DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Amedeo La Mattina per “la Stampa”
Tutto quello che sta accadendo in aula, nella guerra tra canguri, emendamenti e algoritmi, ha dietro le quinte un lavoro sapiente e certosino. È il lavoro oscuro ma essenziale dei funzionari, documentaristi e informatici del Senato che inventano le soluzioni tecniche per sventare le trappole che le opposizioni dissemina lungo il percorso della madre di tutte le riforme. Ferie saltate ad agosto per centinaia di persone, un tour de force che è continuato in questi ultimi sei giorni fino alle tre di notte per dare un numero ai milioni di emendamenti del leghista Calderoli cestinati dal presidente Grasso. Un piccolo esercito di uomini e donne a capo del quale ci sono il segretario generale Elisabetta Serafini e il suo vice Federico Toniato che è stato il braccio destro di Monti a Palazzo Chigi.
Quel posto di segretario generale della presidenza del Consiglio ora è occupato da Paolo Aquilanti, un distinto signore dai capelli bianchi che ieri si aggirava tra il Transatlantico di Palazzo Madama e la sala del governo. Teoricamente e formalmente né lui né lo staff di grand commis del ministro Boschi (Ciuffetti, Ceresani e Rubechi) avevano titolo per trovare il modo di evitare il voto segreto sull’articolo 1 che poi si è trasformato nell’emendamento fatto firmare al senatore Pd Roberto Cociancich.
Materia parlamentare, non di competenza governativa. Eppure erano tutti lì. Aquilanti è stato uno dei principali ideatori di quell’emendamento che ha scatenato l’ira dell’opposizione contro Cociancich.
«Sono qui di passaggio». Infilandosi nella sala del governo, non dice altro Aquilanti, che di Palazzo Madama e del suo regolamento sa tutto. «È un mago», confida Quagliariello, ex ministro delle Riforme, ai senatori Ncd. Per 15 anni è stato consigliere segretario della commissione Affari costituzionale da cui passa tutto. Poi la Boschi se l’è portato con sè al ministero ed è diventato capo dipartimento dei rapporti con il Parlamento. Infine a Palazzo Chigi, uomo di fiducia del premier Renzi.
Insomma, è l’artiglieria pesante quella che ieri (e nei prossimi giorni) è scesa in campo accanto al presidente Grasso. Tra l’altro, visto il suo curriculum, nei confronti di Aquilanti nessuno dei funzionari del Senato può avere qualcosa da ridire, mentre per il cerchio stretto di origine renziana non c’è mai stato feeling. Collaborare con chi ti sta declassando a Senato delle Autonomie non è piacevole: è come il tacchino che accende il forno natalizio. E quindi si era parlato di una struttura che avrebbe remato contro. Invece anche loro hanno tirato fuori l’artiglieria, dando una prova di orgoglio e di efficienza.
gianni letta gaetano quagliariello
Non possono parlare con i giornalisti: devono avere l’autorizzazione dal segretario generale. Non parlano il responsabile dell’assemblea Edoardo Sassoli e il consigliere della Affari costituzionali Alessandro Goracci. Ma nell’anonimato, sui parquet che scricchiolano e sulla fuga dei tappeti rossi ai piani degli uffici, qualcuno si lascia andare. «Ad agosto non abbiamo fatto un giorno di ferie. Mia moglie era imbufalita».
Particolarmente orgogliosi i funzionari del servizio informatico guidato da Mauro Fioroni. «Siamo riusciti a neutralizzare l’algoritmo di Calderoli con un nostro software: una grande esperienza professionale». «E’ vero, in futuro le nostre competenze saranno al servizio di un Senato declassato, ma svolgeremo il nostro lavoro fino all’ultimo secondo». Vita da grand commis.
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