Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
giovanni bazoli
«Nessuno ha osservato che, se vincesse il No al referendum, il Paese si troverebbe in una drammatica impasse costituzionale: il capo della Stato non potrebbe indire nuove elezioni, finché non fossero riformati i sistemi elettorali di entrambe le Camere».
Giovanni Bazoli spiega il suo Sì: «Scelta istituzionale, non politica» . Giovanni Bazoli ha tra le mani il diario del padre Stefano, Vivrò, appena pubblicato per iniziativa della Morcelliana. «Mia mamma si ferì a una guancia con la spina di una rosa e morì di infezione in una settimana. Aveva 29 anni. Allora non c' erano antibiotici e neppure i sulfamidici: arrivarono in Italia l' anno successivo. Pochi giorni dopo, mio padre iniziò a scrivere un diario attraverso cui i figli (mio fratello aveva due anni, io tre mesi) potessero conoscere la loro mamma. Papa Montini, nel corso di un' udienza che riservò a mia moglie e a me in occasione del nostro matrimonio, evocò quel dramma familiare e disse di aver conosciuto mia mamma come una donna "bella, buona e brava" (fu mia moglie a farmi notare che il Papa, uomo di grande sensibilità e delicatezza d' animo, aveva usato gli aggettivi in quell' ordine)».
montini paolo VI
Cossiga diceva che Montini fu il vero fondatore e capo della Dc.
«Una battuta alla Cossiga; ma c' è molto di vero. La Dc ebbe la sua incubazione durante il fascismo, quando De Gasperi era rifugiato in Vaticano. E monsignor Montini, allora Sostituto alla Segreteria di Stato, ne fu l' ispiratore. In famiglia e a Brescia il giovane Montini aveva ricevuto una solida formazione politica. Suo padre Giorgio fu deputato insieme a mio nonno Luigi, che era stato con Sturzo tra i fondatori del Partito popolare».
Il figlio di Luigi, Stefano Bazoli, fu poi eletto alla Costituente, vero?
«Sì, mio padre fece anche la prima legislatura; ma nel 1953 la Dc bresciana non lo ricandidò. A Montecitorio legò molto con Piccioni, allora vicepresidente del Consiglio, che secondo mio padre fu in quel periodo il più illuminato consigliere di De Gasperi».
Lei cosa pensa della riforma costituzionale?
camera vuota 675
«C' è un dato importante che oggi non si tiene presente: durante i lavori della Costituente era diffusa, anzi prevalente, la previsione che il blocco social-comunista avrebbe vinto le elezioni del 1948. Da qui, oltre che dalla contrapposizione al passato regime, l' inserimento nella Carta di vari organi di garanzia - dalla Corte Costituzionale alle Regioni -, che i democristiani e i liberali vollero a tutela delle minoranze e come freno a un possibile totalitarismo. Anche la scelta del bicameralismo perfetto - due Camere legislative pressoché uguali per composizione e per attribuzioni - va vista in questa prospettiva storica».
Sta dicendo che il bicameralismo perfetto avrebbe dovuto essere superato già da tempo?
AULA SENATO
«Dopo l' entrata in vigore della Carta e il voto del 18 aprile, che segnò un grande quanto inatteso successo della Dc, l' interpretazione dei più autorevoli costituzionalisti fu che il bicameralismo perfetto non aveva senso. Feliciano Benvenuti, il grande giuspubblicista veneziano che fu anche mio maestro, sottolineava la scarsa coerenza della seconda parte della Costituzione, in cui si riflette la struttura dello Stato liberale prefascista, rispetto alla prima parte, che definisce in modo scultoreo e innovativo i diritti e i doveri dei cittadini».
Per questo lei al referendum voterà sì?
«Il mio è un orientamento istituzionale, non politico. Dal punto di vista politico i più si interrogano - con opposte preoccupazioni, come sappiamo, da parte dei sostenitori e degli oppositori di Renzi - sulle conseguenze che avrà per il governo la vittoria del sì o del no. Io mi pongo un altro interrogativo. Mi chiedo, nel caso di una bocciatura del referendum, se sarà ancora possibile varare in Italia una riforma di questa portata».
