Edoardo Montolli per https://www.gqitalia.it
PORNO DI CARTA - GIANNI PASSAVINI
«Ho fatto il pornografo a tempo pieno per una decina d’anni. Questo mi ha dato modo di conoscere tanti personaggi e tante vicende che ho voluto raccontare in questo libro che, se ha una tesi da dimostrare – e non ce l’ha – è che la storia del porno italiano è stata fatta da gente insospettabile, cui del genere in sé non importava nulla. Gente come me, sessantottini, extraparlamentari di sinistra, ex partigiani che avevano sognato di fare la rivoluzione.
Ma anche gente che era stata sulla barricata opposta e aveva sperato nel colpo di Stato. Senza dire dell’apporto delle donne: femministe impegnate, giornaliste e scrittrici di un certo successo, madri di famiglia trepidanti per un accenno di tosse dei loro pargoli. Per tutti quanti l’hanno fatto e scritto, il porno era un lavoro come un altro e io in questo libro ne racconto la normalità, dalla nascita dei cosiddetti giornali “per soli uomini” a quella delle riviste hardcore».
MEN - IL SETTIMANALE DEGLI UOMINI
È l’incipit del libro Porno di carta, Iacobelli editore. E non so a voi, ma a me sono tornati in mente un paio di proverbi. A furia di dire che si tratta solo luoghi comuni, ci si dimentica di ricordare che nascono sempre da un fondo di verità. E la verità, bizzarra, ideologicamente blasfema, è che anche allora c’era solo una cosa che mettesse d’accordo destra e sinistra. Volendo, due. Ma che sintetizzeremo con un eufemismo: zona franca. Il luogo dove convivevano nemici sociali. Alfieri delle sovrastrutture. Fascisti emarginati e compagni che sbagliavano. Chi sognava la rivoluzione e chi “quando c’era lui”.
Tutti lì, insieme, seduti appassionatamente allo stesso tavolo per scegliere quale fosse la migliore fellatio da mettere in pagina.
LE ORE
L’autore del libro è Gianni Passavini, che nel 1982 aveva un biglietto aereo in tasca pronto a partire per Beirut, dove avrebbe voluto raccontare da freelance la guerra civile libanese. Invece finì lì. Nella zona franca dell’International Press, la fucina caldissima di Le Ore e del suo geniale editore, Saro Balsamo.
IL BOOM
Il porno arrivò spintonando, dopo anni di sequestri, denunce, arresti. «Ma paradossalmente – dice Passavini- si arrese prima del 1975, ossia prima dell’avvento della pornografia conclamata, quando i reati di oscenità e di violazione del cosiddetto “comune senso del pudore” erano all’ordine del giorno. Nel 1967 sequestrarono la rivista King.
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Al processo fu messa sotto accusa anche una foto che ritraeva una coppia, di cui si vedevano appena le teste, sotto le coperte di un letto. Volevano dimostrare che la pubblicazione fosse oscena perché sul pavimento intorno al letto erano disseminati i vestiti e i capi intimi dei due, che perciò, sotto sotto, erano sicuramente nudi… sicché, quando si arrivò al porno vero, non c’erano più nuove fattispecie di reato da contestare. Presto si arresero e il porno divenne un business».
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Titoli vintage, i più pudici dell’epoca: “Che gelida micina se la lasci riscaldare” (Le Ore 1973), “Quando è notte di tempesta l’uccellone picchia in testa” (OS 1974), “Violentami se mi ami” (Schiava 1976), “Il cane dalla lingua di velluto” (OV 1977). Ma guai a pensare che a inventarli fossero dei pervertiti sessuomani. «Per tutti era un lavoro come un altro. I grafici erano iscritti alla Cisl, il sindacato cattolico. In redazione eravamo tutti giornalisti. Cercavamo di fare il lavoro tecnicamente al meglio. Poi certo, bisognava giocare molto sulla fiction. Si partiva dalle foto, e in base al titolo scelto dal caporedattore, si scriveva la storia attenendosi alla sequenza delle immagini. Principio cardine è che dovevano sembrare storie vere. Ed eccitanti, per ovvie ragioni».
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IL LATO OSCURO
Ma, appunto, l’aspetto più curioso di questo mondo è il filo che legava la provenienza degli articolisti. «A Men, prima creatura di Saro Balsamo, l’editore di Le Ore, c’erano diversi giornalisti nostalgici. Alcuni pure a libro paga dei servizi segreti italiani e attivisti della cosiddetta strategia della tensione. Il giornale era una specie di legione straniera, perché accanto a loro sedevano redattori dichiaratamente antifascisti e di sinistra.
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A Le Ore, uscito anni più tardi, era già diverso: i giornalisti arrivavano dalla sinistra parlamentare ed extraparlamentare». Al vertice lui, Saro Balsamo, uomo dalle mille amicizie: «Fu sempre sostenitore del Partito Socialista. Scrisse ad esempio molti editoriali su Le Ore (prima che il giornale diventasse porno) in difesa della politica e dell’onorabilità di Giacomo Mancini, l’esponente socialista più inviso alla destra. Di Bettino Craxi, poi era molto amico».
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Ma, nei meandri dell’hard vintage, raccontati da Passavini, filano anche alcuni dei grandi misteri di Stato. Perfino la morte di Mino Pecorelli, il direttore di Op. «Stefano Surace, direttore responsabile di tantissime testate porno, tra le quali anche Le Ore, si è sempre dichiarato certo che i mandanti del delitto fossero quelli che lui chiamava i “padrini della pornografia”. Ma io non ci ho mai creduto. La stessa Corte d’Assise di Perugia esaminò l’ipotesi nel 1979. Ed escluse ongi collegamento».
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