Massimiliano Nerozzi per il ''Corriere della Sera''
L' inferno abita in uno scantinato di via Bra, una piccola strada tra corso Giulio Cesare e corso Vercelli, alla periferia nord di Torino: lì dentro, tra giovedì e venerdì, è rimasta imprigionata per ore, e violentata da due uomini, una ragazza italiana, utilizzata da un' altra donna come merce di scambio per ottenere delle dosi di droga. È quello che ha raccontato la vittima alla polizia, una volta che è riuscita a liberarsi, venerdì sera: raggiunto un bar, ha dato l' allarme, cui ha risposto una volante del commissariato Barriera di Milano, distante un paio di chilometri.
stupro
Grazie alla ricostruzione della ragazza, i poliziotti hanno rintracciato lo stabile e trovato la donna, di nazionalità marocchina, poi sottoposta a fermo, e difesa dall' avvocato Alfonso Aliperta: avrebbe chiuso la vittima nello scantinato per poi costringerla a prostituirsi. Durante la perquisizione, gli agenti hanno ritrovato il taglierino con cui la donna avrebbe minacciato la giovane, rapinandola del bancomat. L' inchiesta è ora condotta dagli uomini della terza sezione della Squadra mobile di Torino e coordinata dal pubblico ministero Giulia Rizzo.
La discesa all' inferno inizia tre sere fa, in via Bra, nel mezzo di una zona di spaccio, che è poi la sceneggiatura, oltre che lo scenario, di tutta la storia. Anche se gli accertamenti degli investigatori sono ancora in corso, soprattutto perché la vittima non ha alcun precedente penale. Resta il fatto che entra in contatto la donna marocchina, che contatti con gli spacciatori, invece, sembra averne.
Solo che, in questo caso, la trama si fa orribile, modello Pulp Fiction. La donna blocca la giovane e, con un taglierino, la minaccia, facendosi consegnare il bancomat. Così racconta la vittima, la cui versione è al vaglio degli agenti, come sempre in questi casi.
La tessera del bancomat non basta. Sarà merce di scambio per lo spaccio, dice la donna.
In senso letterale: gli spacciatori consegneranno le dosi in cambio di prestazioni sessuali con la giovane. E così va, infatti, con due uomini di origine marocchina e sospettati di violenza sessuale in concorso con la donna. Quella che aveva pianificato il tutto.
Non si sarebbe però dovuto trattare di un singolo episodio, ma di un terribile modus operandi: da qui in poi, faremo sempre così, avrebbe minacciato la donna. Alla ragazza non resta che fingere, come tante volte s' è visto in altri casi di cronaca. La convince al punto che le viene concesso di uscire: tanto, era la rassicurazione, si sarebbe prostituita. Una volta in strada, invece, raggiunge un bar, e da lì, avverte la polizia: «Mi hanno violentata».
SPACCIATORI
Dagli agenti delle volanti, prima, ai colleghi della Squadra mobile poi, partono gli accertamenti. Dei due uomini, autori materiali dello stupro, non c' è traccia, ma si trova la donna marocchina: e, dopo i primi riscontri, viene sottoposta a fermo di polizia per violenza sessuale. Provvedimento di cui il pubblico ministero chiederà al gip la convalida.
Nel corso della prima perquisizione viene recuperato il taglierino di cui aveva parlato la ragazza. Torna alla mente il caso di Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina trovata morta nell' ottobre scorso in un palazzo abbandonato a San Lorenzo, poco lontano dalla stazione Termini, a Roma: violentata e uccisa da un gruppo di spacciatori.
Dentro a quell' edificio cadente e sporco c' era finita alla ricerca di una dose di stupefacente, che forse aveva trovato, dagli stessi uomini che poi l' hanno uccisa.
A Torino l' epilogo non è stato letale, ma comunque drammatico, al di là di qualsiasi storia di droga: una ragazza imprigionata e stuprata, è ciò che importa.