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    L’ITALIA DELLA MALAGIUSTIZIA - I GENITORI DEL PICCOLO ANGELO, INVESTITO E UCCISO DA UN’AUTO NEL 1984 IN PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, HANNO DOVUTO ASPETTARE 34 ANNI PER AVERE UN (MINI) INDENNIZZO– NEL 1985 VIENE APERTO UN PROCEDIMENTO CIVILE PER IL RISARCIMENTO. LA PRIMA SENTENZA ARRIVA DOPO 11 ANNI, MA VIENE DICHIARATA NULLA DALLA CORTE D’APPELLO E SI RICOMINCIA DAL PRIMO GRADO. IL PADRE DEL BAMBINO MUORE NEL 2008 E SOLO DIECI ANNI PIÙ TARDI VERRÀ LIQUIDATA UNA SOMMA IRRISORIA...


     
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    L. D. P. per “la Verità”

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    Ben 34 anni per avere giustizia del figlio ucciso da un'auto pirata. E alla fine è arrivato un risarcimento ridicolo, quasi offensivo, di poche migliaia euro. È questo un dramma che l'Associazione italiana vittime di malagiustizia (Aivm) ha seguito e reso pubblico sul suo sito Internet per denunciare «la lunghezza infinita dei processi nel nostro Paese». Ecco che cosa è accaduto, secondo la ricostruzione dell'Aivm.

     

    È il 4 maggio 1984 e il piccolo Angelo gioca sul marciapiede vicino a casa, che si trova lungo la strada provinciale Taurianova-Rosarno (Reggio Calabria), un tratto piuttosto trafficato. All'improvviso sbuca un'autovettura che, viaggiando a una velocità superiore ai limiti consentiti, travolge il piccolo scaraventandolo a 10 metri di distanza e uccidendolo. Viene avviato un processo penale, ma l'automobilista è assolto perché «il fatto non costituisce reato»: all'epoca non c'era l'omicidio stradale.

     

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    Nell'ottobre 1985 s' inizia un procedimento civile per ottenere il risarcimento dei danni. Passano 11 anni per la prima sentenza, che arriva nel 1996 e stabilisce un indennizzo di 80 milioni di lire. Ma la sentenza, contro la quale il conducente dell'auto aveva presentato ricorso, viene dichiarata nulla dalla Corte d'appello nel 1997, e così gli atti vengono rimessi a un giudizio di primo grado.Comincia una maratona infinita di udienze: la prima nel 2002, poi nel 2007, 2008 e nel 2015. Nel 2015 e nel 2016 si hanno ulteriori rinvii, fino ad arrivare al 2018.

     

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     Intanto il padre del piccolo Angelo non riesce a sopportare lo strazio dell'iter giudiziario e nel 2008 muore sopraffatto dal dolore. Nel 2010 la famiglia del bambino si rivolge alla Corte d'appello di Catanzaro per denunciare l'eccessiva durata del processo. Il tribunale riconosce «l'immotivato ritardo» e dispone per la madre un indennizzo di 13.000 euro e a ciascuno dei fratelli del piccolo 1.500 euro. Le somme, irrisorie, vengono liquidate con incredibile ritardo: 8 anni dopo, nel 2018. Dalla mattina della tragedia sono passati 34 anni.

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