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ZAIA SI PAPPA PANE E MARMOLADA – “NOI QUI PER DIFENDERE I NOSTRI CONFINI” – IL PRESIDENTE DEL VENETO GUIDA LA PROTESTA CONTRO IL PASSAGGIO DEL GHIACCIAIO A TRENTO – IN BALLO LA SECONDA FUNIVIA E I GIOCHI INVERNALI DEL 2025 – IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA ROSSI: «SCENEGGIATE»

Francesco Battistini per il Corriere della Sera

 

Dov' è la bandiera col Leone di San Marco?

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«Datemi la più bella, quella con le code!». Dai, presidente, vai vicino alla ringhiera che ti riprendiamo... «No, per favore, la ringhiera no: io soffro di vertigini...». A quota tremila soffia forte il vento del Nord, ma la foto è storica e i capelli gommati di Luca Zaia non fanno una piega e nemmeno lui può permettersi un brrr, nonostante il gessato e i mocassini.

 

«È una giornata epocale», certifica l' assessore veneto Bottacin. «Oggi celebriamo non solo la Marmolada o i caduti - conferma Zaia, il suo governatore, prima di deporre la corona di rito sulle trincee di cent' anni fa -: siamo qui a dire che questo Paese non funziona». Altro che la stretta di mano fra i coreani in cima al vulcano Paektu, dopo decenni di guerra. O il Berlusconi che per un G8 s' arrampicò sulle rocce canadesi di Calgary, in piena guerra d' Iraq. Per non parlare del governo delle Maldive, che una volta fu convocato sott' acqua per sensibilizzare il mondo sulla guerra al riscaldamento globale.

 

«Questa è solo una guerra di carte», è il prudente proclama, «noi oggi siamo qui solo a difendere i nostri confini», ma è in una sala del Museo della Grande Guerra bianca, 2.950 metri su Punta Serauta, che alle undici del mattino si riunisce il più alto Consiglio regionale straordinario della storia: trentacinque consiglieri del Veneto, leghisti, forzisti e grillini, saliti in felpa&pedule per fermare l' espansionismo trentino, contestare «l' atto d' arroganza romanocentrica» che ha portato oltreregione un pezzo di Marmolada, dire una volta per tutte che se la fede sposta le montagne, questa montagna non la sposterà mai nessuno.

 

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Non esistono cime mie o tue, diceva Walter Bonatti, perché sono di tutti (ma oggi nessuno lo cita). «Italiani! Volere anche noi farina dolce», è la citazione sulle vetrate del rifugio, implorazione che quassù gli austriaci affamati del '15-18 gridavano al nemico (ma nessuno la legge). Comincia il sindaco veneto di Rocca Pietore a prendersela coi trentini di Canazei, i grandi rivali dall' altra parte del monte, e con la memoria d'«un presidente, Pertini, che nel 1982 ritoccò per decreto un confine secolare laddove non ce la fecero due eserciti e una guerra». La seduta è in crescendo, i consiglieri leghisti sfilano, qualcuno si commuove perfino: «Portiamo il nostro Leone fino in Brasile, riusciremo a proteggerlo a casa nostra?»; «basta con le visioni italiane che ci danneggiano!»; «le Guerre mondiali, Yalta, le colonie in Africa, il Medio Oriente c' insegnano che porta molto male rifare i confini con un tratto di penna!»...

 

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Oddio, monti. Ancora i monti. La questione è antica e però la Loya Jirga veneta mostra di conoscerla nei dettagli: il primo confine sulla cima fu tracciato nel 1778, il vescovo-principe di Bressanone con la Serenissima, ed è da lì che Zaia riparte in battaglia, passando per Pertini («un' efficienza tutta partigiana...»), l' accordo 2002 del veneto Galan e del trentino Dellai che un po' risistemava impianti sciistici e pertinenze, lo scorso maggio la decisione tributaria dell' Agenzia del Territorio di ridare a Canazei un pezzo di Marmolada che era zaiano.

 

La lite ha un suo perché economico e non è solo questione d' orgoglio montano: se il confine resta questo, protestano i veneti, i trentini avranno il diritto di costruire una seconda funivia e sotto il ghiacciaio, già sciolto in un corridoio largo settanta metri, «arriverà una quantità insostenibile di sciatori». Ci sono in ballo le Olimpiadi 2026. E che ne sarà della Regina delle Dolomiti e soprattutto di questo «giocattolino appeso a un filo sopra gli abissi» della Marmolada (Buzzati dixit), che da mezzo secolo fa da funivia e garantisce guadagno alle valli venete?

 

«Basta sceneggiate», la replica del presidente trentino, Ugo Rossi, peraltro sostenuto dai leghisti della sua regione: «I confini sono una cosa seria e, da che mondo è mondo, passano sulle creste di montagna. La sentenza di maggio non ha fatto che confermare questa ovvietà». Il Veneto, no, è glaciale e non si smuove: Salvini discuta pure di pensioni e quota 100, ma a quota tremila dicono che «l' ultima parola spetta a lui come ministro». All' una si vota: il Pd è rimasto a Venezia, il M5S s' astiene, la storica mozione 397 passa con un applauso. La montagna partorisce il topolino, poi il buffet per celebrare la giornata pane e Marmolada, e si scende a valle.

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