Francesca D’Angelo per “La Stampa”
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La carriera di un attore è fatta di sliding doors: quanti artisti, con il senno del poi, si sono domandati cosa sarebbe successo se avessero fatto quel film, o se avessero malauguratamente rifiutato quel ruolo.
Scelte, personaggi, rischi: ciascuno prende una decisione e se ne assume la responsabilità Purtroppo però, soprattutto se sei donna, alcuni «what if» non dipendono dalla propria volontà.
Ci sono dei compromessi che non hanno nulla a che vedere con l'arte e che possono aprire delle porte o chiuderle per sempre: scorciatoie da attraversare tutto d'un fiato, tappandosi naso, cuore e occhi, o da evitare come la peste.
In entrambi i casi il prezzo è molto alto. Ce lo ha spiegato molto bene il #metoo con le sue storie di abusi e ricatti sessuali, ma anche molti aneddoti rilasciati dalle star italiane. Da noi, a differenza che in America, nessuno osa fare nomi ma le storie sono comunque inquietanti sia quando si tratta di veri e propri stupri, come quello di Asia Argento, o di avance respinte in gioventù, come nel caso di Pamela Villoresi o Manuela Arcuri.
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A raccogliere dati e testimonianze ci sta provando l'associazione internazionale Amleta. La sfida è rompere il muro di omertà: un obiettivo impegnativo perché l'impressione è che «alla fine non cambi mai nulla», come lamenta l'attrice Beatrice Fazi, famosa per il ruolo della tata Melina in Medico in famiglia e, dal 7 febbraio, al teatro Cometa Off con lo spettacolo Il più bell'addio. Fazi non è stata vittima di abusi ma, di certo, ha vissuto sulla propria pelle una sgradita avance da un potente nome del cinema. Che, guarda caso, da allora non l'ha mai provinata…
Partiamo dall'inizio. Quanti anni aveva?
«Diciotto. Ero appena arrivata a Roma, sognando di sfondare nel mondo del cinema. Vivevo in un appartamento insieme ad altre ragazze che frequentavano l'Istituto Europeo di Design. Una sera decidiamo di uscire, per scoprire Roma: ci acchittiamo e gironzolando ci imbattiamo in un set sull'Isola Tiberina. Preferisco non dire quale, né fare nomi».
Arrivata lì, chi trova?
«Una star famosissima! Era po' più grande di noi e noi l'adoravamo! Già all'epoca era molto famoso: oggi è diventato un importante attore, regista e produttore. Tra un ciak e l'altro, con la faccia di tolla che mi ritrovo, sono andata a chiedergli un autografo.
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Ci mettiamo quindi a parlare, gli dico del mio sogno di fare l'attrice e lui allora mi chiede il numero di telefono: "Così poi ti faccio chiamare dal responsabile delle comparse: magari da cosa nasce cosa" Io gli lascio il numero fisso di casa. Pochi giorni dopo mi chiama e mi invita per un caffe».
Accetta?
«Si. Mi viene a prendere in macchina e io già mi immaginavo che mi portasse in un posto frequentato dai suoi amici. Per tutto il tragitto gli racconto della mia famiglia, delle mie aspirazioni... finché non mi rendo conto che ci siamo fermati in un posto squallidissimo, sperduto. A quel punto lui prova a baciarmi. Io lo respingo, imbarazzata. Per fortuna non insiste però mi dice: "Guarda, scendo un attimo perché devo andare al bar a comprare il latte per il bambino". Aveva un figlio piccolo e una moglie a casa! Non sono scappata dalla macchina solo perché non sapevo dove eravamo. Dopodiché mi scarica alla prima metro».
L'ha mai poi rivisto?
«Ci sono stati dei casting, ai quali ero stata proposta, ma lui non mi ha mai fatto fare manco un provino. Non so se mi abbia rifiutato consapevolmente: voglio credere che non sia così...»
Nessuno in Italia osa fare nomi: perché?
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«Chi fa certe cose è gente intoccabile contro cui non c'è partita. Purtroppo viviamo ancora in una società fortemente patriarcale e noi donne ci siamo giocate male le nostre carte: questa è una parità apparente. Il femminismo è stato sradicato: noi non volevamo diventare "come" gli uomini. Alla fine siamo quasi peggio di loro».
Si può contare almeno sulla solidarietà tra donne?
«Non sempre. Il male non ha un gender. Alcune donne sono complici di questo sistema».
Il precedente di Brizzi docet?
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«È stata una caccia alle streghe, anzi una caccia al capro espiatorio: si è alzato un polverone attorno a uno solo affinché tutto il resto non venisse intaccato. Infatti non è cambiato nulla».