DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Anna Zafesova per La Stampa
Vladimir Putin è di nuovo in guerra e, per la prima volta da quando è al Cremlino, la conduce apertamente e senza venire contestato dalla comunità internazionale.
L’offensiva
Ieri mattina il Consiglio federale, la Camera alta del parlamento , ha – per la seconda volta in un anno e mezzo – autorizzato (seduta chiusa, voto unanime) il presidente russo a utilizzare le forze armate all’estero. Dopo l’Ucraina, la Siria, e poche ore dopo il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato raid dell’aviazione russa «contro le postazioni dell’Isis», che ha colpito almeno sette bersagli nei pressi di Homs e Hama, secondo la tv di Damasco. I ribelli però dicono che 36 civili sono stati uccisi.
militari russi posano con foto di putin e assad
Quasi contemporaneamente Putin ha spiegato i contorni dell’operazione ai suoi ministri: «Non abbiamo intenzione di tuffarci in questo conflitto, ci limiteremo ad assistere l’esercito siriano nella controffensiva antiterroristica». I russi non combatteranno a terra ma si limiteranno al «sostegno aereo», ha promesso il leader russo, insistendo sulla legittimità dell’intervento: «La lotta al terrorismo internazionale si può svolgere in base a una risoluzione dell’Onu oppure a una richiesta di aiuto militare del Paese interessato, e nessuno dei nostri partner internazionali ha questi requisiti». Mosca invece ha ricevuto una richiesta ufficiale di Assad e il portavoce del Cremlino ha ribadito che degli 11 Paesi impegnati in raid contro l’Isis la Russia è l’unica ad avere il diritto di compierli.
Quale coalizione
Nonostante questo, Putin ha rilanciato l’idea di una coalizione internazionale contro Isis, e il suo ministro degli Esteri Serghey Lavrov ha specificato che tra gli alleati cruciali dovrebbero esserci gli Usa, l’Iran, l’Arabia Saudita, la Turchia, l’Egitto e gli emirati del Golfo, oltre agli europei «che potrebbe essere utili».
PUTIN ASSISTE ALLE ESERCITAZIONI MILITARI
L’intesa sul coordinamento sul terreno sembra meno operativa di quello che poteva apparire: Mosca ha avvertito Washington del lancio dei raid un’ora prima, e Lavrov al Palazzo di Vetro ha offerto «canali di contatto permanenti». A quanto pare non funzionano ancora: il Pentagono ha proposto una «discussione» sul ruolo russo in Siria, e Fox News sostiene che i russi hanno chiesto agli americani di «liberare lo spazio aereo» per agire indisturbati.
La risposta americana
Gli Usa però ieri sera hanno lanciato raid aerei contro l’Isis ad Aleppo e «continueremo a farlo» dice Kerry. Potrebbe essere anche un gioco delle parti, ma sembra che per ora Mosca agisca abbastanza per conto suo. Anche perché i primi bersagli scelti dalla sua aviazione si trovano in zone molto lontane dalle posizioni dell’Isis. I russi dicono che non colpiranno tanto i combattenti islamisti quanto la loro infrastruttura, innanzitutto petrolifera.
Mosca ha rivendicato di aver distrutto i centri di comando sulla montagne e condotto una ventina di raid. Condotti, ha specificato il Cremlino, contro Isis e altri gruppi estremisti. Il sospetto di molti analisti però è che in realtà Putin aiuti Assad a combattere non l’Isis ma l’opposizione siriana (sostenuta dagli Usa). Il segretario di Stato John Kerry ha ribadito che «non dobbiamo confondere la lotta contro l’Isis e il sostegno ad Assad».
E Ashton Carter, segretario alla Difesa Usa ha chiesto a Mosca di fermare «la sua aggressione in Siria» sostenendo che la sua strategia è destinata a fallire. E che Mosca stia agendo senza grandi coordinamenti lo si capisce dalle parole del portavoce della Casa Bianca: «I raid russi sono in contrasto con quando Obama e Putin si sono detti». In attesa di un negoziato sul coordinamento, per ora di fatto Usa e Russia combattono ciascuno la propria guerra, con avversari e obiettivi diversi. E il comandante delle truppe Nato in Europa Philip Breedlove sostiene che Mosca ha inviato in Siria non solo i bombardieri Sukhoi, ma anche i caccia per combattimento aereo, insieme a missili che potrebbero rendere la parte della Siria controllata da Assad una «bolla» invulnerabile.
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