Matteo Persivale per il Corriere della Sera
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Ormai un po' tutti noi, abituati - o assuefatti - all' uso massiccio dello smartphone, tendiamo spesso a mandare messaggi - sms o whatsapp - invece di fare una telefonata (di sicuro si risparmia tempo). Magari non si arriva al punto dei ragazzi che, se sentono squillare il telefono, pensano che sia successa una disgrazia, ma sicuramente i volumi di traffico dati rispetto a quelli delle telefonate fatte/ricevute sono numeri abbastanza chiari: la tecnologia cambia le abitudini e non rende obsoleti soltanto certi oggetti, ma anche certi comportamenti. Per esempio, suonare il campanello di casa.
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Il Wall Street Journal di ieri raccontava in prima pagina come i millennial - i nati, più o meno, dall' inizio degli anni 80 alla fine dei 90 - quando sentono suonare alla porta o si spaventano - non sono abituati al suono - oppure nel migliore dei casi pensano che sia il postino (di solito però è qualche scocciatore, ma questa è un' altra storia).
I numeri del Pew Research Center non lasciano grossi dubbi: il 92% degli americani dai 18 ai 29 anni possiede uno smartphone - è la percentuale più alta tra la popolazione. E tra gli americani di 65 anni o più, la percentuale crolla al 42%. È chiaro che l' abitudine sempre più diffusa a comunicare per messaggino ha reso pressoché obsoleto il campanello della porta o il citofono del portone.
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Di certo fa un po' ridere che Tiffany Zhong, 20 anni, fondatrice di Zebra Intelligence e consulente aziendale che illustra alle corporations il magico (nel senso di potenziale segmento di mercato) mondo dei millennial dica al quotidiano finanziario che il campanello della porta ha un suono «così improvviso: terrificante».
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Il Wall Street Journal parla apertamente di «doorbell phobia», campanello-fobia tra i ragazzi americani e di sicuro anche se nessuna facoltà di Psicologia ha (ancora) realizzato uno studio scientifico un sondaggio via Twitter con 11 mila risposte ha determinato che per il 54% degli interpellati il suono del campanello è «spaventosamente strano» (corrono peraltro alla mente, in simili casi, le parole che Clint Eastwood, classe 1930, ha dedicato recentemente in un' intervista su Esquire ai millennial americani, da lui ribattezzati in modo greve ma senza dubbio eloquente «generazione di fighette»: ma anche questa è un' altra storia).
Un corriere espresso come la Ups, fa ancora suonare ai propri dipendenti addetti alle consegne il campanello di casa del destinatario; ma i clienti hanno richiesto da tempo un servizio di messaggistica via mail o sms per monitorare in tempo reale l' imminente consegna del pacco o della lettera.
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Fobie e timidezze di una generazione ipertecnologica (e delicata) a parte, è un fatto che calano le aziende che mettono a disposizione dei dipendenti un telefono fisso alla scrivania - basta lo smartphone - e negli Stati Uniti, ma non solo, l' uso di app come Slack sta rimpiazzando la vecchia «conference call».
POSTINO AMERICANO
YouTube, che contiene uno scibile umano di video-tutorial - istruzioni dettagliate pressoché per qualunque cosa, da montare un passeggino a installare un software - e le ricerche su Google hanno fatto calare enormemente le telefonate ai servizi assistenza clienti (che peraltro erano peggiorati sempre più, col tempo e con la delocalizzazione: in questo caso la tecnologia ha risposto a un problema oggettivo, il labirinto di «bip» e selezioni di numeri per poter finalmente parlare con una persona fisica o almeno per ascoltare una registrazione).
UPS
Il Gps satellitare, Google Maps e applicazioni simili hanno quasi ucciso il mercato delle mappe cartacee e i file digitali - così come le «nuvole» sulle quali lasciare i dati - hanno messo in croce i supporti fisici di dati, dal cd al dvd. I registi che insistono a girare su pellicola sono un piccolo, raffinato club (Christopher Nolan, Quentin Tarantino) che tiene in vita la Kodak (ma i cinema, in grande maggioranza, proiettano ormai in digitale non in 35 mm). E gli orologi? Ne portiamo tutti uno nel telefono: sono un gioiello, ormai, o un oggetto di design.