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bashar al assad con vladimir putin
IRAN, 'APPOGGIAMO CON FORZA GOVERNO E ESERCITO SIRIANI'
(ANSA) - "L'Iran appoggerà con forza il governo e l'esercito siriani contro i gruppi terroristici": lo ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, citato dall'agenzia Irna. Ieri Araghchi ha annunciato che oggi avrebbe visitato Damasco per "portare il messaggio" di supporto della Repubblica islamica all'alleato Bashar Al Assad.
"E' ovvio che gli Stati Uniti e il regime israeliano sono in combutta con i gruppi terroristici in Siria", in quanto il "regime sionista, dopo il recente fallimento dei suoi obiettivi, cerca di raggiungere i suoi scopi creando insicurezza nella regione attraverso questi terroristi", ha detto.
GUERRA IN SIRIA - I RIBELLI CONQUISTANO ALEPPO
Iran e Russia fanno scivolare la Siria nel conflitto regionale allargato
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”
[…] Siria […] Fu l'ultima delle "primavere arabe". Etichetta occidentale: in Medio Oriente la primavera meteorologica è una stagione quasi sconosciuta. In Siria, la miccia si accende solo in aprile del 2011, a primavera avanzata appunto, ben dopo quelle di Tunisia, Egitto, Libia che fecero cadere come birilli Zine El Abidine Ben Ali, Hosni Mubarak e, con una spallata della Nato, Muammar Gaddafi.
BASHAR AL ASSAD ABBRACCIA ALI KHAMENEI
In Siria, la protesta di piazza diventa subito movimento apertamente antiregime, che vuole ribaltare la minoranza alauita da sempre al potere a Damasco. È guerra civile.
Nella ribellione contro Bashar Assad confluiscono potenti forze jihadiste – che poi daranno vita, relativamente breve grazie all'intervento americano e di una coalizione internazionale, allo Stato Islamico di Raqqa – componenti democratiche, secessionismo curdo, milizie sunnite varie. Insomma, c'è di tutto. La somma di forze è in grado di rovesciare il regime. Salvo interventi esterni: iraniano via Hezbollah, e soprattutto russo. Saranno Teheran e Mosca a capovolgere le sorti della guerra.
raid israeliano contro l ambasciata iraniana a damasco, in siria 8
Sotto la crescente pressione dei ribelli, Assad non cede, si trincera a Damasco, usa più di una volta armi chimiche, riceve aiuto dall'Iran e da Hezbollah. Le milizie sciite affluiscono dal Libano e rafforzano le boccheggianti forze di Assad. Non bastano. I ribelli continuano a prendere progressivamente il sopravvento. Dopo quattro anni, il regime è alle corde. Nel 2015 arriva, a sorpresa, il salvataggio russo.
Vladimir Putin, che fino a quel momento, sulla crisi siriana, si era barcamenato ed aveva tenuto aperto il canale della cooperazione con gli Stati Uniti, decide di schierarsi a favore di Bashar Assad, pur nel frattempo oggetto di censura internazionale, condanne delle Nazioni Unite, boicottaggio arabo. Mosca interviene militarmente, senza peli sullo stomaco nei bombardamenti contro nuclei abitati e civili – Russian style, oggi in uso in Ucraina.
Altri fattori giocano indirettamente a favore di Assad. La coalizione internazionale a guida americana demolisce sistematicamente l'Isis; la Turchia cerca di indebolire quanto più possibile i curdi dell'Ypg, che si ricavano una fragile autonomia semi statale nel Rojava a Nord della Siria.
Nel magma di alleanze, rivalità e ribaltamenti fra le forze in campo, l'intervento russo del 2015 rimane il tornante decisivo della guerra civile siriana. I missili e le bombe russe fanno da copertura aerea alla fanteria di Hezbollah.
In Siria si gettano le fondamenta dell'allineamento fra Mosca e Teheran. Un anno dopo l'annessione senza colpo ferire della Crimea, Putin incassa un successo politico e militare internazionale che gli ridà slancio e fiducia. Vede arretrare gli americani dal Medio Oriente dove invece, dopo due decenni di eclissi dai fasti sovietici, Mosca è di ritorno.
Il decisivo ruolo di Russia e Iran nella crisi siriana ne ha però fatto oggetto di un grande gioco regionale e internazionale allargato. La guerra civile era quasi vinta da Assad – rimanevano focolai di resistenza senza totale controllo di Damasco sull'intero territorio – grazie alla permanenza nel Paese di forze militari russe e delle agguerrite milizie di Hezbollah.
Queste ultime utilizzavano la Siria anche come altro potenziale fronte contro Israele. Gerusalemme subiva più o meno passivamente la situazione. Per anni. Fino al 7 ottobre. La risposta di Israele all'attacco terrorista di Hamas ha cambiato le carte in tavola dal momento in cui si è indirizzato, oltre che contro il Movimento di Resistenza Islamico a Gaza, anche contro il Partito di Dio a Beirut e, più o meno direttamente, contro l'Iran.
Lo scorso aprile l'Idf prende di mira la (sedicente) sede consolare di Teheran a Damasco. Da allora, e specialmente negli ultimi due mesi, fino al cessate il fuoco appena raggiunto, Israele ha attaccato e sistematicamente demolito le strutture e la catena di comando di Hezbollah. Il Partito di Dio è stato bersagliato prevalentemente in Libano, ma le capacità complessive ne risentono e il salasso di uomini avvertito dal resto delle milizie.
Quanto al sostegno militare russo a Damasco non viene meno ma con non poca distrazione ucraina. Assad è rimasto in sella grazie a Russia e Iran/Hezbollah. Con la prima distratta e i secondi indeboliti, i ribelli hanno rialzato la testa. Se l'ingresso ad Aleppo non è un colpo di mano di breve durata, la guerra civile siriana si riaccende e vede Damasco nuovamente in difficoltà. Con una complicazione in più. Sulla crisi siriana Israele era stato alla finestra. Ma se ha fatto di Bashar Assad troppo amico dei nemici, Hezbollah e Iran, Gerusalemme ha interesse a vederlo in cattive acque. Il 7 ottobre ha convinto gli israeliani che il cerchio sciita va rotto. La Siria di Assad ne è anello essenziale.
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