Giovanni Pons per “Affari & Finanza - la Repubblica”
URBANO CAIRO CON CORRIERE DELLA SERA
Esattamente 31 anni fa un outsider di nome Francesco Micheli, svezzato dall' agente di cambio Aldo Ravelli, scalava la Bi-Invest, cuore della finanza italiana, costringendo alla resa Carlo Bonomi, figlio della sciura dei danée (Anna Bonomi Bolchini) e Mediobanca. Fu il primo segnale che il sistema di relazioni costruito negli anni dal grande tessitore Enrico Cuccia non era invulnerabile.
Oggi la storia sembra ripetersi, con l' editore di riviste popolari inviso all' establishment Urbano Cairo che è riuscito a sconfiggere gli ultimi residuati del salotto Rcs, difeso fino all' ultima azione da Andrea Bonomi, figlio di Carlo e nipote di Anna. Andrea Bonomi, operatore di successo nel private equity, per l' occasione si è alleato con Mediobanca, Pirelli, UnipolSai e Diego Della Valle, uno che i salotti li aveva denunciati e contribuito concretamente a scardinare.
anna_bonomi_bolchini
Le analogie tra le due operazioni a distanza di un trentennio sono molte anche se le modalità sono molto diverse: rastrellamenti in Borsa schermati da società e banche svizzere per la prima, due Opa concorrenti sul mercato per la seconda, con i gestori dei fondi che preferiscono il progetto industriale di Cairo che se andasse in porto permetterebbe di recuperare almeno in parte i soldi persi negli ultimi anni.
Infatti, al di là degli strascichi legali della partita, è un fatto incontrovertibile che al netto delle quote già possedute da entrambi gli schieramenti, l' Opas di Cairo ha ricevuto dal mercato il 31,8% delle azioni Rcs mentre Bonomi e Mediobanca con l' Opa tutta in cash hanno raccolto solo il 12,9%.
Si tratta ora di capire se la scalata alla Rcs da parte di Cairo è stata solo una spettacolare operazione di mercato oppure se, come fu per la Bi-Invest, può essere catalogata tra quei momenti importanti di mutamento strutturale del sistema.
cuccia
Va subito detto che la ragnatela di partecipazioni che Cuccia aveva nel tempo costruito intorno a Mediobanca è stata in gran parte smantellata negli ultimi tre anni per opera di Alberto Nagel, il suo amministratore delegato, e di Mario Greco che da numero uno delle Generali ha disdetto ben 21 patti di sindacato. Poi però è arrivata la crisi di rigetto.
Gli azionisti prevalenti di Generali, cioè la stessa Mediobanca e De Agostini hanno fatto in modo che Greco lasciasse la sua poltrona per approdare alla svizzera Zurich. E su Rcs, orfana della Fiat, nonostante gli annunci che davano Mediobanca in fase di progressiva uscita, sono stati chiamati a raccolta Tronchetti Provera, Della Valle e Bonomi in un tortuoso tentativo di difesa dell' esistente, per evitare che la casa editrice del Corriere della Sera finisse nelle mani di un imprenditore dal tratto berlusconiano e considerato non all' altezza della situazione.
La difesa, organizzata anche attraverso la riedizione di un patto di sindacato tra i soci, è fallita e ora bisogna fare i conti con il dopo. Che è particolarmente amaro per Nagel e Mediobanca poiché vincitrice della partita Rcs è risultata Intesa Sanpaolo, schierata fin dall' inizio al fianco di Cairo e in futuro piccola azionista ma grande creditore del gruppo di via Solferino.
andrea bonomi
Ma da qui ad affermare, come qualcuno dei perdenti sta facendo notare, che all' ultima versione del salottino Mediobanca si stia sostituendo un altro sistema di relazioni altrettanto fitto e ramificato come quello che fa capo alla prima banca del paese, il passo sembra troppo lungo.
