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VOLANO I VAFFA NEL CENTRODESTRA! - BERTOLESSO CONTRO MARCHINI: ''SE SI FOSSE RITIRATO AVREI POTUTO VINCERE AL PRIMO TURNO. E ORA VOTO GIACHETTI'' - CHIOCCI INVOCA LA “ROTTAMAZIONE PER I TROPPI GIULLARI DI CORTE: RICOMINCIAMO DA GIORGIA MELONI, TUTTI GLI ALTRI ZITTI E A CASA”

1. INTERVISTA A GUIDO BERTOLASO

Nicola Imberti per ''Il Tempo''

 

BERTOLASO BERLUSCONIBERTOLASO BERLUSCONI

«Aspetti che mi accendo la sigaretta quotidiana». Prima di rompere il silenzio iniziato dopo la rinuncia alla candidatura a sindaco di Roma di fine aprile, Guido Bertolaso decide di aspirare una boccata di fumo. Quasi ad assaporare, ormai da privato cittadino e dopo il lungo calvario che ha sgretolato la sua immagine di taumaturgo delle emergenze sotto una montagna di critiche e gaffes, il gusto di una minima, inconfessata, rivalsa.

 

Davanti al flop del civico Marchini, appannatosi dopo il matrimonio con Berlusconi, qualcuno oggi si chiede se tutto sommato con Bertolaso Forza Italia non avrebbe preso più voti...

MELONI SALVINI BERTOLASOMELONI SALVINI BERTOLASO

«Mi pare che siano lacrime di coccodrillo. C'è poco da chiederselo. Piuttosto, a chi oggi dice e scrive che nel centrodestra non c'è stato nessuno capace di anteporre il bene comune agli interessi personali e politici, vorrei ricordare che Guido Bertolaso è stato l'unico capace di questo gesto. Quando ho capito che era impossibile fare qualcosa per Roma, per le strane dinamiche e gli interessi particolari in gioco, ho fatto un passo indietro. Speravo che si trovasse di nuovo quella unità tra i moderati in grado di portare a un risultato non per Bertolaso, la Meloni o Salvini, ma per Roma. Oggi invece le prospettive non è che siano particolarmente esaltanti».

 

Non lo erano nemmeno i sondaggi su di lei...

MARCHINI BERLUSCONI BERTOLASOMARCHINI BERLUSCONI BERTOLASO

«Quando tutti e tre i suoi leader mi chiesero di candidarmi avevamo delle straordinarie possibilità di vincere e cambiare Roma. I sondaggi allora mi davano al 25 per cento, ed eravamo all'inizio. Forse a un certo punto Marchini, vedendo che c'erano delle proposte concrete e un centrodestra compatto, siccome è una persona intelligente e innamorata di Roma avrebbe fatto lui quello che ho fatto io a fine aprile. Ci sarebbe stato pure il rischio di vincere al primo turno».

 

Per molti il primo colpevole è Berlusconi.

BERTOLASO BERLUSCONIBERTOLASO BERLUSCONI

«Non comprendo tutta questa aria di soddisfazione, le battute contro Berlusconi come se fosse stato lui il responsabile di questo risultato romano. Mi pare anzi sia stato l'unico che ha sempre cercato di trovare un modo per ricompattare tutto il centrodestra. Mentre invece, su questo non c'è dubbio, Salvini che ha Roma ha preso il 2,7 per cento è colui che ha condizionato il futuro della città».

berlusconi e bertolaso batman robinberlusconi e bertolaso batman robin

 

La Meloni?

«La Meloni aveva il desiderio anche legittimo di affermarsi come leader, come rappresentante di un partito che almeno a Roma aveva un grosso pacchetto elettorale e ha raggiunto il risultato. Però ha raggiunto anche quello di consegnare la città ai grillini o alla sinistra. Forse per lei a livello personale sul piano nazionale ora potranno esserci buone prospettive, ma per Roma mi pare difficile immaginare un futuro migliore di quello attuale».

BERTOLASOBERTOLASO

 

Berlusconi sta perdendo colpi?

«È un luogo comune legato all'anagrafe di Berlusconi. Lui continua ad essere un eccellente animale politico, il miglior leader del centrodestra possibile. Ma ha il problema che si fida troppo delle persone che gli stanno intorno».

 

Fu lui a imporle di rinunciare?

«È difficile che qualcuno mi imponga decisioni. Fu una mia scelta, per alleggerire la situazione e sgombrare il campo da troppi candidati».

 

Davvero Berlusconi non ha nessuna responsabilità nel disastro di Forza Italia?

«Si è fidato troppo di chi aveva intorno e di chi gestiva il partito qui in città. Gli si può pure imputare qualche responsabilità, ma mi pare che siano peccati veniali rispetto a quello che gli hanno e che ci hanno combinato in questi mesi».

 

A chi e a cosa allude?

BERTOLASO MARCHINIBERTOLASO MARCHINI

«Ai personaggi di FI che invitavano a votare altri, che addirittura presentavano i manifesti elettorali senza mettere il nome di Bertolaso sindaco. Mi addolora solo che poi in questa vicenda venga identificato Berlusconi come responsabile quando non lo è affatto».

 

È pentito di avere accettato di candidarsi?

«Non ho nessun rammarico per le mie scelte, compresa quella di mollare a fine aprile. Ho fatto tutto spinto dalla volontà di cambiare Roma. Non ci sono riuscito, pazienza, se me lo chiedessero probabilmente lo rifarei».

 

Torna in Africa o resta in politica?

