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Alberto Stabile per "la Repubblica"
Un nuovo incidente sembra destinato a innalzare ulteriormente la tensione tra Damasco e Ankara, con in più, stavolta, l'imbarazzante coinvolgimento della Russia. Sulla base d'informazioni considerate attendibili, i caccia turchi si sono levati ieri sera per costringere all'atterraggio nei pressi di Ankara un aereo di linea siriano, A320, partito da Mosca e diretto a Damasco sospettato di trasportare un carico di armi. Secondo notizie diffuse dalla stampa turca nelle stive dell'Airbus sarebbero state trovate componenti missilistiche e sistemi di comunicazione militare. Sull'aereo erano imbarcate anche 35 persone.
à stato il ministro degli Esteri Davutoglu a dare notizia del forzato atterraggio intervenendo alla tv Dopo aver precisato che la Turchia s'era decisa ad intercettare l'aereo sulla base di precise indicazioni fornite dall'intelligence, il ministro ha sottolineato che è nel diritto di qualsiasi Paese impedire che il proprio spazio aereo venga attraversato da carichi vietati. «Fermeremo il traffico di armi verso il regime», ha detto.
Le immagini trasmesse dalla Tv araba Al Jazeera hanno mostrato l'Airbus siriano dopo l'atterraggio, mentre i passeggeri venivano fatti scendere. L'aereo è stato trattenuto ad Ankara per essere sottoposto ad accertamenti, poi nella notte è stato fatto ripartire con i passeggeri a bordo.
Ora, se è vero che l'aereo portava un carico sospetto, o addirittura proibito, la Russia si troverebbe in una posizione imbarazzante, per lo meno per non aver esercitato i controlli. à inevitabile, altresì, che quest'ennesimo incidente, se confermato, venga sfruttato politicamente contro Mosca che nel corso della crisi siriana s'è schierata a sostegno del regime, facendo valere il proprio potere di veto in Consiglio di Sicurezza dell'Onu. In questo gioco di sbarramento la Russia ha trovato un alleato nella Cina e, fuori dal Palazzo di Vetro, nell'Iran. Mentre a chiedere la destituzione del presidente Assad, si sono schierati Stati Uniti, Europa, alcuni Paesi arabi e Turchia.
Sin dalle prime fasi della crisi, Ankara è stata all'avanguardia nel criticare Damasco chiedendo le dimissioni di Assad e prospettando la possibilità di creare una fascia di sicurezza lungo la frontiera. Da alcuni giorni proprio questa frontiera è diventata teatro di un confronto sempre più esacerbato, dopo che colpi di mortaio presumibilmente sparati dall'esercito siriano contro i ribelli sono caduti in territorio turco, in un caso uccidendo due donne e tre bambine.
Alle violazioni il governo turco ha risposto accrescendo la presenza dell'esercito sul confine e lanciando un avvertimento a Damasco: «Non vogliamo la guerra, ma non la temiamo». Un gioco al rialzo pericoloso dal momento che la Turchia fa parte della Nato e ospita infrastrutture dell'alleanza. Non a caso, ieri, il segretario della Nato, Rasmussen, ribadendo la solidarietà alla Turchia, ha fatto intendere di aver già pronti i piani nel caso in cui Ankara avesse chiesto la protezione dell'alleanza di cui fa parte.
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