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Francesca Del Vecchio e Francesco Moscatelli per la Stampa - Estratti
roberto calderoli - foto lapresse
«Faremo tesoro dei rilievi della sentenza, poi le opposizioni tacciano per sempre». È la frase dello scandalo. Quella che ieri ha innescato l'ennesimo, durissimo, scontro sul tema dell'Autonomia differenziata. E che nella sua crudezza dimostra, in controluce, quanto il passaggio sia delicato per gli equilibri e persino per la tenuta stessa della maggioranza. L'autore è anche il firmatario della legge, parzialmente rigettata dalla Corte Costituzionale, il ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli.
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Poi la frase che non è piaciuta a sinistra: «Le opposizioni tacciano». Passa poco più di mezz'ora - la segretaria sta lasciando Milano per recarsi in Emilia-Romagna - e la sua risposta arriva con una nota stampa inequivocabile: «Il governo non può dire all'opposizione cosa fare».
La segretaria definisce «gravi e inaccettabili» le frasi di Calderoli attaccando ancora «l'insostenibile clima di repressione del dissenso». Le fa eco il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia che chiede alla premier Giorgia Meloni di «prendere le distanze» dalle dichiarazioni del suo ministro. Mentre Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera definisce l'atteggiamento di Calderoli «l'ennesima porcata».
«Non ci zittiranno, si rassegnino», è il messaggio che arriva dal quartier generale del M5s.
Calderoli prova a tenere il punto anche rispetto all'esito che la sentenza avrà sul referendum. Pure il guardasigilli Carlo Nordio dà per certo che «le motivazioni della sentenza elimineranno il referendum». L'opposizione, però, nella «crisi di nervi» del ministro leghista, vede in soprattutto una crepa nella maggioranza.
roberto calderoli - foto lapresse
Non a caso la capogruppo dem in Commissione Affari costituzionali a Montecitorio Simona Bonafè si spinge a evocare il Papeete di Matteo Salvini che nel 2019 portò alla caduta del governo giallo-verde. L'accordo-scambio autonomia-premierato fra la Lega e Fratelli d'Italia, infatti, è uno degli architravi del centrodestra. Così centrale da riemergere in tutti i passaggi delicati.
Nel maggio scorso, ad esempio, in piena campagna per le Europee, le due riforme vennero approvate a distanza ravvicinata. Quasi una prova di fiducia reciproca nel momento di massima tensione elettorale.
In attesa delle motivazioni della Corte costituzionale, invece, le due riforme tornano a essere impugnate come clave. Venerdì, subito dopo la sentenza, il segretario della Lega Matteo Salvini ha ricordato alla premier Giorgia Meloni che se cade l'autonomia «si ferma anche il premierato».
Ieri, invece, si è riaperta la frattura con Forza Italia, da sempre l'azionista di governo più scettico sulla riforma. Gli azzurri hanno convocato per venerdì il loro osservatorio sull'autonomia. Formalmente una riunione «per valutare le iniziative parlamentari da intraprendere dopo la sentenza». Politicamente parlando, però, si tratta di due dita negli occhi di Salvini.
ROBERTO CALDEROLI MATTEO SALVINI
L'autonomia, infatti, per la Lega è cruciale. Di più: è l'ultimo vero collante che tiene insieme il partito in franchising salviniano, frammentato fra il pragmatismo dei governatori del Nord, il Salvini ministro delle Infrastrutture sovranista che sogna il ponte sullo Stretto e le fughe a destra dell'eurodeputato Roberto Vannacci. Il governatore del Veneto Luca Zaia ci ha appena scritto un libro-manifesto ed è chiaro che, se la riforma dovesse finire su un binario morto, la già perigliosa strada dei congressi per Salvini potrebbe complicarsi ulteriormente.
Per ora via Bellerio fa melina.
Quello lombardo, atteso entro fine anno, non è ancora stato convocato. Idem quello federale, atteso per i primi mesi del 2025.
TRAVAGLIO
marco travaglio a otto e mezzo
“Non credo che in questo momento stiano piangendo Meloni e Tajani. Sta piangendo Salvini e più di lui Zaia e Fontana, che sono i veri fissati dell’autonomia differenziata. Salvini ha sempre inseguito il sogno di una Lega nazionale, quindi è uscito dall’ambito del vernacolo padano lombardo-veneto”. Così a Otto e mezzo (La7) il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio commenta la decisione della Corte Costituzionale che ha bocciato parzialmente la riforma dell’autonomia differenziata , accogliendo i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania e smontando alcuni capisaldi della legge Calderoli.
matteo salvini roberto calderoli
Travaglio ricorda che l’equilibrio delle tre forze politiche della maggioranza si regge su un accordo incentrato su 3 riforme costituzionali, “detestate ciascuna dagli altri due partiti”: la separazione delle carriere voluta da Forza Italia, il premierato rivendicato da Fratelli d’Italia e l’autonomia differenziata totem della Lega.
