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VIA COL VENETO: LA VITTORIA DEL LEGHISTA ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! A DESTRA E’ TUTTI CONTRO TUTTI: LE REGIONALI SARANNO UNO SPARTIACQUE E I RAPPORTI DI FORZA SARANNO CHIARITI COL VOTO. IL CASO TREVISO, LA CITTA’ DI ZAIA E MANILDO (CANDIDATO GOVERNATORE DEL CENTROSINISTRA) SPACCATA IN DUE DALLE TENSIONI TRA LEGHISTI E MELONIANI - LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI? DAGOREPORT
Giulia Merlo per https://www.editorialedomani.it/
LUCA ZAIA - ALBERTO STEFANI - MATTEO SALVINI
Delle sette province venete, Treviso non è la più ricca perché il primato è di Vicenza, né la più turistica visto che al primo posto c’è Venezia.
Non è nemmeno la più agricola, perché che il granaio del Veneto è Rovigo. Eppure la Marca ha in queste elezioni regionali il primato della politica, che la rende epicentro e contraddizione: ha dato i natali (entrambi sono nati a Conegliano) sia al candidato del centrosinistra - che di Treviso è stato anche acclamato sindaco - Giovanni Manildo, e al presidente uscente e oggi capolista della Lega, Luca Zaia.
Città dalle solide radici leghiste, tanto da essere ribattezzata negli anni Duemila «la città più leghista d’Italia» per le percentuali bulgare del partito, è stato sì il comune amministrato dal sindaco “sceriffo” Giancarlo Gentilini ma anche la città espugnata dal centrosinistra proprio da Manildo, in una storica vittoria proprio contro Gentilini.
giovanni manildo sindaco di treviso
Oggi, nell’elegante loggia dei Trecento adiacente a piazza Borsa che è lo storico luogo delle manifestazioni cittadine, si alternano i palchi del centrosinistra e quelli della Lega con Matteo Salvini, in queste settimane ormai trasferito quasi in pianta stabile in Veneto con il pretesto dell’avvicinarsi delle Olimpiadi Milano-Cortina.
Eppure, se la vittoria del candidato leghista Alberto Stefani è data per scontata, su una cosa il centrosinistra e il centrodestra sono concordi: queste elezioni regionali saranno lo spartiacque tra un il vecchio mondo a trazione zaiana che sta morendo e l’incognita di quello nuovo, i cui rapporti di forza saranno chiariti col voto. E in questo chiaroscuro, insegnano i classici, si nascondono i mostri.
I fantasmi del centrodestra
A destra, spiega un influente dirigente di Fratelli d’Italia della città, questa corsa sarà un «tutti contro tutti». Certo in superficie i voti serviranno tutti a far eleggere Stefani, ma verranno pesati e soprattutto fatti pesare dopo, in fase di costituzione della giunta. «E noi ci arriveremo avvelenati, perché avremmo potuto imporre un nostro candidato», viene spiegato.
Di questa tensione Treviso è perfetta rappresentazione. A due settimane dal voto alle regionali, Lega e Fratelli d’Italia in Comune hanno consumato la rottura. Da un lato i leghisti, capitanati dal sindaco Mario Conte, che vogliono ipotecare anche il prossimo candidato alla guida della città.
Dall’altra i meloniani, che accusano Conte di essere troppo lassista sul tema della sicurezza e, pur essendo in maggioranza, hanno pesantemente criticato l’amministrazione comunale definendola provocatoriamente «peggio di Manildo», rivendicando la settimana scorsa un proprio candidato per lo scranno più alto di Ca' Sugana.
«Non si può governare Treviso durante la settimana e fare opposizione al sindaco nel weekend», ha tuonato la Lega, invitando FdI a far dimettere i suoi assessori. A guardar bene, però, c’è una ragione più profonda dietro questo scontro. Proprio il comune di Treviso è stato i teatro di un possibile “colpo di stato”: fallito, ma ben noto a chi ha voluto vederlo, con al centro proprio il nome del sindaco Conte. Uno che «se fosse nato a Modena sarebbe del Pd» secondo i dirigenti dem della città, ma anche «il sostituto ideale di Zaia» secondo molti leghisti della prima ora.
Ecco che allora, ben prima che il tavolo nazionale di centrodestra si accordasse e Salvini piazzasse il suo uomo come candidato presidente, un altro disegno era in opera. Se FdI avesse insistito per esprimere il candidato presidente, la Liga veneta avrebbe dato seguito alla sua minaccia di correre da sola. Di più, avrebbe costruito una alleanza inedita e territoriale Lega-Pd proprio intorno alla candidatura “civica” di Conte. Fantapolitica oggi, pericolo reale secondo molte fonti locali fino a qualche mese fa.
Tanto più che, nei consigli comunali degli ultimi mesi, più di una convergenza è stata trovata tra leghisti e democratici. «Un’alleanza rosso-verde di draghiana memoria», l’ha ribattezzata il dirigente di FdI Fabio Crea, che da ultimo ha unito le forze propri per bocciare una mozione meloniana che proponeva di dedicare al conservatore Charlie Kirk una giornata ogni anno, in cui ricordarlo con un dibattito. Mozione bocciata grazie al no delle opposizioni e all’astensione della Lega e della lista Conte.
Eppure, Conte ha saputo interpretare il momento: Stefani ha individuato il suo uomo a Treviso nell’assessore Riccardo Barbisan e proprio con lui il sindaco sta facendo intensa campagna elettorale. Segno che le forze leghiste vanno comunque unite per evitare la debacle contro una FdI sempre più incattivita e con anche Forza Italia decisa a dare battaglia.
La campagna acquisti in casa di Alberto da Giussano, infatti, si è spinta fino a Treviso, dove ha arruolato l’ex leghista Toni Da Re. Ex sindaco di Vittorio Veneto ed ex europarlamentare, decano della politica locale, dopo 42 anni di militanza era stato espulso dal partito per dichiarazioni contro Salvini, ed è stato subito recuperato dal coordinatore azzurro Flavio Tosi, a sua volta ex leghista.
Ecco perché i risultati nella provincia di Treviso saranno interessanti: perfetto specchio delle divisioni che bruciano nella maggioranza, ridisegneranno i rapporti di forza interni.
Ecco perché nel centrosinistra trevigiano si respira aria di cambiamento. In ogni caso l’epoca Zaia è considerata alle spalle e la scelta di Manildo come sfidante - con largo anticipo rispetto alla combattuta candidatura di Stefani – viene considerata un successo della gestione del segretario regionale Andrea Martella, che è riuscito a tenere insieme l’alleanza più vasta possibile, da Azione al Movimento 5 stelle.
I sondaggi collocano l’ex sindaco intorno al 27 per cento, ma la speranza è che possa superare il 30: il doppio rispetto ad Attilio Lorenzoni cinque anni fa. Se così fosse, sarebbe la dimostrazione che anche in Veneto il centrosinistra sta iniziando a seminare qualcosa, anche in vista delle prossime comunali a Venezia.
«Manildo è stato capace di unire tutta l'opposizione e la nostra sarà una campagna tutta sul territorio: casa, giovani e sanità al primo posto. Problemi che ereditiamo dal governo Zaia, il cui principale lascito per la provincia è stata la costosissima Pedemontana», spiega il segretario dem cittadino e consigliere comunale Stefano Pelloni.
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