Francesco Bei per ''la Stampa''
Una prima cosa va subito detta: la volpe non è finita in pellicceria. Giuseppe Conte ha affrontato un appuntamento molto complicato come la deposizione al Copasir sul Russiagate giocando bene in difesa. Soprattutto trasformando la conferenza stampa successiva in un contrattacco che ha investito in pieno Matteo Salvini sui suoi viaggi a Mosca.
GIUSEPPE CONTE IN AUDIZIONE AL COPASIR
Chi di Servizi ferisce, verrebbe da dire Ma restando alla questione principale, l' apologia del presidente del Consiglio ha certamente messo dei punti fermi utili alla ricostruzione della storia. A differenza della vicenda ucraina, che sta imbarazzando l' amministrazione americana per via della telefonata tra Trump e il presidente Zelensky, in questo caso la richiesta di informazioni da Washington è arrivata attraverso normali canali diplomatici. Ovvero è stato l' ambasciatore italiano in Usa, Armando Varricchio, a trasmetterla a Roma. Tutto protocollato, insomma.
giuseppe conte donald trump 11
Per di più, ha aggiunto Conte, il contatto risale a giugno. Una precisazione importante, perché retrodata di due mesi l' istanza di informazioni e la slega temporalmente dalla successiva crisi di governo italiana, le cui avvisaglie sono dei primi di agosto. L' attenzione alle date è importante, perché una delle accuse a Conte era quella di essersi mosso in una logica di scambio politico con Trump. Brutalmente, il premier italiano - nel bel mezzo della crisi di governo - avrebbe messo Aisi e Aise al servizio degli americani in cambio dell' appoggio politico alla sua riconferma a palazzo Chigi (il famoso tweet di Trump su «Giuseppi»). Ma se la richiesta risale a giugno, il teorema del do ut des crolla.
Quanto al merito, stando a Conte i capi dei servizi segreti italiani avrebbero dichiarato a Barr l' estraneità dell' Italia alla vicenda Russiagate. Compreso il ruolo del soi-disant professor Mifsud, il misterioso maltese che sembra evaporato nelle nebbie di Mosca.
christopher wray
Se il presidente del Consiglio si è esposto in maniera così netta davanti al Copasir c' è da pensare che sia sicuro del fatto suo, anche perché si sa che in America uscirà tra non molto un dettagliato rapporto dello stesso ministro di Giustizia William Barr. Ed è chiaro che se da quelle carte dovesse uscire una verità diversa, per Conte le cose si metterebbero male.
L' unico punto su cui il presidente del Consiglio è apparso meno convincente è invece proprio riguardo al ruolo di Barr, considerato che un' altra delle accuse mosse all' inquilino di palazzo Chigi è stata quella di aver costretto i Servizi italiani a fare da caudatari di un politico straniero. Nient' affatto, ribatte Conte, perché Barr è venuto a Roma come Attorney general, che non è la stessa cosa che Guardasigilli avendo egli anche la responsabilità delle attività dell' Fbi, «una delle 16 agenzie di Intelligence» d' Oltreoceano.
donald trump william barr
Insomma, Conte suggerisce che il ministro della Giustizia non era da noi come membro dell' amministrazione e braccio destro di Trump, ma come capo del controspionaggio a incontrare i suoi colleghi 007. Tesi quanto meno ardita, dato che l' Fbi ha una sua testa operativa, Christopher Wray, che è quella titolata a dialogare con i suoi omologhi esteri. Un anello debole nella ricostruzione di Conte dunque c' è, ma non tale da compromettere l' intera catena di eventi.
Sta di fatto che 'a nuttata sembra passata, la Lega ha provato a sparare contro Conte il missile Copasir (utilizzando anche la presidenza Volpi) ma il bersaglio è stato mancato. E sembra ora difficile per l' opposizione tenere ancora sulla graticola il premier su questa vicenda. In cambio Salvini e la storia mai chiarita del Metropol sono tornati di nuovo sotto i riflettori.
WILLIAM BARR JOHN DURHAM