Chiara Maffioletti per "www.corriere.it"
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Sua mamma le ripete che lei se lo aspettava, lo sapeva che sarebbe diventata esattamente la persona che è. Ma Matilda De Angelis preferisce riderci su: «È una fricchettona, molto affascinata dell’esoterico, che ha studiato tante cose sulle esperienze dell’anima».
La sensazione, per restare in tema, è che l’anima di questa giovane donna di 25 anni sia complessa e frastagliata; un insieme di colori anche distanti ma che rimandano l’immagine nitida di un volto veramente nuovo
Un volto che è a suo agio mentre bacia Nicole Kidman (o Hugh Grant, visto che ha recitato con entrambi nella serie The Undoing che l’ha resa nota in tutto il mondo) ma che lo è stato perfettamente anche nelle stazioni di servizio di mezza Europa, dove si lavava come meglio poteva dopo le notti passate a dormire per strada, con la sua band. «Delle volte nemmeno io capisco esattamente cosa sia successo», confessa.
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«Sicuramente negli anni ho fatto tante esperienze personali che alla fine si sono rivelate importanti. Non ho seguito una scuola di recitazione ma ho sempre fatto tanto sport e quindi lavorato sulla mia presenza: facevo ginnastica artistica e nelle gare il novanta per cento della valutazione era sull’interpretazione dell’esercizio. Poi ho studiato l’inglese, perché mi piaceva. E ho iniziato a cantare e suonare molto presto. Pian piano ho messo insieme tutte queste cose».
Ed eccola qui, il nome di cui ora tutti parlano. Prossimo volto anche di Sanremo. Se lo immaginava cinque anni fa, quando ha recitato nel suo primo film?
«Nonostante quello che pensa mia mamma, appunto, cioè che questo era da sempre il mio obiettivo, io non ho mai fatto niente nella vita con il pensiero che poi sarebbe stato il mio percorso. Ho solo seguito le mie inclinazioni, facendo quello che mi divertiva. Ho smesso di fare ginnastica artistica quando non succedeva più, nonostante fossi brava. Poi è arrivata la musica.
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Mi dicevano: perché non provi ad andare a X Factor? E io rispondevo: per far cosa? Per me i soldi, non avendone mai avuti, non avevano grande valore e non lo aveva nemmeno il diventare famosa, visto che io con la mia band suonavo ugualmente. Non capivo cosa sarebbe cambiato. Solo negli ultimi due anni sono diventata più ambiziosa, professionalmente più affamata. Non è tanto per vincere un Oscar o per lavorare con Tarantino... semplicemente, una volta individuata la mia carriera, è arrivata la consapevolezza di volermi impegnare il triplo».
C’è chi potrebbe dire che questo significa anche crescere, no?
«Sì, forse. Però l’altro giorno leggevo un post di Calcutta: ricordava che cinque anni fa era uscito il suo primo singolo di successo e che da cinque anni poteva pagarsi l’affitto ma non sapeva ancora bene se gli piacesse più prima o più adesso. Anche per me è un po’ così: posso pensare di essere maturata ma l’essere diventata anche più materialista mi piace e non mi piace».
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La sua non era una famiglia benestante?
«No, non c’erano molti soldi. Diciamo che la crisi del 2009 l’abbiamo sentita tutta e alla grande. Non me ne importava granché ma non posso dire che ho iniziato a fare l’attrice perché lo sognassi: semplicemente non potevo dire no a un’occasione così. E in questo modo ho trovato la mia passione più grande.
Ma al tempo stesso volevo portare a casa un po’ di soldi. Da ragazzina non potevo fare tante gite di classe o chissà che, ma per me non era un problema. Ho provato invidia solo per una mia compagna ricchissima che aveva una Fender Stratocaster e nemmeno sapeva cosa farne mentre io suonavo la chitarra della Lidl. A parte questo, me ne facevo una ragione».
«I miei migliori amici li avevo e quelli sono rimasti anche oggi. E se anche non andavo in gita, tanto giravo comunque l’Europa suonando, quindi...».
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Come è arrivata la musica?
«Sempre per via di quegli incastri a cui crede mia madre, che mi hanno portata fino a qui. Una mia ex compagna di ginnastica si ricordava, non so come, che cantavo quando avevo dieci anni. Per un caso piuttosto incredibile aveva saputo che i Rumba de Bodas, gruppo noto nel bolognese, cercavano una cantante e aveva fatto il mio nome: mi hanno chiamata, ho fatto il provino e sono stata con loro per cinque anni. Suonavamo per tutta Europa, scegliendo noi il tragitto dei viaggi.
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Se dovevamo andare in Scozia decidevamo di volta in volta dove fermarci. Ma non era sempre semplice trovare ospitalità per otto musicisti italiani, così avevamo le tende e le buttavamo dove capitava: ho dormito nei parcheggi degli Autogrill, per strada, a casa di sconosciuti, nei parchi con la polizia che ci veniva a svegliare. Tutte cose piuttosto strane, in effetti».
E i suoi genitori? Cosa le dicevano?
«Lasciavo sempre il cellulare a casa quindi era molto difficile reperirmi. Ero terribile. Ma anche se ho fatto tante esperienze assurde non mi sono mai drogata, incredibile. Direi che, nonostante tutto, ero molto pura».
Si sentiva superiore rispetto ai suoi coetanei?
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«No quello no. Però mi sentivo un po’ Balto: non è cane e non è lupo. Sa solo quello che non è. Io sapevo di non essere una normale studentessa 16enne di liceo e nemmeno di essere come gli altri miei compagni della band, che erano ben più grandi di me».
Anche oggi sembra sapere quello che non è. Non è schiava della sua immagine, nonostante ci lavori. Nelle scorse settimane ha postato diverse sue foto in cui mostra il suo viso infiammato dall’acne.
