Fabio Martini per “La Stampa”
nicola zingaretti ballerino
Alle nove della sera, mentre la "movida" di Macerata scorre nei vicoli e nelle strade del centro, nell'appartata piazza Vittorio Veneto le quarantasette sedioline di plastica sotto il palco del Pd sono tutte occupate e ci sono anche trecento persone in piedi venute ad ascoltare Nicola Zingaretti. Curiosa scelta, quella del segretario del Pd, che ha deciso di chiudere la campagna elettorale in questa periferica cittadina marchigiana da 45mila abitanti, anziché in una delle piazze "calde" di queste elezioni Regionali - Firenze, Genova, Bari - quelle che la sera del 21 settembre daranno l'impronta politica al risultato finale.
eugenio giani nicola zingaretti
Il leader del Pd sa benissimo che nei prossimi giorni si gioca tutto, sa che tutto diventerà più difficile per lui se dovesse cascare la penultima roccaforte rosse, la Toscana. E per questo davanti alla piccola e calda folla che lo applaude, il segretario del Pd ci dà "dentro". Prima i messaggi di simpatia: «Ciao, buonasera e grazie per questa serata meravigliosa, se non ci fosse il Covid vi abbraccerei tutti».
LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI BY EDOARDOBARALDI
Gli applausi verranno dopo, su altre battute e riflessioni che Zingaretti pronuncia a squarciagola, soprattutto quando ripete una volta ancora il messaggio, l'unico che gli interessa far arrivare: «Il governo italiano ha fronteggiato meglio dei governi sovranisti la crisi sanitaria e se avessimo dato retta alla destra italiana, 300 giorni fa, l'Italia sarebbe stata un Paese isolato, che voleva distruggere l'Europa. Noi abbiamo combattuto e abbiamo ricostruito le premesse della speranza con gli investimenti che abbiamo ottenuto e ora noi possiamo spendere 300 miliardi di euro. Se arriveranno è perché la destra ha perso e noi abbiamo vinto!».
nicola zingaretti foto di bacco (2)
Messaggio centrato: scattano lunghi applausi. Certo, chiudere a Macerata è stato un generoso soccorso a Maurizio Mangialardi, candidato del centrosinistra che i sondaggi prima del blackout davano leggermente indietro rispetto al candidato del centrodestra, ma il comizio di Macerata del segretario del Pd in qualche modo è destinato ad entrare nella "storia" personale del leader e del suo partito. Perché l'esito delle sette elezioni regionali e del referendum costituzionale rappresenterà comunque uno spartiacque nella politica italiana, tra prima e dopo: in particolare l'eventuale caduta della Toscana andrebbe a sommarsi alle regioni (4 su 5) già perse durante la gestione Zingaretti.
NICOLA ZINGARETTI A MILANO
Oggi, al netto della Regioni al voto, il rapporto tra centro-destra e centro-sinistra è di 12 a 2. Quello di Macerata sarà, per dirla brutalmente, l'ultimo comizio di Zingaretti da leader del Pd o invece il simbolico inizio di una rimonta? Una cosa è certa: questo eterno ragazzone romano di 54 anni, sempre sorridente e pacifico, pugnace solitamente su fronti laterali, è arrivato all'appuntamento del 21 con un consuntivo a rischio: dopo aver puntato tutto sull'alleanza strategica con i Cinque stelle, non è riuscito a chiudere (a parte la Liguria) un solo accordo con gli alleati nelle regioni in bilico e soprattutto non risultano pressing e trattative pugnaci con Luigi Di Maio.
nicola zingaretti giuseppe conte
E dunque il risultato finale rischia di pesare sulle spalle del segretario del Pd. Ovvero, in caso di tenuta, gratificarlo e rilanciarlo: una tenuta in Toscana e in Puglia, associate ad un successo in Campania, consentirebbero a Zingaretti di pianificare meglio il suo futuro. E su questo piano c'è una novità maturata in questi ultimi giorni: in caso di risultato soddisfacente, dopo averci rimuginato a lungo e al netto di tanti retroscena, Zingaretti ha confidato agli amici di una vita la sua disponibilità: sì ad un ingresso al governo, mantenendo la guida del Pd e lasciando la Regione Lazio.
