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    BETTINI-RENZI: C’ERAVAMO TANTO AMATI – DALL’ENTENTE CORDIALE DEL 2013 AI TEMPI DELLA ROTTAMAZIONE ALLA ROTTURA SUL CONTE TER – MATTEUCCIO TRANCHANT: “GOFFREDO AVEVA UNA STRATEGIA COSÌ RAFFINATA DA ESSERE INESISTENTE” -  L'IRA DEL “NERO WOLF” DI ZINGA DOPO LA MEDIAZIONE FALLITA E LA DELUSIONE RIBADITA ANCHE NELLA SMENTITA AL FATTO CHE NON SMENTIVA IL “DISSENSO POLITICO MOLTO FORTE” CON RENZI - E L’EX ROTTAMATORE RIBATTEZZATO DA BETTINI "TIGRE DI CARTA" LO GRAFFIA PARLANDO DI “CORRENTE THAILANDESE DEL PD” – L’ANALISI BY RONCONE


     
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    Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

     

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    Lassù, Mario Draghi. Qui sotto si aspetta. Se mettete un po' di cronisti in circolo, ne viene fuori sicuro una chiacchiera perfida. Ha smesso di piovere. Tutti a bassa voce nel cortiletto di Montecitorio, quasi si sente il rumore sottile della fontana, però il sussurro è una roba ghiotta. Del tipo: Goffredo Bettini e Matteo Renzi non si parlano più. Vabbé (c'è sempre quello che la sa già). No, che vabbé: hanno rotto malissimo.

     

    Goffredo l'altro giorno ha smentito un colloquio con il Fatto , che in realtà conteneva la centesima parte di quello che dice agli amici su Renzi. Ma no? Ma sì. Renzi lo sa, e lo sfotte. Capito? Lo sfotte come fa Renzi, una cosa da farti saltare i nervi. Ha detto Bettini: «Con Renzi, dopo la crisi da lui provocata, ho un dissenso politico molto forte. Ma mai, sottolineo mai, mi lascio andare ad attacchi personali e a forme di odio politico».

    MATTEO RENZI GOFFREDO BETTINI MATTEO RENZI GOFFREDO BETTINI

     

    L'odio, no: certo. Però una delusione cupa, profonda, lacerante, invece sì. Senza incarico, senza essere stato eletto, ma ugualmente potentissimo e ascoltato suggeritore di tutto il Pd, lui è stato l'ultimo uomo politico ad aver dato concreta fiducia a Renzi.

     

    Lo stato maggiore dei democratici, quasi al completo, gli suggeriva di lasciar perdere: Matteo lo sappiamo com' è, sprechi e sprechiamo tempo, quello dice una cosa e ne pensa un'altra, alza sempre la posta, è poker, non è politica. Invece Bettini - forse ingannato da una formazione ferocemente politicista, dominata dalla logica novecentesca della lentezza dei processi, della strategia fatta di accordi e trame - ha creduto fino all'ultimo che Renzi - puro talento, velocità, spregiudicatezza - potesse essere un interlocutore affidabile.

     

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    Ora Renzi gli manda a dire: «Goffredo aveva una strategia così raffinata da essere inesistente». Eppure Goffredo, per lui, nutriva un antico debole. Bettini ha 68 anni, è figlio dell'avvocato Vittorio, nobile proprietario terriero marchigiano, e di Wilde, che in prime nozze aveva sposato diciassettenne il principe musulmano Xhemal Rexa, albanese e nipote del pascià.

     

    «Papà, quando ero bambino, mi faceva leggere Dostoevskij. Avrei preferito ascoltare qualche favola, invece sentivo parlare solo di politica»: coltissimo, una magnifica passione per il cinema, un'altra per la Thailandia - Renzi lo graffia parlando di «corrente thailandese del Pd» - comincia nel Pci, è segretario romano della Fgci, poi Pds, Ds e Pd; deputato, senatore, eurodeputato.

     

    Con una capacità riconosciuta da tutti: sa consigliare. «In realtà sono un po' come Nero Wolf, il detective che sta in casa a coltivare orchidee. E non sono esattamente uno che consiglia: ma uno che pensa. E pensando aiuto a risolvere». È questo (non la stazza) a renderlo talvolta ingombrante, e sempre molto ricercato. Infatti Renzi gongola, nel 2013, quando lo sente dire: «Il centrosinistra ha una sola vera carta da giocare: Matteo». «Mitico, Goffredone! Grazie». Un anno dopo, conferma: «Matteo ha avuto il merito di rimettere in moto la politica».

    goffredo bettini dopo tre ore di dibattito con renzi e d'alema goffredo bettini dopo tre ore di dibattito con renzi e d'alema

     

    Poi, nell'agosto del 2019, mentre Zingaretti e quasi tutto il Pd vorrebbero andare a votare, addirittura amplia la proposta di Renzi sull'accordo di emergenza Pd-M5S, aprendo i lavori per un «governo di legislatura». Quando, e siamo allo scorso autunno, il governo inizia a traballare, e l'ipotesi è quella di un rimpasto per dargli nuova energia, al Nazareno viene automatico pensare: con Matteo fate parlare il Monaco.

     

    Lo chiamano così, Bettini. Un po' per i suoi camicioni indossati fuori dai pantaloni, un po' per questo suo vivere frugale in case piccole, modeste (la penultima fu confusa da Cesare Romiti per una specie di ufficio: «Ci vediamo nel solito scantinato?». «Ma veramente, caro Cesare, in quello scantinato io ci abito»).

     

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    Adesso è in trenta metri quadrati al piano terra di una stradina privata che risale la collina di Monte Mario, solo penombra e libri preziosi, un letto, la tivù da poche settimane, una finestra con panorama sulle cupole di Roma, e lui in pantofole, il vezzo di un Campari ghiacciato ora che i provvedimenti anti-Covid gli impediscono di trasgredire a cena con la celebre regola del 2 (doppio antipasto, doppio primo, doppio secondo, doppio dolce): è qui che viene a trovarlo Matteo Renzi, per consegnargli la famosa lettera del 6 gennaio, contenente i 30 punti politici con cui Iv intende rilanciare il patto di governo. «Io sono solo un postino», si schernisce, convinto di aver ricucito. E invece.

     

    renzi zingaretti renzi zingaretti

    Renzi spariglia. Fa precipitare la crisi. E adesso, sul NYTimes , spiega con la nota modestia: «Draghi? Ho fatto tutto io, da solo. Con il mio partito, che è al 3%». Ma Bettini pensa già ad altro. C'è da decidere chi sarà il candidato sindaco di Roma. Voltare pagina, andare avanti. È il bello della politica (se non sei sfortunato e incroci Renzi).

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