vladimir putin fulmina con lo sguardo sergey naryshkin
1 - IL CREMLINO NON PUÒ PIÙ VENDERE AI CITTADINI SPAZIENTITI IL MITO DELLA GUERRA
Anna Zafesova per “il Foglio”
(…) Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov dice che la Russia “non ha intenzione di invadere” mentre i carri armati russi sono alla periferia di Kyiv. (…) E Vladimir Putin insiste che il governo ucraino è una “banda di drogati neonazisti” assistiti da “consulenti americani”, mentre gli ucraini si preparano in massa a difendere le loro città.
(…) Sono le stesse bugie che raccontano i media (…), per convincere i russi che a) non si tratta di una guerra, b) anche se fosse una guerra, è giusta e preventiva, c) magari non si chiama guerra, ma è un trionfo: gli ucraini si stanno arrendendo a battaglioni.
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È la stessa narrazione usata da sempre dall’Unione sovietica, per tutte le sue guerre di invasione (…) Una fede quasi magica nelle parole, e l’insistenza della propaganda putiniana sulla sua terminologia diventa a sua volta un ulteriore motivo di scontro con l’occidente che si rifiuta di riconoscere che i bombardamenti di Kyiv e Kharkiv abbiano come obiettivo la “liberazione” dell’Ucraina dalla “oppressione del governo nazista”.
Ed è proprio questa dissociazione cognitiva orwelliana a spezzare, all’improvviso, la pazienza rassegnata di molti russi. Il silenzio, la paura, il talento di guardare altrove ed evadere nella vita privata affinati ancora sotto il totalitarismo sovietico e rispolverati negli ultimi mesi di arresti e censure del dissenso, non resistono di fronte a quella che appare la madre di tutte le bugie.
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Tra l’altro, proprio la retorica dei “popoli fratelli” va a ritorcersi contro il regime, perché molti russi condividono con Putin l’incapacità di credere in una Ucraina indipendente dalla Russia, ma proprio per questo non riescono a capacitarsi di una Russia che bombarda l’Ucraina.
I post “No alla guerra” si moltiplicano, alla protesta social si uniscono anche la figlia dell’oligarca Roman Abramovich, del portavoce di Putin Dmitri Peskov, e tanti altri insospettabili. (…) Un risveglio improvviso, che spinge le autorità russe a prendere, per la prima volta, provvedimenti per limitare la diffusione di Facebook.
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2 - MOSCA SCHIACCIA LE PROTESTE MA CRESCE IL DISSENSO INTERNO
Giuseppe Agliastro per “La Stampa”
(…) Secondo l'ong Ovd-Info, oltre 900 manifestanti sono stati fermati giovedì a Mosca e, in totale, più di 1.800 in tutta la Russia. «Per legge, questi cittadini non hanno il diritto di tenere manifestazioni ed esprimere il loro punto di vista a meno che non rispettino determinate procedure»: è stata questa la spiegazione del portavoce di Putin, Dmitry Peskov.
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«Ci possono essere picchetti in solitaria - ha aggiunto - ma tali eventi, li definirei massicci, che coinvolgono un certo numero di persone, semplicemente non sono consentiti dalla legge». Vietato protestare insomma.
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E in un Paese in cui il dissenso viene represso sempre più duramente, il rischio è quello di essere arrestati. I tribunali russi stanno già emettendo le prime sentenze. Kirill Goncharov, numero due della sezione moscovita del partito d'opposizione Yabloko, è stato per esempio condannato a dieci giorni di arresto con l'accusa di aver partecipato all'organizzazione della manifestazione pacifista di giovedì nel centro di Mosca. Mentre - secondo la testata Rbk - al direttore di una fondazione medica di San Pietroburgo sono stati inflitti 20 giorni di arresto.
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(…) In Russia ci sono intellettuali, attivisti e persone comuni che si sono subito schierati contro la guerra. Una petizione online contro l'invasione dell'Ucraina ha raccolto oltre mezzo milione di firme in appena un giorno. «Prendete parte al movimento contro la guerra, opponetevi alla guerra.
Fate questo per mostrare al mondo intero che in Russia c'erano, ci sono e ci saranno persone che non accetteranno le bassezze perpetrate dalle autorità», recita il testo. Un messaggio chiaro: una netta presa di distanza dalla decisione di Putin di attaccare l'Ucraina e portare la guerra nel cuore dell'Europa. Yelena Kovalskaya, direttrice del teatro statale Meyerhold di Mosca ha annunciato le sue dimissioni affermando che è «impossibile lavorare per un assassino e ricevere lo stipendio da lui».
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«Paura e dolore. No alla guerra», ha scritto su Instagram il conduttore Ivan Urgant, e si è schierato sulla stessa linea anche l'attore Maksim Galkin: «Come è possibile tutto ciò?», ha scritto. «Non può esserci una guerra giusta. No alla guerra!». (…)
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