Gustavo Bialetti per "la Verità"
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Prove tecniche di politicamente illeggibile sulla Stampa. In un articolo in gloria di Paola Egonu, la pallavolista candidata dal Coni a portare la bandiera olimpica durante la cerimonia inaugurale, l'attivista Michela Murgia si è lasciata prendere dall'entusiasmo e ha regalato ai lettori un'overdose di «schwa», il simbolo da usare al posto della desinenza maschile per definire un gruppo misto di persone.
Il tutto perché Egonu pare sia omosessuale e avrebbe una fidanzata. Il che per altro, nel 2021, non sembra un motivo per sconvolgere i lettori del giornale di Torino. Ma andiamo per ordine. Qui il fattore chiave sembra essere il colore della pelle di Egonu, che è scura scura, ha 22 anni, è nata a Cittadella e la cui storia viene raccontata sotto il titolo suggestivo «Paola Egonu e quei diritti negati». In sostanza la teoria della Murgia è che la pallavolista non è «un modello d'integrazione», come ha fatto notare Luca Zaia, ma una semplice «eccezione» di un sistema razzista.
michela murgia
E associare i diritti all'eccellenza in qualche disciplina sarebbe fuorviante perché i diritti vanno riconosciuti «a prescindere» che uno sia un grande calciatore o una saltatrice provetta. Infatti nessuno ha sostenuto questo, ma non si capisce questo fastidio per il fatto che Egonu sia portata in palmo di mano dal Coni. Forse nell'immaginario murgiano dovrebbe lavorare in catene nella Bassa di Rovigo, con il padrone (leghista) che le dà della lesbica tutto il giorno.
paola egonu
Ma il capolavoro della Maestrina rossa è che a un certo punto del suo pezzo si mette a usare la «schwa» quando dovrebbe declinare al femminile. Il che fa supporre che per la Murgia la pallavolista veneta non sia femmina. No, ma la Murgia non discrimina, sia chiaro. Forse si è solo un po' confusa.
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