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Antonio Riello per Dagospia
L’aria frizzante dell’Engadina sembra far bene all’Arte Contemporanea. Soprattutto ai mercanti e alle gallerie che in questa valle svizzera sembrano prosperare. Il fatto è che in zona si può contare su schiere di collezionisti attenti. L’Alta Engadina (quella parte che inizia al Maloja e finisce più o meno a Zuoz, il centro più importante è Sankt Moritz) concentra infatti un turismo elitario ed internazionale. E non solo caratterizzato da ottime possibilità economiche (questa non è certo una novità) ma che è diventato negli anni culturalmente piuttosto esigente.
Queste montagne non vengono più viste solamente come un luogo incantevole e remoto o una occasione godereccia ad alta quota. Nell’immaginario collettivo di un certo tipo sono ora percepite come uno scrigno prezioso che contiene valori ambientali fondamentali: semplicità (una parola la cui frequenza nel parlato è proporzionale alla condizione socio-culturale), frugalità e sostenibilità (si arriva magari con il jet privato ma poi sul posto solo bici e auto elettrica).
I paesaggi alpini e le loro architetture diventano insomma un archetipo di stile. La quotidianità ruvida ed essenziale del montanaro emerge come un modello di comportamento (almeno per il tempo speso a cazzeggiare in queste valli, Natale e parte dell'Estate) L’emblema che suggella e fortifica questi valori può essere solo uno: l’Arte Contemporanea.
La galleria Vito Schnabel (che ha sede anche a New York) fornisce in questi giorni un eclatante esempio di “MontagnArt": un concentrato bilanciato di suggestioni alpestri e etica tardo-moderna (con un immancabile spruzzo di atmosfere vagamente retrò). Sono esposti i dipinti di David McDermott e di Lola Montes. Intendiamoci: artisti americani di chiara fama e (per davvero) molto bravi.
I lavori in mostra sono notevoli e ben fatti. Ma in questo caso sono così aderenti alle aspettative di un certo pubblico da suonare quasi imbarazzanti. Risultano in qualche modo “furbi” e compiacenti (da sfiorare involontariamente forse perfino la ruffianeria). Danno, in sostanza, l’idea di complementi d’arredo montani di gran lusso eseguiti su commissione.
Talento, mestiere e "arraffa l'opportunità commerciale" sono strettamente legati come i capelli di una treccia (indistinguibili l'uno dall'altro). Le dinamiche del gusto sono comunque abbastanza esplicite e ben funzionano come perfetto case study per chi volesse indagare il fenomeno.
Diverso è il caso della sede engadinese di Hauser & Wirth. Chi arriva a Sankt Moritz in prossimità della galleria (situata proprio di fronte al lussuoso Badrutt’s Palace Hotel) rimane spiazzato. Sembra che la galleria non ci sia più (l'avranno chiusa? o se la sono presa quelli del Palace?) e ora al suo posto ci sia un bar. Un vero bar che funziona e serve caffè, bibite, panini e aperitivi. Fuori ci sono i tavolini con la gente seduta (rimane aperto fino alle 11 di sera).
Lo stile è quello dei bar urbani americani degli anni 80. Invece si tratta di una installazione, “ROTH BAR”, dell’artista e poeta tedesco Dieter Roth (1930-1998), realizzata in collaborazione con i suoi figli. Ma non è solo imitazione e stupefacente sostituzione. Un po' si ravvedono i finti pub dell'americano Richard Kienholz (1927-1994), ma quelli erano simulacri mummificati di bar. Questo è qualcosa di più: è vivo. E' arte relazionale e condivisione di cibo (non solo simbolica comunque).
Alcuni dettagli (i barattoli di colore sparsi qui e là ad esempio) insinuano sottilmente una possibile contaminazione artistica. Un equilibrio virtuoso tra Verità e Finzione. E infatti guardandosi intorno con attenzione si individuano alle pareti dei lavori di Annie Leibovitz e Paul McCarthy (con uno strepitoso "Ketchup Bottles" del 1991). Un'operazione assolutamente di grande qualità ed impatto.
Al piano superiore - che si raggiunge con un ascensore degno del castello reale di Balmoral - una ragguardevole, elegante e precisa mostra dell’artista brasiliana Anna Maria Maiolino (1942). La Maiolino (riscoperta al grande pubblico europeo di recente) nel 2024 ha ottenuto il Leone d’oro alla carriera dalla Biennale di Venezia. Morale: Hauser & Wirth si può permettere di fare quello che vuole anche in barba alle aspettative montanofile del pubblico. Ovunque il suo brand garantisce e sa essere più forte di qualsiasi genius loci.
A qualche kilometro a Nord-Est di Sankt Moritz c'è il villaggio di Madulain. Qui i cugini Gian Tumasch Appenzeller e Chasper Schmidlin nel 2014 hanno aperto in una grande e magnifica stalla uno spazio espositivo: Stalla Madulain. Oggi affiancata anche da uno spazio più piccolo, la Stalletta.
L'idea di base è esporre principalmente artisti locali o comunque (magari anche stranieri) attivi sulle Alpi Svizzere. Qua le suggestioni culturali d'altitudine funzionano perchè non sono legate ad una sorta di "maniera" ma sono invece il frutto di una identità abbastanza precisa.
Si respira effettivamente quella indefinibile "leggiadra severità" che aleggia su queste cime. Attualmente Stella e Stalletta Madulain ospitano un gruppo ampio ed eterogeneo di artisti: Laura Bott, Kazuyo Okushiba, Dominique Teufen, Olga Titus, Ursula Waldburger, Peter Knapp, Rolf Sachs, Costant Konz, Ester Vonplon. Robert Bosch. Ursula Waldburger produce apprezzati lavori che sono un brillante connubio di ricamo e pittura. Meglio, nel suo caso, probabilmente i lavori di grandi dimensione che quelli medio-piccoli.
I fiori di Dominique Teufen risaltano come una delicata versione mitteleuropea (al femminile e più acculturata) di quelli di Andy Warhol. I piccoli lavori di Rolf Sachs sono semplicemente magnifici. Tanto primari quanto complessi: piccole versioni poetiche di plastici geografici fatti di carta stropicciata. Grande resa con minima spesa: minimalismo alpestre D.O.C..
Viene stampata, a Sankt Moritz, una utile "Engadin Art Guide", dalla quale si vede con chiarezza che la colonizzazione artistica nei Grigioni si è sviluppata da alcuni anni anche verso la Bassa Engadina (affitti più bassi e luoghi più incontaminati). Recentemente la "longa manus" dell'Arte Contemporanea si sta ampliando pure lungo il versante Sud. In particolare in Val Bregaglia (luogo natio dei mitici fratelli Giacometti). E finisce per sfiorare addirittura il confine italiano. La "Sala Viaggiatori" di Castasegna rappresenta un intelligente progetto di Public Art.
La vecchia sala d'aspetto della stazione (da tempo in disuso, la dogana con l'Italia è a poche decine di metri) è diventata un luogo per installazioni temporanee di notevole qualità. Due mostre l'anno (a costi contenutissimi: gli svizzeri sanno fare i conti). In proporzione è assai più di quello che fa il Guggenheim di New York, considerando che Castasegna ha solo 191 abitanti.
NB Questo breve testo non ha usufruito di alcun ausilio da parte di programmi basati sull'Intelligenza Artificiale (AI)
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