DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Luca Telese per “la Verità”
Alessandra Ghisleri, nel 2018 hai inventato una categoria che spiega cos' è accaduto.
«Alle elezioni gli italiani hanno espresso un "voto vendicativo" verso i partiti e i leader che avevano governato l' Italia fino ad allora».
Spiega meglio.
«Prendi la sinistra: due milioni e mezzo di voti passati dal Pd al M5s. Volevano punire il partito che avevano votato. Si sono sentiti traditi durante la crisi. Il successo di M5s e Lega ha le sue radici qui».
Alessandra Ghisleri, uno dei volti più noti della demoscopia italiana, da ragazza si immaginava impegnata in missioni scientifiche per studiare il mare: è diventata prima la sondaggista del Cavaliere, poi l' esperta di numeri di Porta a porta, e infine una delle opinioniste più ascoltate.
Da dove arrivi?
«Sono nata a Varazze l' 11 settembre. Mio padre era un grossista di prodotti per piante, mia madre gestiva stabilimenti balneari. Questa attività mi ha avvicinato alla grande passione della mia vita: il mare».
Dove hai studiato?
«Monza: suore e poi preti. Bellissima formazione».
Comprese le ore di ricamo?
«Le ho sempre evitate. Leggevo molto. Mi è servito, poi».
Cosa pensavi che avresti fatto nella vita, da piccola?
(Sorriso) «Geologa, specializzata in oceanografia: ero convinta avrei studiato i fondali. C'è affinità con quel che faccio oggi: dalla stratigrafia dei fossili a quella delle opinioni, il passo è breve».
Esattamente cosa studiavi?
«Paleontologia: ricostruivo morfologia e storia dei fondali, partendo dalle conchiglie. Mi vedevo già sulle navi».
E invece cosa accade?
«Ho capito che era un mondo in cui potevi solo autofinanziarti. Il poco che guadagnavi serviva a malapena per le spese».
E tra i primi lavoretti che fai per mantenerti c' è anche la collaborazione a un istituito demoscopico...
«Vero: call center in un istituto di ricerca».
La base.
«Sì. Ho fatto di tutto, come una normale ragazza della piccola borghesia che aveva l'università pagata dalla famiglia ma non voleva gravare a casa».
Il lavoro più improbabile?
(Risata sonora). «Promozione di prodotti particolari nelle corsie dei supermercati».
Che c' è di strano?
«Si era aperto il mercato della carne irlandese. Mi ritrovai vestita da capo a piedi da irlandesina, per promuovere la carne. Tutta di verde prato, con la bandiera tricolore».
Obiettivamente fantastico!
«Ho fatto anche la vestierista nelle sfilate. Non avevo il physique du rôle della top model, e quindi le aiutavo a vestirsi».
Quando entri definitivamente nel magico mondo dei sondaggi e la tua vita cambia?
«Nel 1995».
Cambia la politica, esplode la demoscopica, per effetto della vittoria di Berlusconi.
«Il sondaggio diventa protagonista della politica, e io entro in quel mondo».
Primo incarico rilevante?
«Datamedia, dove gestisco il call center della società».
La prima campagna politica monitorata?
«Gabriele Albertini, a Milano: 1997, la rivoluzione dei sindaci cominciata con l' elezione diretta si compie. Scompaiono i partiti e i loro simboli. E quando al centro della sfida c'è solo la persona, le intenzioni di voto diventano ancora più imprevedibili. E poi c'è il berlusconismo: Datamedia lavora con il Cavaliere, io sono l' ultima dei marinai a bordo ma lo conosco, entro in contatto con il suo mondo».
Quando Datamedia diventa Hdc, sembra il dream team della demoscopia.
«Il numero uno della società è Luigi Crespi. Ci sono Nicola Piepoli, un decano, Fabrizio Masia, che molti ricordano al Tg La7 con Enrico Mentana, Alessandro Amadori che di formazione era sociologo, e che - pochi lo ricordano - da ragazzo era stato scoperto da Mike Bongiorno a Superflash. Ero l' ultima ruota del carro».
Ma non dura.
«Hdc aveva l'ambizione di creare un istituto in grado di competere su scala europea.
Ma l' avventura viene fermata da un crack societario».
Ti ritrovi disoccupata.
«Mi chiedo se la cosa migliore da fare non sia tornare all' oceanografia. Poi nel 2004 fondo Euromedia Research, con Alfonso Lupo: amico e socio che tuttora lavora con me».
Rischi tutto ciò che avevi?
«Più o meno: ci metto 50.000 euro e mi dico: "Se va male, troverò comunque qualcosa per campare"».
Il primo cliente della società si chiama Silvio Berlusconi.
«Ricordo la sua prima battuta: "La società si pone un orizzonte europeo"».
Un po' da depliant...
«Berlusconi era sia questo che l' altro. Un giorno rimaniamo stupiti quando i numeri ci dicono che l'apprezzamento per Berlusconi ha toccato una vetta inarrivabile, dopo il terremoto in Abruzzo, nei giorni della visita a Onna. Porto questi numeri a Berlusconi».
E lui?
«Fa una faccia serissima e mi dice: "Il gradimento al 75%? Cara Alessandra, sono preoccupato. Perché c'è questo 25% che ancora non mi ama?"».
Ti sei ricomprata le quote della tua società: perché?
«Non tutte: c'è un 1% del commercialista. Ma voglio controllare la mia società».
