Francesco Verderami per il Corriere dela Sera
RENZI MATTARELLA
Il destino della legislatura è nelle mani della Consulta, ma la sua durata non era legata alla sentenza sul Jobs act, dipenderà piuttosto dal verdetto sull' Italicum.
Non era ieri dunque il giorno del giudizio. Nemmeno se la Corte avesse dichiarato ammissibile il referendum sull' articolo 18, Renzi avrebbe potuto tentare la scorciatoia del voto anticipato: usare le urne in primavera per evitare il responso popolare sulla riforma del lavoro, sarebbe stato un segnale di grande debolezza.
E la campagna elettorale del leader democratico - accusato a quel punto di non difendere uno dei capisaldi della sua azione di governo - si sarebbe trasformata in una corsa ad handicap.
renzi al telefono
Che Renzi voglia andare al voto anticipato non c' è dubbio. Che il suo disegno dipenda in larga parte dalla Consulta lo si capisce da come il leader della Lega continui da giorni a chiedergli un «decreto» per varare subito un nuovo modello elettorale e uscire così dalle secche del Parlamento.
Un' opzione che sembrerebbe preclusa, dato che il governo Gentiloni - per espressa indicazione del capo dello Stato - si è tirato fuori dal gioco. Non è chiaro se sia stato questo il punto di attrito nelle scorse settimane tra il segretario del Pd e il premier, è certo che Salvini ha detto a Renzi ciò che lo stesso Renzi teme: «La Corte scriverà una sentenza con la quale allungherà il brodo, per impedire il voto anticipato».
RENZI LOTTI BARALDI
È una previsione che accomuna molti esponenti del governo e dell' opposizione, l' idea cioè che i giudici si stiano orientando verso una sentenza per metà «autoapplicativa» e per metà «di indirizzo», imponendo così alle Camere un lavoro che non potrebbe esaurirsi in poche settimane. È l' incubo di Renzi, ed è il sogno di Berlusconi, secondo cui il leader democrat ha «molti problemi» nel suo partito e per queste ragioni non riuscirà a fare il «colpo di mano che ha in mente». Per una volta il Cavaliere la pensa come Salvini, curioso di vedere «chi vincerà nel Pd».
È vero che potrebbe bastare anche un mese al Parlamento per recepire la sentenza della Consulta, ma al momento non c' è un accordo politico bipartisan che garantisca una simile prospettiva. Anche perché i giochi inizieranno solo dopo che la Corte avrà reso pubbliche le motivazioni del verdetto, quindi a febbraio.
RENZI MANI IN TESTA
Nell' attesa il leader di Forza Italia dice che «non c' è fretta». Ma è una tattica che alla lunga potrebbe rivelarsi controproducente, e che Renzi potrebbe usare a proprio vantaggio: dinnanzi a un procedere disordinato e senza meta, il segretario del Pd potrebbe infatti denunciare davanti al Paese l' immobilismo delle Camere e provare a forzare la mano, superando le obiezioni del Colle.
Perciò nel «partito del non voto» si sta discutendo se sia opportuno chiedere l' immediata calendarizzazione della legge elettorale in Parlamento, fissando un cronoprogramma credibile che renda scarica quell' arma: se le Camere si mostrassero operative, Renzi non potrebbe additare gli avversari di fare melina.
Corte costituzionale
Alla Consulta è affidato il destino della legislatura e quello del leader democratico, che se non riuscisse ad anticipare il voto dovrebbe cambiare radicalmente strategia.
Intanto perché il suo mandato nel Pd scade a novembre, e dunque gli sarebbe imposto di passare da un congresso nel partito prima di potersi ricandidare a Palazzo Chigi, costretto a quel punto a un nuovo e complicato accordo con le correnti interne, che alzerebbero il prezzo sulle candidature alle elezioni.
CROZZA GENTILONI RENZIMAKER
Eppoi perché, con il voto a febbraio, il Pd dovrebbe appoggiare la legge di Stabilità, con quei «numeri della verità» che non sarebbero un buon viatico prima delle urne. Perciò per Renzi, Gentiloni non deve arrivare a giugno.