrea Orlando.
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