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Lorenzo Cremonesi per il "Corriere della Sera"
Si tiene a Berlino, ma si fonda soprattutto sulle capacità di cooperazione tra Roma e Parigi, la speranza europea di poter pesare sulla realtà libica. Questa una delle novità che caratterizzano la Conferenza sulla Libia prevista per oggi (la seconda nella capitale tedesca, la precedente si era svolta nel gennaio 2020). Le recenti intese tra Italia e Francia sono determinate soprattutto dalla disillusione del presidente Macron nei confronti di Khalifa Haftar.
Se infatti il governo francese aveva scelto sin dal 2014 di sostenere il capo militare della Cirenaica, rompendo così l' unità europea a favore del governo di Tripoli voluta dall' Onu e appoggiata dall' Italia, proprio la sterzata di Macron facilita un comune approccio europeo. E ciò riceve anche la benedizione americana con la presenza di Antony Blinken, prima tappa del tour europeo del segretario di Stato che lo porterà anche a Roma il 28 del mese per partecipare alla conferenza contro la rinascita di Isis.
Pur con queste premesse, la strada della pacificazione libica resta tutta in salita. A ben vedere, questo summit appare complicato come i precedenti, compreso quello di Palermo nel novembre 2018. Domina l' incertezza. A dettare le regole del gioco sul terreno sono ancora in larga parte Russia e Turchia, assieme ad Egitto ed Emirati.
In sintesi, sono ancora i circa 20.000 mercenari stranieri presenti nel Paese che determinano gli equilibri di potere e pesano sulle divisioni interne. Negli ultimi tempi sono soprattutto i mercenari russi a rilanciare l' offensiva delle truppe di Haftar nel Fezzan, sollevando non poche preoccupazioni tra le milizie di Tripoli e Misurata. La Conferenza di Berlino vorrebbe dunque elaborare in particolare il piano di evacuazione dei mercenari sotto l' egida dell' Onu e preparare le elezioni previste per il 24 dicembre.
Ma ancora manca una legge elettorale e la riformulazione della costituzione è in alto mare. Non è neppure chiaro se le elezioni saranno presidenziali o parlamentari. Se ne è parlato ieri a Roma durante i colloqui tra il capo del Consiglio presidenziale libico, Mohamed Menfi, il presiedente Mattarella ed il premier Draghi. In questo contesto, la richiesta di annullamento di una conferenza di riconciliazione tra le tribù libiche del sud, organizzata dalla ong italiana «Ara Pacis», è apparsa più come lo specchio dei contrasti interni al governo di Abdul Hamid Dabeiba che non con l' Italia.
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