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    LA LOTTA PER LA PARITÀ DI GENERE FRUTTA PARECCHI SOLDI, SE SAI DOVE TROVARLI – STASERA L'INCHIESTA DI “REPORT” SULLA DEPUTATA DEM MICHELA DI BIASE, MOGLIE DI DARIO FRANCESCHINI, CHE DETIENE IL 25% DI “OBIETTIVO CINQUE”, AGENZIA CHE FA CONSULENZA SULLA PARITÀ DI GENERE ALLE IMPRESE – LA TESTIMONIANZA DI UNA MANAGER DELLA SOCIETÀ: “MICHELA HA AVUTO L’IDEA PERCHÉ SAPEVA CHE SAREBBE NATA DI LÌ A POCO UNA CERTIFICAZIONE DI PARITÀ. SIAMO STATI SICURAMENTE I PRIMI”. IN EFFETTI LA LEGGE SUL “BOLLINO ROSA" HA STANZIATO FONDI PER 50 MILIONI DI EURO PER IL 2022. E LA SOCIETÀ È NATA APPNEA 7 MESI PRIMA DELLA LEGGE…


     
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    Estratto dell’articolo di Fabio Amendaolara per “la Verità”

     

    michela di biase elly schlein 1 michela di biase elly schlein 1

    L’altra grande battaglia del Partito democratico sui diritti civili è la parità di genere. E anche su questo campo c’è chi ha saldato l’attività politica a quella commerciale. La deputata dem e apologeta dei diritti rosa, Michela Di Biase, moglie di Dario Franceschini ed ex consigliere regionale del Lazio. Proprio da consigliere regionale, su suo impulso, il Consiglio si dotò delle linee guida per l’uso del linguaggio di genere.

     

    Ora si scopre che detiene il 25% di Obiettivo cinque, agenzia che fa consulenza di genere alle imprese. Ma sembra essere molto più di una semplice socia di minoranza. Una testimonianza esclusiva raccolta da Report svela che l’idea di fondare la società è stata proprio sua, «perché sapeva», ritengono i cronisti del programma di Ranucci, «grazie alle sue entrature politiche e le informazioni privilegiate di cui dispone a palazzo, che il Parlamento avrebbe approvato una legge che avrebbe portato importanti finanziamenti pubblici sul tema (sono stati stanziati 50 milioni di euro per il 2022, ndr)».

     

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    Il bollino rosa offre, oltre a bonus fiscali, anche la decontribuzione sul costo del lavoro e vantaggi reputazionali. «Grandi e piccole aziende», valutano i giornalisti di Report, «fanno la corsa a questa certificazione, spesso ottenuta grazie all’aiuto di preziosi consulenti». E proprio con i contributi pubblici le aziende possono pagarsi il lavoro che serve per ottenere la certificazione. Comprese le consulenze.

     

    E qui si inserisce Obiettivo cinque, che si occupa di offrire consulenza di genere e che è guidata da un team tutto al femminile. Dietro di loro, però, anche se sul sito web della società non compare, c’è Michela Di Biase. Nel servizio di Report una donna col volto coperto e la voce alterata digitalmente viene presentata come una manager di Obiettivo cinque. E spiega: «Michela ha avuto l’idea perché sapeva che sarebbe nata di lì a poco una certificazione di parità. Siamo stati sicuramente i primi».

     

    dario franceschini michela di biase dario franceschini michela di biase

    La società nasce ad aprile, ovvero sette mesi prima della legge che regola la certificazione sulla parità di genere. Non solo. Ricostruiscono i cronisti di Report che «Obiettivo cinque avrebbe, poi, contribuito a modificare un altro decreto in Parlamento, scrivendo i contenuti di un emendamento per far rientrare la certificazione nel nuovo codice dei contratti pubblici». Un intervento normativo che ha avuto la conseguenza di far crescere il valore della certificazione. E, indirettamente, anche il giro d’affari per chi se ne occupa.

     

    «Mentre da deputata», sostiene Report, «interviene pubblicamente, firma emendamenti e partecipa a eventi sul tema, fuori dal Parlamento ha fatto di questa battaglia politica un business privato». Nel 2022 Obiettivo cinque, con clienti del calibro di Philipp Morris e Novartis, ha chiuso il bilancio con un fatturato da oltre 200.000 euro. E ora nel mirino c’è anche il Pnrr.

     

    michela di biase ricorda vivien buaron foto di bacco (2) michela di biase ricorda vivien buaron foto di bacco (2)

    Al fianco della Di Biase nell’avventura imprenditoriale c’è Elena Di Giovanni, già vicepresidente di Comin and partners, big player nel settore della comunicazione. La Di Giovanni, oltre ad aver lavorato anche per il ministero dei Beni culturali (Franceschini ne è stato ministro), insieme all’altro fondatore della società di comunicazione, Gianluca Comin, è stata nominata in una fondazione culturale proprio da Franceschini. [...]

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