Valentina Arcovio per “il Messaggero”
Giorgio Parisi
Neanche la matematica, al momento, può salvarci dall'enorme tsunami di incertezza che ha investito il nostro paese. La scienza dei numeri si deve infatti arrendere dinanzi a questo sconosciuto coronavirus. Eppure i matematici ci stanno provando, eccome. Richiamando, riadattando o addirittura creando ex-novo inediti modelli di previsione. Ci hanno provato, ad esempio, qualche settimana tre grandi esperti italiani, il biologo Enrico Bucci, insieme al fisico della Sapienza Enzo Marinari e con la supervisione del fisico Giorgio Parisi, con lo scopo di capire i possibili scenari di diffusione dell'infezione.
O anche giovani scienziati, come Gianluca Malato che proprio qualche giorno fa ha dimostrato in un articolo diffuso sul web l'impossibilità di utilizzare due modelli noti, quello esponenziale e quello logistico, per effettuare previsioni sull'epidemia. «Il primo modello è quello esponenziale che descrive una crescita di infezione inarrestabile.
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Ad esempio, se un paziente infetta 2 pazienti al giorno, dopo 1 giorno avremo 2 infezioni, 4 dopo 2 giorni e così via», spiega Malato. «Il secondo è il modello logistico - aggiunge - che descrive l'evoluzione della popolazione (in questo caso le persone infettate dal virus), basandosi su due elementi: il tasso di crescita esponenziale e le risorse (cioè le persone infettabili), che chiaramente sono limitate. Questo modello prevede a un certo punto una stabilizzazione». Tuttavia, né il modello esponenziale e né quello logistico risponde alle nostre domande. «La conclusione è che ogni giorno il risultato cambia a seconda dei dati aggiornati rilasciati dalla Protezione civile», dice Malato.
EMERGENZA CORONAVIRUS - FOLLA A FREGENE INCURANTE DEL RISCHIO EPIDEMIA
Tutto si riduce quindi a un puro esercizio matematico. La realtà è infatti che nessun modello può rispondere alle domande che tutti noi ci stiamo facendo: quando finirà l'emergenza? Quando arriverà il picco? Quali saranno gli effetti delle misure di contenimento prese? Semplicemente perché i fattori da considerare sono tanti, molto diversi tra loro e soprattutto incerti e variabili. Oltre alle caratteristiche del virus, bisogna considerare le interazioni sociali, gli aspetti economici e gli aspetti politici... Spiega Antonio Scala, ricercatore dell'Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche e presidente della Big Data in Health Society.
«Non sappiamo il reale numero delle persone contagiate in un dato momento, sia per i tempi di incubazione ma anche per via della presenza di pazienti asintomatici; non sappiamo quante e che tipo di interazioni sociali queste persone hanno o hanno avuto nel periodo in cui sono o sono state contagiose; non sappiamo esattamente quali sono i numeri delle persone contagiate e poi guarite perché c'è chi ha superato l'infezione con sintomi lievi o confusi con l'influenza; e molto cambia a seconda delle regioni o delle città considerate, che fino a qualche giorno fa hanno applicato misure contenitive diverse», dice Scala.
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GLI EPIDEMIOLOGI
Chi può invece riuscire meglio nell'impresa di azzardare previsioni un po' più affidabili sono gli epidemiologi. «Possiamo considerarli come degli artigiani che possono arrivare a formulare ipotesi plausibili applicando con esperienza alcuni aggiustamenti», dice Scala, impegnato oggi su un'altra ambiziosa impresa matematica. «Stiamo creando un modello che descriva l'andamento delle informazioni relative al nuovo coronavirus sui social, ma in questo caso l'errore implicito anche nelle nostre previsioni non provoca le conseguenze che può avere la divulgazione affrettata di una predizione sull'epidemia», conclude l'esperto del Cnr.