Fulvia Caprara per “la Stampa”
QUENTIN TARANTINO A ROMA PER PRESENTARE C ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD
Prendere o lasciare. Per Quentin Tarantino non ci sono vie di mezzo. Dai tempi di Pulp Fiction è nella ristretta rosa dei registi-star più venerati del globo, e il suo cinema iperbolico, visionario, dissacrante, non permette sfumature pallide, si ama o si odia. I suoi film dividono, c' è chi si esalta e chi si indigna, le polemiche fioccano e, nel caso di C' era una volta a Hollywood (dal 18 settembre nelle sale con Warner Bros), sono esplose molto prima del debutto, all' ultimo Festival di Cannes.
L'interessato preferisce non rispondere, i giornalisti sono avvisati, e forse anche per questo, ieri a Roma, l'autore, affiancato da Leonardo DiCaprio e Margot Robbie, si è presentato alla stampa indossando una maglietta nera con la scritta «Brutalism». Ironia, auto-denuncia, voglia di tagliare corto su tutto quello che non riguarda direttamente il suo unico, grande, amore: «Non so se il cinema può cambiare la storia, di sicuro può esercitare un' influenza».
QUENTIN TARANTINO A ROMA PER PRESENTARE C ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD
Nella trilogia formata dal nuovo film insieme a Bastardi senza gloria e Django Unchained, il corso degli eventi s'impenna seguendo le intuizioni dell' autore, colpi di teatro che rimescolano le carte della realtà, seguendo sempre lo stesso codice narrativo: «Un critico inglese, Laurence Staig, ha scritto un libro Italian Western: The Opera of Violence, in fondo, almeno per quanto riguarda la violenza, è quello che sto facendo io con la mia opera».
Un lavoro che gli riesce bene (in Usa C'era una volta a Hollywood ha incassato 40 milioni di dollari nel primo week-end di programmazione) e che affonda le radici in una conoscenza enciclopedica del cinema, non solo degli adorati italiani, da Leone a Sollima, da Tessari a Corbucci, «che hanno iniziato come critici cinematografici ed erano appassionati dei generi», ma anche, e soprattutto, dei B-Movie e di un modo di girare in via di estinzione: «Oggi il cinema è diverso, dai vecchi tempi, ma anche da quelli in cui ho iniziato. Prima i set si costruivano da zero, adesso si fa tutto in post-produzione, e questo vale anche per le major. C'era una capacità di fare con le mani, un artigianato pazzesco, è un peccato che sia sparito, il digitale non da gli stessi risultati».
QUENTIN TARANTINO A ROMA PER PRESENTARE C ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD
L' attenzione ai particolari, la capacità di ricreare atmosfere e di catapultare il pubblico dentro le sue fantasie, ha incantato anche gli attori impegnati sul set, da DiCaprio, che interpreta Rick Dalton, stella in declino di western tv, a Margot Robbie che è la bionda, effervescente, Sharon Tate: «Quentin lascia ben poco all' immaginazione - spiega la diva australiana -, nella sua sceneggiatura c' era tutto e, per un' attrice, ogni dettaglio è un regalo. Mi sono sentita nella Hollywood del '69, che stava attraversando una fase di cambiamento, forse simile a quella che vive oggi».
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Per DiCaprio, prediletto da Martin Scorsese, vincitore dell'Oscar per il ruolo in Revenant di Inarritu, la prova con Tarantino è un'altra tappa di un percorso scintillante: «Sono sempre andato al cinema, fin da quando ero piccolo, ai ragazzi che vogliono fare questo mestiere raccomando di vedere tanti film perché si può crescere stando sulle spalle dei giganti. Ho recitato su molti set, insieme a masse di persone che hanno creato storie e hanno formato la mia personalità».
Il suo personaggio, in C'era una volta a Hollywood, vive la fase opposta, quel momento terribile in cui un attore sente di perdere il proprio potere: «Uno dei privilegi della nostra professione è proprio quello di poter entrare in contatto con temi e ambienti che non si conoscono». Di Rick Dalton, dice ancora DiCaprio, «ho cercato di cogliere il suo essere bipolare, angosciato dalla percezione della propria mortalità».
quentin tarantino foto di bacco (6)
Tutte cose da inventare. Perché, per adesso, Leonardo DiCaprio è il divo idolatrato, quello che nella Roma torrida fa impazzire eserciti di ragazzine, schierate davanti al cinema della prima e poi, ancora, ieri mattina, sotto il sole cocente, con un solo desiderio, sintetizzato in uno striscione: «Leo, please, come here».