Che cosa ha di diverso?
«Abbiamo cambiato paradigma. Nel monitorare i flussi di quelli che non votavano, più difficili da cogliere. L'affluenza è il fattore che ha deciso le sfide con il maggioritario. Dopo aver costruito la solidità sui numeri e sulle analisi, consiglierei a un giovane sondaggista di abbandonarli. I dati vanno interpretati con lo spirito al tempo. Nel 2001 ci fu il primo Grande fratello, quello di Taricone e Rocco Casalino».
Cosa c'entra?
«Il Gf copriva un periodo di campagna elettorale: fu un evento di costume, dirette 24 ore su 24, e iniziai a farmi domande su come quell'overdose di protagonismo cambiava la percezione della politica».
Perché?
«Fu l' anticipazione di Instagram. Se ci pensi, adesso Salvini si racconta sui social con un'esposizione del privato enorme e nessuno si stupisce. La politica si è ibridata con le tendenze social, e viceversa: il responsabile della comunicazione di quel Gf era Fabrizio Rondolino, che era stato portavoce di D' Alema a Palazzo Chigi... Adesso a Palazzo c'è Casalino: il cerchio è chiuso».
Retroscena da spin doctor.
«Nel 2008 Veltroni fece una meravigliosa apertura di campagna elettorale a Spello. Parlava con dietro di sé un presepe, l'immagine di uno dei borghi più belli d'Italia».
E Berlusconi?
«Partì dai rifiuti di Napoli, con una conferenza stampa che raccontava l'emergenza».
WALTER VELTRONI E SILVIO BERLUSCONI
E cos'era meglio?
«Per un attimo mi chiesi se quello del Cavaliere non fosse un errore. Mi resi conto che il quadro di Veltroni era perfetto, ma raccontava un'Italia nota a pochi, e in cui pochissimi potevano riconoscersi».
Quindi Berlusconi azzeccò la campagna perché era meno elegante ma più vicino?
«In quel caso aggiunse la capacità di studiare e capire la legge elettorale meglio di chiunque. Prendi la Le Pen: ha preso più voti di Macron ma non nei posti giusti, e non aggregati nel modo più opportuno, e ha perso. Berlusconi mise scrupolo scientifico nell' identificare e riconquistare tutti i voti dispersi sul territorio. Abbiamo lavorato mesi sulle casalinghe del Nordovest o sui pensionati settentrionali che si volevano rendere attivi».
Ancora un lampo sulla grande rimonta nella campagna elettorale della «spolverata» sulla sedia di Travaglio.
«Novembre. Gli porto un sondaggio con Forza Italia al 10%, giornata nera. Lui: "Ho capito che senza di me non si va da nessuna parte. Mi ricandido". Fa tutta la campagna in tv. Non c'era tempo».
Ma la spolverata da Santoro ha avuto davvero un peso?
«Sì. Ha combattuto in campo avverso. È diventato un archetipo comprensibile da tutti, ha reso visibile un cambio di ruolo».
Di nuovo l'affluenza. E Grillo?
BERLUSCONI SPOLVERA LA SEDIA SU CUI ERA SEDUTO TRAVAGLIO
«Nel 2013 vediamo il dato del M5s che esplode. Mi dico: sta succedendo qualcosa. Diceva le cose che tutti sentivano, con parole che tutti potevano capire. I suoi avversari dicevano: "È un comico". Invece era uno degli uomini più noti agli italiani, e per chi lo aveva seguito negli anni era un profeta».
Aneddoto.
«Un anno prima delle politiche, per il mio compleanno mi regalano un biglietto per uno spettacolo. Vado, resto folgorata. Mi rendo conto che quello show era già un discorso politico compiuto».
Un segreto della «cucina» dei sondaggi?
«Quello che viene pubblicato è uno sputo rispetto a quel che si indaga».
Perché Renzi ha perso?
«Non si è reso conto che stava innescando lui il meccanismo del tutti contro Renzi».
La vittoria della Lega era prevedibile?
«Un dettaglio: a Monfalcone si votava per il sindaco. In una città operaia, da sempre a sinistra, vince una donna della Lega. Faccio interviste. Un operaio che ci disse: "Qui assumono gli immigrati con i voucher e al governo discutono su come far pagare le tasse agli AirBnb!". Il voto vendicativo nasce lì. Poi si sviluppa su Etruria, sull' Europa. Elettori che dicono alla sinistra: "Tu parli con le banche, con i poteri forti, non con me"».
matteo renzi dopo il referendum
E la sinistra cosa risponde?
«Sul piano dei messaggi politici, nulla. Le periferie non sono il luogo della sconfitta del Pd, ma grandi bacini elettorali».
E il giovane sondaggista cosa deve capire?
«Il cumino, come nella meravigliosa battuta di Come un gatto in Tangenziale».
Il film in cui lui è un uomo colto di sinistra che lavora su progetti europei, e scopre le periferie quando sua figlia si fidanza con un ragazzo dei palazzoni di Bastogi.
«Esatto. La Cortellesi fa sentire ad Albanese l'odore fortissimo delle spezie che produce litigi nel condominio. E lui lo usa per la sua relazione: "Voi sapete cosa produce l'odore del cumino?"».
Ma quindi se questa intervista viene letta da un giovane aspirante sondaggista stai dicendo che deve essere bravo in statistica, in politica e persino sul cinema.
(Sorriso) «Non solo. Deve essere specializzato in tutto».
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