Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera - ed. Roma”
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«Bruno, Bruno!». Un grido da brividi alle nove di sabato sera ha spezzato il silenzio nelle campagne a Montagnano di Ardea, non lontano da Pomezia. Fra villette con piscina, agriturismo, campi coltivati.
Petru Panchea, 44 anni, romeno, con un cacciavite da idraulico conficcato nel petto, urlava disperatamente, chiedendo aiuto al vicino e padrone di casa. Il figliastro, di 31, lo aveva appena colpito con due fendenti al culmine dell' ennesima lite fra i due in una palazzina di via Fosso dell' Acqua Buona.
cacciavite come arma
Motivo del contendere la quota dell' affitto che il giovane avrebbe dovuto versargli: 150 euro, ma gliene aveva dati solo 110. Per quei 40 euro Panchea è morto qualche minuto più tardi sull' ambulanza dell' Ares 118 che lo stava trasportando d' urgenza alla clinica Sant' Anna di Pomezia.
Nel frattempo il 31enne, Alexander Bors, anch' egli romeno, che con lui lavorava presso una società che opera nel sociale ad Ardea, ha cercato di ripulire tutto insieme con la madre, di 56 anni. È stata lei a lavare via il sangue, e a mettere i loro indumenti in lavatrice. Un frenetico tentativo di cancellare qualsiasi tracce di quanto accaduto. Tanto che ora c' è il sospetto che senza l' intervento del vicino la storia sarebbe potuta anche andare in un altro modo.
lite in famiglia
Quando i carabinieri della compagnia di Anzio e della tenenza di Ardea sono giunti sul posto era quasi tutto pulito, e fra gli attrezzi l' unico immacolato era proprio il cacciavite, a stella, lungo 20 centimetri, usato per l' omicidio.
Non c' è voluto molto per capire che quella era proprio l' arma del delitto. Portati in caserma, madre e figlio si sono dapprima accusati a vicenda, come nel più classico dei copioni, poi però i militari dell' Arma hanno ricostruito i fatti scoprendo che a colpire il 44enne era stato soltanto il figliastro.
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Che alla fine, messo davanti all' evidenza, ha confessato: «Ci picchiava da anni, non ne potevamo più. Tornava a casa sempre ubriaco, se la prendeva spesso con mia madre», si sarebbe giustificato prima di essere condotto in carcere a Velletri, accusato di omicidio volontario aggravato. Una versione dei fatti che avrebbe tuttavia trovato delle conferme.
La loro era una difficile situazione familiare, costellata di liti e maltrattamenti, conclusa nel peggiore dei modi. Chi indaga ha sentito a lungo la donna, che aveva una relazione con la vittima da circa 12 anni.
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Prima avevano convissuto con suo figlio, allora tredicenne, in località Castagnetta, dalla parte opposta di dove abitavano adesso, da circa tre anni. Non è chiaro se i due si siano conosciuti in Italia o in Romania, prima di emigrare. Lei fa le pulizie in nero in alcune abitazioni attorno ad Ardea, lui aveva un impiego nella cittadina in una società, forse una onlus.
Un rapporto comunque complicato, sfociato in botte e insulti proprio alla 56enne, che non ha però mai trovato il coraggio di denunciarlo a chi di dovere. E neanche il ragazzo. Con il passare del tempo anche la vita insieme fra vittima e figliastro, che appunto lavoravano nello stesso posto, sarebbe diventata insopportabile. Dopo l' allarme lanciato dal vicino di casa, i carabinieri hanno effettuato un sopralluogo nella palazzina bifamiliare. All' inizio non era chiaro chi avesse colpito il 44enne.
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Poi gli investigatori dell' Arma sono risaliti anche al motivo dell' ultima discussione. Sembra - ma l' autopsia ed altri esami dovranno ora confermarlo - che Panchea avesse bevuto molto anche nel pomeriggio di sabato e si fosse presentato a casa ubriaco, come accadeva di solito. A un certo punto avrebbe chiesto i soldi dell' affitto dal figliastro, ma non sarebbe rimasto soddisfatto perché non era l' intera somma. E così i due avrebbero ricominciato a litigare. Insulti e grida, spintoni, poi i pugni che il patrigno gli ha sferrato più volte.
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E sarebbe stato allora - sempre secondo la ricostruzione dei carabinieri - che Bors ha afferrato il cacciavite e si è avventato sul compagno della madre col pendolo due volte di seguito al torace. Ma non è stato lui a soccorrerlo, e nemmeno lei, che finora non è indagata dalla procura di Velletri. Probabilmente consapevole di questo, Panchea si è messo a gridare facendo il nome del vicino di casa.
Quando l' ambulanza è partita da via del Fosso dell' Acqua Buona, il 44enne era ancora vivo. In condizioni molto gravi, per una devastante emorragia interna, ma stabilizzato dal medico del 118. Ma il quadro clinico è precipitato per strada, tanto che all' arrivo al pronto soccorso di Pomezia era morto .