E spiega: “La Consulta ha sbaraccato i Lep, osservando che non possono essere calcolati così, che non può essere il governo a decidere ma il Parlamento, che bisogna garantire la sussidiarietà, cioè l’equilibrio fra le regioni. Dice addirittura che le norme fiscali che hanno previsto favoriscono le regioni inefficienti, perché queste incassano i soldi dallo Stato e se non riescono a garantire i servizi relativi, ormai i soldi li hanno presi. Ma soprattutto – continua – per il momento resta in piedi il referendum abrogativo totale. Da tutti i sondaggi sappiamo che la gran parte degli italiani, non solo al Sud ma anche al Nord, è scettica sull’idea di trasformare una nazione, che già ha dei problemi a restare unita, in un’accozzaglia di repubblichette. Abbiamo già visto col covid il disastro che succede quando si polverizza la sanità in sistemi diversi. Questa legge parodizza quel modello”.
marco travaglio lilli gruber otto e mezzo
Il direttore del Fatto, infine, puntualizza: “È vero che questo è un governo di somari: scrivono le leggi coi piedi e poi se la prendono coi giudici perché non le applicano. Ma non si possono applicare leggi scritte coi piedi, visto che confliggono con la Costituzione, col diritto europeo, eccetera. Però guardate che la faccenda dei Lep, che è stata devastata dalla Consulta, portava la firma del professor celebratissimo Sabino Cassese – conclude – Lui si è prestato a questa operazione dell’autonomia differenziata, che oggi la sua Corte Costituzionale, di cui è un giudice emerito, ha raso al suolo. Lo dico perché spesso ci sono dei personaggi che passano per dei giganti del diritto così, a prescindere dalle cose che dicono e che fanno. Oggi ne abbiamo avuto un esempio in Italia”.
CALDEROLI
sergio mattarella roberto calderoli
MarcoTravaglio per il Fatto Quotidiano - Estratti
Siccome la Consulta ha ritenuto incostituzionali ben 7 norme della sua legge sull’Autonomia differenziata, svuotandola da cima a fondo e lasciandone in vita solo il titolo, Roberto Calderoli si è congratulato con se stesso per lo strepitoso successo: “È un passaggio storico, non l’hanno rigettata, hanno confermato la costituzionalità della legge”.
Anche Luca Zaia si è subito complimentato: “Autonomia confermata dalla Corte, riforma in linea con la Carta”. Un trionfo.
Escludendo che un ministro e un presidente di regione non abbiano capito la sentenza, peraltro riassunta in parole semplici da un comunicato, tanto sollievo si può spiegare in un solo modo: Calderoli si conosce e i suoi lo conoscono così bene da esultare per il sol fatto che qualche virgola del suo capolavoro è scampata alla mannaia.
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marco travaglio a otto e mezzo 2
Lo statista bergamasco è un geniale inventore, una via di mezzo fra Archimede Pitagorico ed Elon Musk, rimasto purtroppo finora incompreso. Negli anni 90 inventò il tallero padano “calderolo”, che doveva sostituire la lira e poi l’euro: purtroppo non funzionò. Allora si spremette le meningi e inventò la legge elettorale del centrodestra, varata alla vigilia delle elezioni del 2006 per non farle vincere al centrosinistra, che poi le vinse proprio grazie a quella (col Mattarellum avrebbe perso).
Lui allora la definì “una porcata” e da quel momento fu per tutti il “Porcellum”: fino al 2013, quando la Consulta la dichiarò incostituzionale. Ora, siccome Calderoli è una garanzia, gli han fatto scrivere l’Autonomia, a quattro mani con quell’altro genio di Cassese. Risultato: 7 profili di incostituzionalità in una sola legge. E tutti saltellano perché poteva andare peggio. Potevano bocciargli pure la punteggiatura.
marco travaglio a otto e mezzosabino cassese foto di bacco (1)matteo salvini e roberto calderoli a pontida roberto calderoli sul palco di pontida foto lapresse
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