NICOLA ZINGARETTI
Ma il timore, di Nicola Zingaretti e di Goffredo Bettini, principale influencer del Pd, è che un risultato mediocre - tra Regionali e No referendario alto - apra la strada nel giro di pochi giorni una discussione caotica nel partito, aprendo anticipatamente il congresso del Pd. Con uno sfidante - il governatore emiliano Stefano Bonaccini - pronto a lanciare l'Opa sul partito con una linea politica opposta a quella zingarettiana: un Grande Pd, un Pd formato Ulivo, capace di sfidare i Cinque stelle sul piano della forza, facendo tornare a casa gli ex segretari come Renzi e Bersani e personalità come Calenda e tagliando ogni ipotesi di alleanze a più "gambe", con moderati e Cinque stelle "buoni".
nicola zingaretti stefano bonaccini
Nel suo comizio in piazza Zingaretti ha anche tributato un omaggio alle Marche: «Avete costruito un modello che dovete difendere». Il caso vuole che non lontano da qui, diversi anni fa, un altro leader passato alla storia per la sua mitezza, abbia pronunciato un discorso nella stessa condizione di estrema incertezza sul futuro. Il suo nome era Arnaldo Forlani: correva l'anno 1992, il vecchio ordine politico era ancora in piedi ma stava iniziando a franare e il segretario della Dc, chiudendo la Festa dell'Amicizia nella sua Pesaro, dopo essersi chiesto «ce la faremo amici?
NICOLA ZINGARETTI STEFANO BONACCINI
Difficile rispondere con un sì o con un no», improvvisamente, lui così prosaico, scartò: «Se guardo a sinistra, verso queste vallate dove passava la linea Gotica, torno alla memoria da dove siamo partiti: la rovina, la miseria, i filari recisi, le querce e i gelsi abbattuti, molti di noi che avevano 20 anni, condannati a morte dai bandi di Graziani» e anni dopo «Guido Piovene, nel suo viaggio attraverso la penisola, assegnò a questa terra un'espressività di sintesi dei valori dell'intera nazione». Pochi giorni dopo Forlani si dimise da segretario della Dc. Nicola Zingaretti, in piazza Vittorio Veneto a Macerata, ovviamente fa una scommessa opposta.
dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5
Camilla Conti per "La Verità"
La Toscana è diventata contendibile e il voto delle regionali può far partire una vera rivoluzione copernicana anche all'interno del Pd. Lo sa bene il segretario, Nicola Zingaretti, che sente già il fiato sul collo di Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, pronto a soffiargli la poltrona. Le elezioni cadono in un momento assai delicato per gli equilibri interni al centrosinistra dove lo scontro in vista del prossimo congresso si consumerà tra il Pd romano (quello «di governo» da cui arrivano Roberto Gualtieri, David Sassoli e Paolo Gentiloni) e quello - appunto - emiliano romagnolo, più di «lotta».
nicola zingaretti all'abbazia di contigliano
Mentre Italia viva di Matteo Renzi, assai radicata sul territorio dove si gioca il match decisivo, pare ormai un pugile suonato costretto a guardare gli altri contendersi la cintura. Ecco perché l'esito del voto in Toscana è decisivo, in caso di sconfitta ma anche di vittoria risicata del candidato Eugenio Giani contro la leghista Susanna Ceccardi. Matteo Salvini lo sa bene e si è fatto carico di guidare il centrodestra rinunciando a piazze più «sicure» come le Marche pur di mantenere unita la coalizione. Ha cambiato strategia, rispetto a quella seguita in Emilia, scegliendo una candidata più moderata e mantenendo un ruolo più defilato in campagna elettorale.
giani ceccardi
Il vero obiettivo del Carroccio è conquistare la costa tirrenica portando a casa voti di Pisa, Grosseto e Lucca. Per diventare il primo partito e creare una presenza più strutturata nella regione più rossa d'Italia. Ci riuscirà? Vedremo. Di certo, Giani e Ceccardi dovranno fare i conti con nuove variabili esterne rispetto alle precedenti amministrative. A cominciare dal Covid-19 che non tiene lontano dai seggi solo gli scrutinatori (a Firenze sono già in 450 ad aver rinunciato per paura del contagio, a Siena più di 80) ma anche gli elettori più anziani.