BERLUSCONI MELONI SALVINIBERLUSCONI MELONI SALVINI

«Mi pare che i due mesi di campagna elettorale abbiano dimostrato che non sono un politico. Si è parlato tanto delle mie gaffes, che altro non erano se non il desiderio di essere una persona sincera e trasparente. Ora sono un privato cittadino, conosco meglio i problemi di Roma rispetto al passato, ho visto la desolazione di molte borgate e quartieri, la situazione di ospedali che fanno letteralmente schifo, penso di impegnarmi come volontario. La mia Africa oggi è sicuramente nelle periferie di Roma».

BERLUSCONI E SALVINIBERLUSCONI E SALVINI

 

Al ballottaggio sceglie Raggi o Giachetti?

«Senz'altro Giachetti. Anche se non so quali possibilità avrebbe di incidere sui mali di Roma. Sulla Raggi ho delle grosse perplessità. Quando si deve fare un intervento a cuore aperto si cerca chi ha grande esperienza e delle statistiche straordinarie di cose fatte alle spalle, non chi prende in mano il bisturi per la prima volta».

 

 

 

2. CHI ROMPE PAGA – UN BEL VAFFA PER IL CENTRODESTRA SPACCATO CHE HA PERSO A ROMA

Gian Marco Chiocci per Il Tempo

 

CHIOCCICHIOCCI

Alla domanda leninista «che fare?» rispondiamo rivendicando il diritto di un giornale indipendente a testimoniare il cammino verso il ballottaggio romano senza prendere parte. Il coraggio di schierarsi, per battaglie spesso scomode, è contiguo a quello di fare la scelta di non partecipare al tifo in queste settimane in cui l'opinione pubblica sarà divisa. La candidata del M5S Virginia Raggi rappresenta la novità, la speranza, ma porta con sé la dirompenza di un disordine programmatico carico di suggestioni.

 

Roberto Giachetti incarna l'usato sicuro, ma paga la simbiosi con un Renzi che sembra aver perduto la sua inarrestabile spinta sul territorio. L'operazione maquillage del partito dem non riesce, e così il raffronto con Ignazio Marino è da rimpianto di antichi fasti: al primo turno il chirurgo nel 2013 totalizzò il 42,6%.

roberto giachettiroberto giachetti

 

Ora il vicepresidente della Camera non arriva al 25. Il Pd nel 2013 a Roma conquistò il 26%, ora si attesta sul 17,2. La cartella clinica del Pd, dunque, è da stato comatoso. E oggi saremmo stati a scriverne il de profundis, dagli splendori di Rutelli e Veltroni fino alla deflagrazione di Renzi-Giachetti, se solo il centrodestra fosse stato capace di presentarsi unito. Già, il centrodestra romano. Caso da psicanalisi e affresco surreale. Abituati alla «remuntada» con cui Berlusconi fece sobbalzare i cuori alle politiche nel 2006 e nel 2013, è stato un piacevole sussulto provare la stessa sensazione l'altra notte, proprio a Roma, con Giorgia Meloni.

 

Figlia di quella destra dei quartieri, delle affissioni, del totem della militanza. Peccato, davvero, sia andata così. E seppur non sarà facile capitalizzare una ferita presente per la gloria futura, le percentuali ci aiutano a tracciare una nuova prospettiva. La Lega Nord a Roma è non pervenuta, rimasta al di fuori del GRA per demerito di liste costruite alla bell'e meglio, con un puzzle frettoloso di riciclati, una comunicazione lasciata alla mercé di ripicche e rancori momentanei.

gianmarco chioccigianmarco chiocci

 

Forza Italia è morta in balia di una deriva non-politica dove mancano una rotta e un equipaggio ma tanti, troppi si credono ammiragli senza averne i titoli. Chi stancamente si trascina da un numero abnorme di legislature. Chi dovrebbe coordinare ma non coordina. Chi vince la corsa al colloquio privato con Berlusconi e poi non gli racconta le cose come stanno. Chi pensa alla sua carriera internazionale e fa muro contro chi ha possibilità di vittoria. Chi continua imperterrito con vecchie e noiose ripicche di destra alimentando rancori personali mai sopiti che riaffiorano, danneggiano e fanno perdere le elezioni. Tutti costoro, nessuno escluso, dovrebbero prendere atto dei danni fatti, vergognarsi, scusarsi e togliere il disturbo.

 

Siamo al Vaffa Day del centrodestra, il giorno della rottamazione di troppi quaquaraqua e giullari di corte. Il fatto che in questa macedonia di varia e misera umanità Giorgia Meloni sia stata in grado di spiccare il volo non è secondario, e anzi la colloca a pieno diritto (senza essere subordinata a nessuno) in un quadro di aperta corsa alla leadership del centrodestra post Cavaliere. A due condizioni. La prima, che si dia una completezza programmatica, con particolare attenzione al Sud.

alfio marchini si trasforma in berlusconialfio marchini si trasforma in berlusconi

 

La seconda è che la leader di FdI si appropri della sonora lezione proveniente da questa tornata elettorale: anche se la vulgata vuole il contrario, il sentimento degli italiani è ancora incline al bipolarismo. Ovunque i confini tra centrodestra e centrosinistra sono ben marcati, il M5S cresce ovunque ma non è in partita (Roma è un caso a sé). Ergo: nessuno è superfluo ma tutti, al di là dei dissapori, sono indispensabili. Almeno a Roma, ricominciamo da Giorgia. Tutti gli altri zitti e a casa.