«Non si fa l' editore per motivi di potere - spiega Giuseppe Vita, presidente di Unicredit - se Cairo avesse preso il Corriere per esercitare un potere, avrebbe sbagliato. Cairo sa che deve guadagnare soldi facendo l' editore, anzi l' errore finora è stato proprio questo: gestire l' azienda per esercitare influenza sull' economia e la politica italiane.
Oggi quel potere è quasi scomparso, in gran parte passato al mondo di internet. Meglio lasciar perdere i salotti buoni, che sono finiti da tanto tempo: anche se qualcuno pensa ancora di farne parte, è un' illusione». Chi indirizza l' indice verso il salotto di Banca Intesa ha chiaramente in mente Giovanni Bazoli, l' uomo che ha creato il gruppo bancario più grande d' Italia e che teorizza senza vergognarsi che le relazioni nella finanza contano eccome, e sono le buone relazioni che rendono il capitalismo virtuoso o ingiusto.
DELLA VALLE
Bazoli è sempre stato considerato il nume tutelare della Rcs avendola salvata dal fallimento ai tempi del Banco Ambrosiano e avendo ricevuto dall' Avvocato Agnelli l' investitura a conservarne l' indipendenza. Infatti non è un mistero che Bazoli abbia sofferto in silenzio la marginalità a cui Della Valle e Nagel lo hanno costretto negli ultimi due anni.
Ma ora grazie alla vittoria di Cairo, Bazoli è uscito dall' angolo, ritagliandosi un ruolo futuro di garante e profondo conoscitore degli equilibri in Rcs. Anche perchè la sua stagione in Banca Intesa volge al tramonto, essendo le leve operative salde nelle mani di manager capaci come Carlo Messina molto concentrato sul business e particolarmente refrattario al capitalismo di relazione - e la rappresentanza consegnata all'oratoria di Gian Maria Gros Pietro.
GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE
Ma se è vero che la contrapposizione tra finanza laica (Mediobanca) e finanza cattolica (Intesa) non è più di attualità, è anche vero che il mondo Intesa sta spingendo sempre di più nell'angolo la galassia Mediobanca. Lo si è percepito anche nella partita per la formazione del fondo Atlante, nato per soccorrere le banche in difficoltà.
In un paio di riunioni preliminari sono emerse chiaramente le diverse anime e visioni del banchiere d' affari (Nagel) e del banchiere retail (Messina). Il primo vedeva come un pericolo enorme partecipare a un veicolo che si prefiggeva di acquistare le sofferenze del sistema bancario a un prezzo vicino al valore di carico in bilancio. Il secondo riteneva indispensabile proprio questa modalità, poiché avrebbe permesso alle banche di non registrare sui propri libri minusvalenze importanti e allo stesso tempo non si faceva un favore ai fondi avvoltoio e al mercato che valutano le sofferenze italiane a 20 centesimi invece che 40.
LIGRESTI DE BENEDETTI AGNELLI CUCCIAqq
Non è un caso, quindi, che Mediobanca sia stata l' unica tra le grandi banche a non partecipare ad Atlante, lasciato veleggiare sotto le insegne del mondo Intesa - l' unica grande banca veramente solida del paese - con Giuseppe Guzzetti, l' uomo delle fondazioni, a fare da raccordo con la Cdp e a raccogliere gli eventuali benefici economici visto che la gestione è stata affidata a una Sgr dell' orbita Cariplo.
La Mediobanca di Nagel, in pratica, non esiste più come istituzione, è diventata una normale banca d' affari che fa soldi con i consorzi per gli aumenti di capitale, con il credito al consumo e la banca leggera (Che Banca!) ma è sempre più ai margini delle partite di sistema.
alberto nagel carlo messina
E tutto ciò può anche essere considerato un fiore all' occhiello, soprattutto da parte della finanza internazionale. Si potrebbe dire, a distanza di 16 anni dalla sua scomparsa, che la Mediobanca di Cuccia è stata sconfitta dalla globalizzazione, poiché la crisi dei mercati ha imposto la vendita delle partecipazioni che assorbivano capitale e portavano perdite.