Nicola Zingaretti a 'Mezz'ora in piu''
«Se non ci fosse stata la pandemia, il Giani stravinceva», dicono a Firenze. Determinante sarà l'affluenza, quindi, ma anche il voto disgiunto. Non a caso il governatore uscente, Enrico Rossi, qualche settimana fa ha rivolto un appello agli elettori del M5s: «Fate una croce sul vostro simbolo e un'altra sul nome di Giani». E ieri lo ha ribadito a Pisa: «Oggi la sinistra è purtroppo divisa e dobbiamo ricomporre un quadro democratico e la soluzione per portare questi voti di sinistra a Giani è il voto disgiunto. Dobbiamo stoppare la Ceccardi al primo turno, perché non ci sarà un secondo turno».
eugenio giani gel mascherina e pallone
Negli ultimi giorni il partito ha giocato la carta della simpatia e dello storytelling in cui è sempre stato maestro Matteo Renzi. Lo scorso 16 settembre Giani ha pubblicato su Facebook un video di quattro secondi dove appare in versione Michael Jordan che con la fascia della Regione infila la palla «Recovery fund» nel canestro «Nuovi posti di lavoro». Esilarante. Ma come ha detto ieri lo stesso Renzi (che come successore scelse Dario Nardella a Palazzo Vecchio e non lui) «non è un influencer, però è competente». Su Giani ci sono state molte «convergenze», è sempre stato considerato un uomo-cerniera fra la «sinistra» riformista e quella più liberal, ex socialista, passata nel centrodestra.
Nicola Zingaretti a 'Mezz'ora in piu''
L'ala più sinistra-ecologista non è però riuscita a convergere sul suo nome con compattezza e, soprattutto, in maniera credibile. Troppe contraddizioni da sanare con l'elettorato. Senza dimenticare che sullo sfondo si consuma ancora la lotta per bande delle vecchie correnti cittadine ex Pds, ex Ds e ora anche ex Pd. Nella Regione, ma soprattutto nel capoluogo, il partito deve contenere molte anime e diverse si sono dovute far piacere il simpatico, ma non graffiante, Eugenio. La chiamata alle armi con il «voto disgiunto» o quanto meno «utile» per tenere lontana la Lega funzionerà?
In riva all'Arno ne sono convinti. Scommettendo che non ci sarà neppure bisogno di andare al ballottaggio - previsto solo nel caso in cui nessun candidato presidente raggiunga il 40% dei voti al primo turno - e che a spianargli la strada basteranno le preferenze dell'area metropolitana di Firenze, della provincia di Prato (dove ieri ha tenuto il comizio finale), Livorno e Siena. Ovvero le aree più popolate. Anche in caso di vittoria, però, Giani dovrà recuperare lo strappo con il presidente uscente Rossi (che non voleva la sua candidatura, ma ieri era sul palco al comizio organizzato nel centro di Firenze), tenere quindi a bada le varie fazioni interne con un occhio all'impatto dei nuovi equilibri post voto e gestire gli «orfani» del Giglio magico.
matteo salvini susanna ceccardi
Se, invece, vincerà la Ceccardi, verrà consumato uno scippo storico che manderà il Pd sull'orlo di una crisi di nervi. Insieme a Zingaretti a perdere sarebbe tutto lo stato maggiore a livello locale che dovrà dare qualche risposta: Rossi, Nardella, Simona Bonafé, Luigi Lotti, Dario Parrini. Non solo. In Toscana si creerà un dualismo di carattere economico tra l'area metropolitana di Firenze, dove il mondo «piccolo borghese», dei salottini e delle corporazioni probabilmente voterà per il candidato dem considerato più rassicurante, e il resto della regione.
eugenio giani
Dove i sindaci delle città amministrate dal centrodestra sono già sei su dieci capoluoghi. E dove molti piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e liberi professionisti sentono i morsi della crisi e sono pronti a votare la Ceccardi anche per reazione alle scelte del governo Conte.
MATTEO SALVINI E SUSANNA CECCARDI A VIAREGGIO salvini ceccardi salvini ceccardi salvini ceccardi giani