Stefano Giani per "il Giornale"
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Che mondo sarebbe, il nostro, se Walt Disney non fosse mai esistito? Se, alla fine degli anni Venti del secolo scorso il coniglio Oswald non si fosse trasformato in Topolino? Se il futuro padre dell'animazione avesse continuato a vendere bibite sui treni? O se Charlie Chaplin l'avesse adottato?
Invece, dalla sua mente e dalla penna del disegnatore Ub Iwerks, incontrato in un'agenzia pubblicitaria di Kansas City, nacque una favola che, un secolo prima della globalizzazione, unì grandi e piccini a ogni latitudine. Studiosi. Registi. Specialisti. Lo specchio di quanto sia esteso quel mondo glocal (in anticipo) sta nel numero e nella varietà dei personaggi che, davanti all'universo Disney, non sono rimasti indifferenti.
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È la magia di un sogno. O forse il Sogno. «Dici alla montagna "Spostati". E quella si sposta. Dici alla piovra di essere un elefante e quella diventa un elefante. Dici al sole "Fermati!". E lui si ferma». Sergej Ejzenstein lo aveva descritto così quel pianeta fantastico, vicino e lontano al tempo stesso dalla mente di ognuno. Accogliente e traumatico in una coincidenza di opposti che sembra una beffa ma dimostra come lasciarsi rapire sia facile.
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«Tutti i film di Mickey Mouse hanno in comune la sostanza delle favole. Partire per imparare a conoscere la paura». Walter Benjamin, il filosofo che studiò l'opera d'arte nel secolo della sua riproducibilità tecnica, aveva scelto queste parole per descrivere l'anima della galassia Disney. Storia di un uomo che, nel '27, gli squali li incontrò davvero.
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Nella «vasca» della Universal era approdato per strappare un contratto più vantaggioso per Oswald, il coniglio fortunato, ma si accorse che a non essere stato fortunato era lui. Con la rapacità tipica di un mercato che in nome del profitto avrebbe sacrificato qualsiasi cosa, il prodigioso animaletto gli era stato sottratto da imprenditori senza scrupoli. Lesti a rubargli perfino i collaboratori.
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Da quel viaggio a Hollywood, Walt tornò con la delusione dei suoi 26 anni e un po' di esperienza in più. L'unico a restargli al fianco fu quell'Iwerks che condivise con lui l'inizio dell'avventura. Tuttavia anche favole e fumetti hanno regole e un codice di rispetto, se non di onore. E mentre il coniglietto Oswald nelle mani sbagliate morì, Topolino- nato da quel furto con scasso - divenne immortale.
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Perché una creatura di successo non è garanzia di perpetua riuscita. Geniaccio e capacità non si acquistano sulle bancarelle della fiera delle vanità. E il topo non restò solo. John Landis, il padre dei Blues Brothers, tornò all'ossimoro iniziale. Le sue imprese sono «brillanti e perverse, rivoluzionarie e reazionarie e continueranno a sedurre, divertire, irritare e affascinare gli storici, i suoi fan e i bambini di ogni generazione».
E con gli occhi del bambino di cinque anni, vicino di casa di quella Disneyland che sembrava appartenergli, sottolinea come già allora- ed era il 1955- il desiderio di Walt era disegnare un mondo dove tutti vivessero e lavorassero in ambienti idilliaci dal clima amichevole.
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Un sogno che non si era ridimensionato nemmeno tre lustri prima, quando il sindacalista comunista Herb Sorrell, un ex pugile dai modi bruschi e tracotanti, minacciò di calunniarlo e mantenne la promessa. Gli scatenò uno sciopero che dipinse il padre di Topolino come un antisemita.
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Soffiavano venti di guerra che rendevano inviso il democratico Disney, poi diventato repubblicano e comparso davanti al Comitato delle attività anti-americane per denunciare i simpatizzanti rossi che avevano lavorato per lui. Un passo obbligato e accuse di tradimento. Il 2021 si porta via due ricorrenze strategiche del creatore di Paperino, nato nel dicembre di 120 anni fa e morto nello stesso mese di 55 anni orsono, celebrati dalla biografia Walt Disney.
Prima stella a sinistra di Mariuccia Ciotta (La nave di Teseo, pagg. 496, euro 20) collegata idealmente a Peter Pan. All'eterno fanciullo che si nascondeva anche nel più celebre degli animatori e a quella strada da percorrere verso l'isola che non c'è. «Prima stella a sinistra poi avanti fino al mattino». Il sapore del sogno. Lo stesso che ha caratterizzato la sua vita.
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«Era un tipo affascinante, molto allegro - disse di lui Kirk Douglas -. Quando ho recitato in Ventimila leghe sotto i mari era così assorbito nel progetto di Disneyland che usò il sottomarino per il parco». Vita, astrazione e idealismo si erano incrociate ancora. E sapevano di caramella. Oggi il nemico è il supereroe che ha fatto a pezzi principi azzurri e animali incantati, combattendo contro rivali costruiti in laboratorio.
E dotati di armi avveniristiche. Eppure. Il regista inglese Peter Greenaway ama ripetere che «Quando Ejzenstein incontrò Disney gli disse che solo quello fatto da lui era cinema». Oggi forse solo quello che faceva lui era sogno.
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