«Per me era importante far capire che non è una malattia che incide solo sulla nostra autostima e sicurezza ma è anche molto dolorosa, qualcosa con cui fai i conti tutto il giorno e non ti dimentichi di avere, visto che ti sta in faccia. Faccio l’attrice e dovrei avere una pelle perfetta: lo vedo quando il direttore della fotografia fa una fatica assurda per aiutarmi a coprire quelli che sono chiamati difetti. Invece è una cosa normalissima».
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«Ho cercato di andare oltre un’immagine patinata e sfatare alcuni miti perché è ormai evidente che i social hanno un impatto psicologico pesantissimo sui giovani, uomini o donne che siano».
«L’acne provoca una grande ansia sociale: eviti certe luci perché sei sempre molto consapevole di come la tua pelle appare a seconda che sia giorno o sera, cancelli programmi con amici perché non hai la forza di mettere la testa fuori di casa, eviti gli sguardi... io ne soffro da quando sono adolescente e ho sempre fatto un grande sforzo. E non mi sono mai sentita bella».
Poi però bella Matilda De Angelis lo è diventata per tutti...
«Ma restavo insicura... mi vedevo corretta nei film, nei servizi fotografici... così un giorno mi sono detta: non va bene, mi sono rotta».
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«E ho fatto vedere questa cosa. Non volevo diventare la paladina dei brufolosi, ma avendo io stessa tratto grande beneficio dai profili delle ragazze della skin positivity, che abbracciano questa nuova forma di estetica secondo la quale non ti devi vergognare di come sei e la pelle non definisce la tua bellezza o la tua personalità, ho scelto di accettarmi. Facendolo, inizi a vederti sotto una luce completamente diversa: ora mi trucco gli occhi, la bocca ma non mi metto il fondotinta».
«E ho scoperto che nessuno mi guarda i brufoli. Per magia, quando esci dalla paranoia anche la pelle inizia a migliorare: anche lei sta guarendo dall’ansia. Poi è ovvio che è importante curarsi, ma mi sono accorta di aver smosso qualcosa, vista la mole di messaggi che ho ricevuto. Chi lo liquida come un problema di poco conto significa che non l’ha vissuto».
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Restando all’immagine, tempo fa sui social aveva postato una sua foto di spalle e poi si era quasi indignata perché era stata tanto apprezzata.
«Ma sì perché alla fine, anche questa mania della seduzione, questo narcisismo esasperato è malsano. Sui social è diventato un linguaggio estetico: una ragazzina non si rende più conto; per lei postare una foto del suo culo è solo aderire a un linguaggio mediatico e sociale, non sa neanche dirti perché lo ha fatto. Ok, la donna è libera di usare il suo corpo come vuole e tutto il resto, ovviamente, ma a 14 anni non sei consapevole. Non stiamo parlando di una Pussy Riot che va a manifestare in piazza. Semplicemente a 14 anni stai tramandano un linguaggio usato da influencer, attrici e modelle e pensi che a una cosa corrispondano dei like. A un certo punto mi sono messa a riflettere su questo meccanismo di gratificazione malato, da slot machine».
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«So di aver passato dei periodi della mia vita in cui ero schiava di questa mentalità, pur inconsapevole, perché subdola. Ma ora mi sono detta: perché postare certe foto? Solo perché otterranno tanti like? Ma poi io che nella mia vita sono stata un super maschiaccio che ha portato i capelli rasati per tutta l’adolescenza... perché devo ritrovarmi a fare certe cose ora? Non posso cambiare il mondo ma posso fare qualcosa, quindi non voglio aderire a questo mondo patinato e se un tempo l’ho fatto me ne pento».
Tra poche settimane sarà su uno dei palchi più glamour e patinati del nostro spettacolo, Sanremo. Con o senza fondotinta?
«Se dovessi propormi in linea con la mia adolescenza dovrei presentarmi a piedi scalzi, visto che giravo così. Ma ho già fatto il saltimbanco, quelle scale le vorrei fare da principessa e vivermi quella magia senza pensare di tradire chi sono. Quanto al fondotinta, penso che lì lo metterò per forza, non so se mi faranno stare senza... si vedrà. Ma per quel giorno la mia pelle sarà già molto migliorata».
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Sarà anche protagonista su Rai1 della imponente serie «Leonardo, in cui interpreta una donna che pare somigliarle parecchio», Caterina da Cremona.
«È così. È una donna che conosci in un modo poi diventa altro e quindi cambia di nuovo. Sembra che improvvisamente la vita le dia delle opportunità: lei le coglie con questa energia da lottatrice che nasconde la sua fragilità. Mi ci rivedo ».
Ma, alla fine, si è comprata una Stratocaster o suona ancora la chitarra della Lidl?
«Alla fine ho preferito comprarmi una Martin, una chitarra bella importante, evviva, scialla».
CARTA D’IDENTITÀ
La vita — Matilda De Angelis è nata a Bologna l’11 settembre 1995. Mentre frequenta il Liceo scientifico, studia chitarra e violino, comincia a comporre canzoni e, a 16 anni, entra nel gruppo musicale bolognese Rumba de Bodas, con cui incide l’album Karnaval Fou nel 2014
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Il cinema — Quello stesso anno viene scritturata dal regista Matteo Rovere per il film Veloce come il vento, accanto a Stefano Accorsi ricevendo una candidatura al David di Donatello e al Taormina Festival il premio come migliore rivelazione.
Poi arriva la serie tv Tutto può succedere, il ruolo da protagonista in Youtopia di Berardo Carboni, Una vita spericolata di Marco Ponti, L’incredibile storia dell’isola delle rose di Sydney Sibilla
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