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Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”
Le chiamano «romance scams», truffe romantiche, e le vittime sono donne. Spiega il dirigente della Polizia Postale del Lazio Nicola Zupo: «La divisione è palese: sul web, gli uomini subiscono sexestorsions , scambiano materiali osé e poi vengono ricattati; le donne vengono corteggiate, s' innamorano e poi il truffatore chiede soldi con scuse come un figlio malato, denaro bloccato per errore o furti subiti in viaggio».
In Italia, la pagina Facebook della Onlus Romance Scams ha 6.500 followers ed è piena di donne che segnalano spasimanti seriali che poi bussano a denari. È un mare di finti profili e autentici delinquenti.
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L' ha creata Miriam Ansaldi, 54 anni, ligure, dopo essere incappata in un fake smascherato in fretta: «Mi suonava strano che fosse ricco, vedovo e cercasse l' amore online. Ho creato un profilo falso e ci è cascato: raccontava dettagli diversi. Da lì ho scoperto un universo».
Miriam ha ingaggiato un consulente informatico e uno psicologo: «Nell' ultimo anno abbiamo raccolto quasi 300 segnalazioni di donne. Molte oltre i 50, ma anche di 25. Alcune hanno perso casa, una ha pagato 350 mila euro, molte sono cadute in depressione. Un' impiegata di banca ha rubato 20 mila euro ed è stata licenziata, però si preoccupava non del processo, ma dei soldi non spediti al suo amato.
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Nelle vittime scatta la dipendenza affettiva, molte dicono bugie per difendere l' uomo. Ci sono alla base la solitudine e il sogno del grande amore». Gli uomini si presentano come ricchi, innamorati, perfetti. Sono belli, usano foto rubate dal web con auto e case costose, non fanno mai riferimenti al sesso, parlano francese, inglese o italiano con accento straniero, sono sempre vedovi, con figli bisognosi di una mamma. E vivono in luoghi isolati dove è difficile collegarsi a Skype. Chiedono soldi con sistemi di Money Transfer non tracciabili e sempre all' estero.
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«Sono professionisti della manipolazione», dice Miriam, «forse al soldo di organizzazioni criminali». Nel 2015, a Torino, la Finanza ha sgominato una banda di dieci nigeriani e italiani. Queste truffe sono poco denunciate. Spiega Zupo: «Prevale la vergogna e manca la motivazione: le donne quasi mai scambiano foto intime e non temono il ricatto». Nel 2017, le denunce alla Polizia Postale sono state 1.041, di cui 955 con vittime maschili e 86 femminili. La piaga è globale.
Nel 2016, per l' Fbi, in California, le romance scams hanno fruttato 173 milioni di dollari.
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Acciuffare i colpevoli è difficile e recuperare i soldi di più. Però, denunciare è utile almeno a far emergere il fenomeno. Per trovare il truffatore, spiega Zupo, la traccia fondamentale è la url del profilo Facebook, va copiata dalla barra del browser e esibita alla Polizia Postale, che interviene anche in caso di sospetto: «Sul nostro sito, c' è il pulsante "Domanda. Hai un dubbio? Chiedi informazioni".
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Rispondiamo entro 48 ore». Paolo Dal Checco, perito d' informatica forense, consiglia di «mettere le foto dell' uomo su Google Images e vedere se sono usate altrove e con altri nomi. E verificare, con le funzioni di Facebook, con chi interagisce, da chi è stato taggato».
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Ivana Tronco, 56 anni, ex infermiera viterbese, ha creato la pagina Facebook Anti-Scam Informations: «Da vittima, a me è mancato l' aiuto preventivo. Il corteggiatore pareva un gentiluomo, ingegnere su una piattaforma petrolifera. Gli ho mandato 100 euro perché aveva perso la carta di credito in Africa, poi perché doveva curare la figlia Trattavo male chi voleva aprirmi gli occhi».
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Oggi, anche con tutorial video, insegna a riconoscere il lupo cattivo. «Prima di tutto», suggerisce, «ha pochi amici o solo amiche donne». Il consiglio per liberarsi dalla dipendenza è staccare Internet e andare in terapia.
«È una disintossicazione, come per le droghe e l' alcol», osserva lo psicologo Claudio Basile, consulente di Romance Scams, «però, spesso, le donne non vogliono aiuto, ma vendetta. Hanno vissuto sentimenti depauperati, sono vedove o separate e, se trovano uno che le ama vogliono crederci. Non capiscono che l' amore non è una risposta, è una domanda».