Nagel ha incarnato questo passaggio epocale, dismettendo il ricco portafoglio nutrito di clienti a cui applicare commissioni, ha messo in sicurezza il suo bilancio scaricando Ligresti e affidando il gioiello amato da Cuccia, la Fonsai, nelle mani della Unipol di Carlo Cimbri, ha potenziato gli affari su Londra per rendere più internazionale la banca, ha perso il controllo di Impregilo dell' affiliato Gavio e con l' andare del tempo, inevitabilmente, la perdita di peso in Italia è diventata sempre più evidente.
mario greco
E a poco è valsa la strategia di cercare di mantenere il potere attraverso un controllo sugli uomini posizionati in alcuni gangli importanti. La cartina di tornasole è la storia degli ultimi dieci anni di Telecom, dove la cogestione Mediobanca- Intesa-Generali si è rivelata particolarmente deleteria per l' azienda e per il paese.
Prima l' accordo con Telefonica, che ha tenuto l' azienda zavorrata per sei anni, poi l' uscita scaturita solo dall' iniziativa di Mario Greco che negoziò l' accordo con Alierta e poi lo propose a Bazoli e a Nagel, quindi un cda targato Mediobanca che con il rilancio sulla brasiliana Gvt ha spianato la strada all' ingresso in forze dei francesi di Vincent Bollorè. Infine, l' indicazione di Flavio Cattaneo alla guida, un manager gradito sia a piazzetta Cuccia che a Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore in ascesa nel milieu finanziario grazie alle sue partecipazioni in Generali e Unicredit.
FLAVIO CATTANEO
Tuttavia, nessuno dei protagonisti citati sinora sta mostrando di avere la stoffa per prendere il sopravvento sull' altro, anche perchè «il grosso problema del paese è lo scarso spessore e preparazione della sua classe dirigente, che accentua le difficoltà che attraversano l' economia dal punto di vista macro», spiega un banchiere che preferisce restare dietro le quinte.
Il nuovo Cuccia non è quindi mai emerso, ma non è detto che sia un male. Il successore di Mario Greco, Philippe Donnet, dovrà governare le Generali in condominio con Alberto Minali, a cui sono state assegnate deleghe importanti. E sorge il dubbio che l' obbiettivo dei grandi azionisti fosse proprio quello: togliere di mezzo l' uomo solo al potere, Greco, che stava diventando ingovernabile, per dividere quel potere fra i tre o quattro azionisti che contano, Mediobanca, De Agostini, Caltagirone.
philippe donnet
Dunque non ci si può stupire che in questo livellamento verso il basso dei protagonisti della finanza nostrana la scuola francese, che ha alle spalle una solida tradizione di classe dirigente pubblica (Ena) e privata, stia andando a colmare le carenze italiane.
jean pierre mustier
Bolloré dopo Telecom ha messo le basi per conquistare anche Mediaset tra qualche anno, e dopo Donnet alle Generali è arrivato Jean Pierre Mustier all' Unicredit, chiamato a risollevare le sorti di una banca che non ha saputo gestire l' eredità di Alessandro Profumo. Mustier ha fama di essere uomo deciso e sensibile alle logiche anglosassoni, ma ha anche in mano le chiavi della galassia attraverso le partecipazioni in Mediobanca e, a cascata, in Generali.
GAETANO MICCICHE DG INTESA S PAOLO
Potrebbe decidere di inglobare Piazzetta Cuccia sposando il modello di business di Intesa-Banca Imi, che negli ultimi anni ha prodotto molti benefici sotto la guida di Gaetano Miccichè, l'uomo che ha portato Cairo al cospetto di Bazoli.
BIASI PALENZONA
Si vedrà se le sue decisioni saranno prese in autonomia e se, nella tradizione italiota, dovrà fare i conti con i suoi grandi elettori, i fondatori Fabrizio Palenzona e Paolo Biasi, molto più attenti alle logiche di potere che a quelle dei mercati anglosassoni. E solo allora si potrà affermare con cognizione di causa se il cambio della guardia in Rcs sia stato un passaggio strutturale per la finanza italiana.