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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Oliviero Beha per il "Fatto quotidiano"
La politica vive di parole, comportamenti, fatti, segni, simboli: manca poco dunque, mettendo insieme questo Papa e l'inconsistenza della nostra politica, che ci si risvegli nel passato chiedendo con forza un ritorno alla stagione più felice della storia italiana, quella delle "piccole patrie", magari con tanto di Stato Pontificio fino alle Marche.
A giudicare da ciò che sta facendo Francesco con lo Ior, infatti, sarebbe adattissimo a mettere il naso anche nelle banche marchigiane, a quanto pare in scia a Mps in fatto di trasparenza... Ma anche senza tornare così indietro, e ammesso ovviamente che non sarebbe invece "laicamente" un "tornare avanti", vale la pena di tenere insieme una serie di suggerimenti della realtà traducibili appunto in politica.
A cominciare dalla "borsa del Papa ": in un Paese in cui la figura del portaborse, di qualunque spessore, fa da troppo tempo (da sempre?) da perno all'idea di politica, il Pontefice "si porta la borsa" da solo. Avveduto e immediato come ha dimostrato di essere fin qui, da perfetto gesuita sceso in strada, Francesco ha letteralmente polverizzato la simbologia di una politica troppo spesso d'accatto.
Né qui entra la differenza/distanza tra laicismo e confessionalità , specie per un Vaticano accusato fino al midollo di aver incorporato tutte le malattie del potere temporale. Francesco riporta all'individuo un'idea di responsabilità che dovrebbe servire a tutti e che invece fa fatica a salire al proscenio della nostra politica anche oggi, in un'Italia sfasciata.
Pensate: poco più di vent'anni fa, alla vigilia di Tangentopoli, un medico ospedaliero di mia conoscenza doveva incontrare un meraviglioso sottosegretario alla Sanità del ministro De Lorenzo. Venne fissato l'appuntamento al ministero, il sottosegretario precisò con cortesia "che ci sarebbe stato forse da aspettare", il medico consentì con un "non si preoccupi, mi porterò un libro", e il sottosegretario concluse degnamente con un "ma no, non si deve disturbare".
C'era tutta Tangentopoli in una mentalità castale che separava il potere dalla strada, in tempi in cui il paese reale veniva ancora distinto sia pure non senza fatica dal cosiddetto paese legale. In questi vent'anni l'aggettivo , come sappiamo, si è dissolto, ed è rimasta una casta "paesana" che sembra davvero non sapersi rigenerare, oltre ovviamente a non volerlo. Davvero forse questi organismi geneticamente modificati dal sistema delle poltrone non ne sono capaci.
Ogni tanto sfuggono loro voci dal seno, come per il ministro degli Affari Regionali ex presidente Anci (anamnesi utile per dare l'idea che non può essere solo uomo di Palazzo per le sue attribuzioni e competenze locali e complessive), Graziano Delrio: ha detto che Casaleggio ha ragione a proposito del rischio disordini in una società sfarinata. In passato citavo qui parole che potevano essere riferite sia a Saccomanni che a Grillo (e che erano del primo solo perché la chiusa del paragrafo non era "avete capito, brutti stronzi?", o similia).
Ma presi come sono un po' tutti dalla politologia, una specie di Monopoli a dadi sulla realtà sfigata che abbiamo di fronte, delle molte cose che dice Casaleggio (discutibilissime, certo, ma appunto, discutiamone...) c'è solo la traduzione "politologica" della chiusura al Pd. Deus amentat, temo... Quanto ai fatti, nel quadro del 58° Congresso Nazionale degli ingegneri in corso in questi giorni, il presidente del loro Consiglio lamenta che "nel decreto del fare c'è poco o niente di concreto", e che la burocrazia "ruba" 60 miliardi l'anno: quindi snellire, semplificare, responsabilizzare "malgrado la politica". Ma sul decreto si litiga. E poi dice che uno rimpiange lo Stato Pontificio...
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