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    PRIMA I RACCOMANDATI - "A RIGOPIANO NON DEVONO ROMPERE IL CAZZO”, LE INTERCETTAZIONI DEL CAPO DELLO STAFF DEL GOVERNATORE, CHE SMISTAVA GLI SPALANEVE A SECONDA DELLE PRIORITA’ DEGLI AMICI. E’ UN POLITICO DI LUNGO CORSO DEL PD ABRUZZESE. I PM ASCOLTAVANO LE SUE TELEFONATE PERCHE’ ERA INDAGATO PER UNA STORIA DI APPALTI


     
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    Paolo Mastri per Il Messaggero

     

    vittime del rigopiano vittime del rigopiano

    Più delle telefonate della vergogna, più della iattanza di troppi funzionari appostati nella catena di comando, tra Prefettura, Provincia e centrale del 118. Più della gamma di rispostacce che va dal «non devono rompere» alla «mamma degli imbecilli sempre incinta». Molto di più, sulla giornata maledetta del 18 gennaio scorso e sulla strage dell'hotel Rigopiano, dirà un altro stock di intercettazioni contenuto nell'informativa del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri che, insieme agli atti dell'inchiesta, da oggi sarà a disposizione delle difese dei 23 indagati per disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali e altro.

     

    Claudio Ruffini Claudio Ruffini

    Neutre nei toni, non direttamente rilevati sul piano penale, non ancora almeno, ma senz'altro utili a completare una ricostruzione di contesto che fotografa la totale impreparazione della macchina dei soccorsi di fronte alla nevicata più eccezionale dell'inverno scorso. Le telefonate sono quelle che partono dalla segreteria del presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso. A parlare è Claudio Ruffini, politico di lungo corso del Pd abruzzese, all'epoca capo dello staff personale del governatore.

     

    Anche lui, come il funzionario dell'ufficio viabilità della Provincia Mauro Di Blasio, sembra essere il grande collettore delle richieste di intervento mediate dalla politica: prima quella strada, prima quel paese, prima quella contrada, a prescindere dalle reali ragioni di urgenza e da un ordine di priorità dettato dalla gravità del quadro meteo, ma solo perché così vogliono i politici di riferimento.

    LUCIANO DALFONSO LUCIANO DALFONSO

     

    «Il presidente chiede che sia aperta subito la strada per Abbateggio», «il presidente vuole uno spazzaneve per la strada di Passolanciano», elenca al telefono Di Blasio con il suo capo Paolo D'Incecco, dirigente del servizio viabilità. Che quando arriva il turno della richiesta del direttore dell'hotel Rigopiano, da ore completamente isolato, risponde bruscamente: «Quello dell'albergo non deve rompere il c...».

     

    LE INTERCETTAZIONI

    Non sono diverse nel tenore le pressioni arrivate fin dalle prime ore di quella mattina dalla segreteria del governatore. Il Noe le ha intercettate perché all'epoca Claudio Ruffini era sotto inchiesta per una serie di appalti, a partire dalla ristrutturazione di palazzo Centi, sede aquilana della presidenza della Regione.

    rigopiano 3 rigopiano 3

     

    Su questa sorta di manuale Cencelli della protezione civile, che non ha tenuto conto degli ostaggi di Rigopiano, ma neanche di tanti anziani dializzati bloccati in vari centro dell'Abruzzo interno, i Carabinieri hanno costruito buona parte delle contestazioni rivolte al filone provinciale del 23 indagati per la strage di Rigopiano: 29 morti tra gli ospiti e i lavoratori del resort di lusso alle pendici del Gran Sasso, 9 feriti con gravissime lesioni permanenti, due soli scampati al crollo della struttura investita dalla valanga.

    valanga al rigopiano valanga al rigopiano

     

    Più in generale, il capitolo delle telefonate della vergogna, quella di D'Incecco, quella della funzionaria della prefettura che snobba le richieste di soccorso rimbalzate dal cuoco Quintino Marcella, quella del responsabile del 118 Vincenzino Lupi, che induce in errore il direttore dell'hotel Bruno Di Tommaso, disegna un quadro di totale disorganizzazione della macchina dei soccorsi nelle ore cruciali che precedono e seguono di poco la valanga staccatasi dal Monte Siella intorno alle cinque del pomeriggio.

     

    I PERMESSI

    RIGOPIANO RIGOPIANO

    Un caos operativo a valle che potrebbe finire per ridimensionare il filone di responsabilità a monte della tragedia: la mancata approvazione della Carta del pericolo valanghe da parte della Regione, i permessi rilasciati dal Comune di Farindola per l'ampliamento dell'albergo e per la costruzione del centro benessere, l'assenza di un piano regolatore avallata da almeno tre sindaci

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