È la posizione di Napolitano.
«Napolitano ha ragione: sono cinquant' anni che si cerca di rendere più efficiente il funzionamento dello Stato».
Ma lei, da giurista, come giudica nel merito le norme sottoposte a referendum?
GIOVANNI BAZOLI MATTEO RENZI
«Ritengo che sia stata sviluppata in modo molto discutibile un' idea di fondo valida e da condividere: quella di trasformare il Senato in un organo di rappresentanza delle Regioni e delle autonomie locali. È la stessa Costituzione vigente che prefigura uno sviluppo in tal senso, quando afferma che il Senato è eletto su base regionale.
E questa era l' idea degli studiosi che avanzarono una serie di proposte per superare il bicameralismo perfetto. Certo, un conto è la teoria, un altro è la ricerca del consenso da parte dei vari partiti. Ma mi pare che l' ostacolo maggiore che incontra il referendum sia un altro».
Quale?
renzi e berlusconi italicum
«Il collegamento con la legge elettorale. Se approvata, la riforma costituzionale del Senato avrà l' effetto di rendere praticabile la nuova legge elettorale. Una legge che oggi risulta inapplicabile, perché si voterebbe al Senato con il proporzionale puro e alla Camera con un sistema tendenzialmente maggioritario: una cosa assurda.
Nessuno ha osservato che, proprio per questa ragione, in caso di bocciatura del referendum, il Paese si troverebbe in una situazione veramente drammatica di impasse costituzionale: il presidente della Repubblica non avrebbe di fatto la possibilità di indire nuove elezioni, finché non fossero riformati i sistemi elettorali di entrambe le Camere. Resta comunque il fatto che molti sono indotti a non votare sì al referendum perché sono contrari alla legge elettorale».
Lei dell' Italicum cosa pensa?
«Ogni legge elettorale deve trovare un punto di equilibrio - che viene rimesso continuamente in discussione - tra due esigenze confliggenti, ma entrambe ineludibili. L' esigenza della rappresentatività, cioè l' esigenza che le forze presenti nel Paese abbiano una voce in Parlamento; e quella opposta della governabilità.
L' Italicum attribuisce il 54% dei seggi al partito che raggiunge il 40% dei voti (nell' accordo originario tra Renzi e Berlusconi era stato stabilito il 37%!): un premio sproporzionato, che sacrifica la rappresentatività a favore della governabilità oltre ogni limite ragionevole. Pensi che la cosiddetta "legge truffa" del 1953 prevedeva un premio di 5 punti alla coalizione che avesse conquistato la maggioranza assoluta dei voti. Va detto però che nessun partito è oggi in grado di raggiungere il 40%. E il ballottaggio legittima l' attribuzione del premio di maggioranza».
ILLUSTRAZIONE DI DOMENICO DE ROSA RENZI ITALICUM
Ma qual è secondo lei il sistema più adatto all' Italia?
«Il sistema proporzionale fu scelto ai tempi della Costituente, nel contesto storico di cui parlavo prima. Nella fase di transizione dal proporzionale al maggioritario la Francia, che aveva il nostro stesso problema, escogitò una felice soluzione: il modello dei collegi uninominali a doppio turno.
A suo tempo noi avremmo potuto adottare questo modello. Ricordo di averne discusso più volte con Martinazzoli, quando era segretario nazionale del partito. Mino se ne era convinto. Ma il partito non lo seguì».
E oggi?
«Capisco che oggi sia difficile convincere Renzi a ritoccare la legge elettorale. Da un lato sarebbe accusato di modificarla perché non più conveniente alla sua parte; d' altro lato capisco il timore che si apra il vaso di Pandora, con esiti imprevedibili. Tuttavia l' eliminazione di alcuni dei più gravi difetti della legge agevolerebbe l' approvazione del referendum. E avrebbe il grande pregio di ampliare il consenso su due riforme, quella costituzionale e quella elettorale, che in una democrazia matura non dovrebbero avere l' avallo dalla sola maggioranza».
stretta di mano tra Bazoli e De Benedetti
Come finirà la battaglia per Rcs?
