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DAGONOTA
Il Dottore, come amavano chiamarlo gli oltre 22mila dipendenti di Esselunga, se potesse leggere lo stuolo di messaggi apparsi in sua memoria sui social e sulle agenzie di stampa, probabilmente farebbe spallucce e direbbe ai suoi interlocutori: “Pensiamo alle cose serie”.
Bernardo Caprotti era così, badava alla sostanza e non aveva interesse ad apparire. Parlava di rado, lasciava che fosse la sua azienda a parlare per lui. E le condizioni in cui ha lasciato Esselunga, con quasi 8 miliardi di fatturato e utili costanti gli hanno sempre dato ragione.
MARIA ELENA BOSCHI GIUSEPPE SALA
Pierluigi Bersani - uno che appartiene a una cultura del tutto opposta a quella di Caprotti, quella emiliano-romagnola delle Coop rosse - ha usato parole di stima e di affetto nei suoi confronti: “Era un uomo che aveva un rapporto intimo con le sue attività, fino alle sue propaggini più estreme. Più di una volta l’ho visto girare nei suoi negozi, sapeva tutto di ogni singolo scaffale, si fermava a conoscere e a parlare con tutti i dipendenti”.
Anche Matteo Salvini ha usato belle parole per il Dottore, definendolo come un “genio” e un “grande uomo”. E che dire del sindaco grillino di Livorno Nogarin, che ha postato addirittura un selfie con lui, fatto in occasione del via libera ad aprire nella (ex) rossa città toscana?
Molti cittadini milanesi, che oggi salutano Caprotti continuando ad affollare i negozi, si sarebbero aspettati una dichiarazione simile anche dal sindaco di Milano, Beppe Sala, ma le uniche parole provenienti da Palazzo Marino sono state: “Ambrogino d’Oro alla memoria a Caprotti? Il consiglio comunale ci ragionerà su”.
bernardo caprotti esselunga bernardo caprotti esselunga
Non una parola di cordoglio, nessun ricordo per uno degli imprenditori più importanti della storia milanese e non solo. Solo un ragionamento burocratico buttato lì quasi con fastidio, dimenticando che Caprotti lo rifiutò più volte perché non era nel suo stile accettare riconoscimenti personali. Uno scivolone per il sindaco, un’occasione mancata per ricordare uno dei simboli più illustri della città che amministra. Peccato davvero.
Bernardo Caprotti era un uomo curioso, dotato di uno spiccato coraggio imprenditoriale. Nella sua vita gli unici sconti che ha fatto sono stati quelli per i suoi clienti. Non ha mai fatto sconti neanche ai suoi due figli di primo letto, Giuseppe e Violetta. Il padre concesse loro in via fiduciaria alcune quote del suo impero, ma poi le ritirò in quanto non li ritenne all’altezza per guidare Esselunga: “Non posso lasciare un’azienda nelle mani di persone che non sono responsabili. Devo pensare alla governance e sotto questo profilo ho ritenuto che non siano all’altezza”. Da questa decisione ne derivò una battaglia legale, vinta da Caprotti fino all’ultimo grado di giudizio. E poi ancora un’altra causa, dopo che Giuseppe rilasciò un’intervista a L’Espresso in cui diffamava il padre.
GIULIANA ALBERA CON IL MARITO BERNARDO CAPROTTI E LA FIGLIA MARINA SYLVIA
Ma ciò che importava davvero al Dottore erano i collaboratori (mai chiamarli dipendenti), le loro famiglie e la soddisfazione dei clienti. Per loro girava a sorpresa tra gli scaffali, il sabato mattina, controllando che tutto fosse a posto. L’amore per l’arte e l’architettura era secondo solo a quello per la moglie Giuliana e per la figlia Marina, che lo hanno abbracciato fino all’ultimo, quando se ne è andato quasi in punta di piedi. Chi voleva per forza criticarlo diceva che aveva un brutto carattere. Ma, come sosteneva Montanelli, un altro burbero dal cuore grande, il carattere puoi averlo brutto solo se ne hai uno.
LE DONAZIONI DI CAPROTTI INFOGRAFICA CORRIERE DELLA SERA BERNARDO CAPROTTI BERNARDO CAPROTTI Bernardo CaprottiGIUSEPPE CAPROTTI Caprotti violetta e bernardo caprotti
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