Marco Bresolin per “la Stampa”
Si fa presto a dire Recovery Fund. Un po' più complicato è tradurre l' accordo politico raggiunto a luglio dai 27 leader nei relativi testi giuridici, passaggio indispensabile per poi consentire alla Commissione di emettere obbligazioni e trasferire le risorse alle capitali.
CONTE E RUTTE
In questi giorni stanno riemergendo le vecchie tensioni e i soliti disaccordi. E così ieri l' ambasciatore tedesco presso l' Ue ha avvertito che un ritardo sarà «molto probabilmente inevitabile». Per questo l' Italia lavora alle contromosse con un' offensiva che punta a snellire l' iter burocratico del "Next Generation EU". Con la nota di aggiornamento al Def da approvare e la legge di Bilancio da scrivere, Roma non può permettersi uno slittamento dei pagamenti.
Lasciata alle spalle la pausa estiva, è ricominciata la battaglia tra i governi sul dossier che a luglio aveva visto i leader Ue impegnati in cinque giornate consecutive di negoziati. Tra i protagonisti del contenzioso ci sono certamente Polonia e Ungheria, che respingono le condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto. Ma nelle ultime ore si registrano grandi «movimenti sospetti» dei Frugali (Paesi Bassi e Finlandia in primis), partiti di nuovo all' attacco per sabotare il maxi-piano da 750 miliardi con un obiettivo chiaro: giocare al rinvio.
Per il governo italiano, in questo partita il tempo è veramente denaro. E così è iniziato un pressing diplomatico a Bruxelles per cercare di rendere più veloce l' esborso dei fondi. Il terreno di gioco è il regolamento che definisce il processo di governance del "Next Generation Eu", con Roma che vuole snellire la procedura prevista per il monitoraggio delle spese (necessaria per approvare il pagamento delle rate). Ma il tentativo si è subito scontrato, guarda caso, con le resistenze dei Frugali. Una soluzione definitiva su questo punto ancora non c' è e spetterà ai ministri delle Finanze sbrogliare la matassa durante la riunione dell' Ecofin prevista per martedì 6 ottobre.
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L' intesa di luglio aveva stabilito che ogni piano nazionale dovrà essere approvato dalla Commissione (entro otto settimane) e dal Consiglio (entro quattro settimane).
Ma non solo: il testo del Recovery prevede anche ulteriori valutazioni per autorizzare tutti i successivi pagamenti.
Il via libera spetta alla Commissione che «deve chiedere il parere del comitato economico-finanziario (formato dai governi, ndr)». Su questo punto è in corso un tira e molla tra l' Italia (sostenuta dagli altri Paesi del Sud) e l' Olanda. I mediterranei, per accelerare i tempi, vogliono che la valutazione della Commissione e quella del comitato economico-finanziario procedano in contemporanea. E che quella di quest' ultimo sia "non vincolante". L' Aja si oppone e preme per una valutazione consequenziale: prima si esprime la Commissione, ma poi i governi devono dare l' ok.
SEBASTIAN KURZ CON LA MASCHERINA
Al tavolo con i colleghi europei, Roberto Gualtieri troverà anche un' altra grana. L' Italia vuole eliminare dal regolamento della "Recovery and Resilience Facility" qualsiasi riferimento alle raccomandazioni relative agli aggiustamenti di bilancio e alle procedure per squilibri macroeconomici.
Per gli olandesi e gli austriaci non se ne parla: il riferimento ai conti in ordine deve esserci, sostengono, a maggior ragione ora che il Patto di Stabilità e crescita è sospeso.
Ieri la presidenza tedesca ha incassato il mandato negoziale per portare al tavolo con il Parlamento europeo la sua proposta di compromesso sullo Stato di diritto. Berlino ha ottenuto la maggioranza qualificata, ma ben nove Paesi si sono schierati contro: Ungheria e Polonia da un lato, Austria, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Finlandia, Belgio e Lussemburgo dall' altro, con motivazioni opposte.
RUTTE KURZ MERKEL
I negoziati con l' Europarlamento (che chiede anche di incrementare le risorse del bilancio) non saranno affatto semplici, ma fonti diplomatiche spiegano che il vero problema è interno al Consiglio. Perché è vero che per il mandato negoziale bastava la maggioranza qualificata, ma poi tutti i Paesi dovranno essere d' accordo per far partire il lungo iter delle ratifiche nazionali. Ne basta uno per bloccare tutto.