«Non posso interferire in una vicenda in corso».
E l' avventura di Renzi? Come la giudica?
«Renzi è entrato nell' agone politico spinto da una straordinaria energia e da non comuni doti di comunicazione, che hanno convinto tanti a credere in lui. E forse si deve riconoscere che solo la sua irriducibile determinazione, priva di riguardi verso chiunque, poteva permettere di affrontare una serie di ostacoli e di sciogliere dei nodi che paralizzavano da tempo il sistema. Da un' illimitata sicurezza in se stesso è derivata peraltro una gestione molto personale e non inclusiva del potere. Proprio l' aspetto che oggi rischia di ritorcersi contro di lui».
Dei 5 Stelle che opinione ha?
BAZOLI IN BARCA NELL'EGEO (DAL BLOG DI CONSUELO CANDUCCI)
«Approfittano delle difficoltà di tutti gli altri partiti, e delle tante ragioni di disagio e insofferenza che sono avvertite dalla gente. Non mi pronuncio sulla loro preparazione e attitudine al governo delle città e, a maggior ragione, del Paese.
Mi sento invece di pronunciarmi senza esitazione su tutte le forze politiche che mirano alla dissoluzione dell' Europa. La nascita dell' Europa unita, dopo millenni in cui il nostro continente è stato il luogo privilegiato di guerre e conflitti devastanti, è la più importante conquista della storia recente».
Però l' Europa è ferma.
«Sì, assistiamo a una penosa involuzione dell' Unione europea, che sembra incapace di uscire dalle strettoie di visioni anguste e burocratiche. Ma a me appare davvero irresponsabile insistere su tali difficoltà non per affrontarle con la massima determinazione, ma per contrastare l' idea dell' unità europea, che è una delle poche prospettive a cui guardano con speranza i nostri giovani».
L' Europa sta affrontando la crisi delle banche italiane. Quanto è grave la situazione?
GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE
«La maggior parte delle accuse alle banche è ingiustificata. I casi di corruzione, pur gravi e deplorevoli, sono marginali. È stata superata anche un' anomalia che il sistema presentava: il governo ha realizzato in tempi e modi apprezzabili la riforma delle banche popolari, che la Banca d' Italia auspicava da tempo, per non lasciare spazio a operazioni opache, come si è visto per le banche del Veneto.
Le difficoltà attuali delle banche italiane dipendono, in massima parte, dai crediti in sofferenza. Va ricordato che le banche italiane non sono ricorse, se non marginalmente, agli aiuti pubblici, perché non si erano avventurate nella ricerca di profitti attraverso operazioni ad alto rischio. Le banche italiane sono rimaste fedeli alla loro funzione, che è quella di finanziare imprese e famiglie.
Certo, nel momento in cui l' economia è entrata in crisi, le banche si sono trovate oberate di crediti inesigibili; ma non di quella massa di titoli derivati posseduti da alcune banche del Nord Europa, soprattutto tedesche».
GIOVANNI BAZOLI E ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE
E lo Stato dovrebbe intervenire a sostegno delle banche in difficoltà, a prescindere dalle norme europee?
«Proprio questa materia dovrebbe essere un banco di prova di come un Paese fermamente e irrevocabilmente radicato in Europa può e deve farsi ascoltare dai responsabili dell' Unione, trattando a testa alta.
Perché il sistema bancario italiano è fondamentalmente sano e non è giusto che sia penalizzato da regole incongrue. Il vero problema che affligge l' Italia è la sua vulnerabilità alle speculazioni del mercato: un mercato tutt' altro che regolatore impersonale. La fragilità del nostro sistema dipende soprattutto dal debito pubblico. Ma anche su questo tema ci sarebbero molte cose da chiarire nel confronto con l' Europa».