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    L’ARTE DI SAPER INVESTIGARE – RIELLO ALLA SCOPERTA DI “FORENSIC ARCHITECTURE” AL LOUISIANA MUSEUM OF MODERN ART, NEL VILLAGGIO DI HUMLEBAEK, VICINO COPENHAGEN: “PER OGNI CASO INDAGATO COMPAIONO SCHERMI, TABELLE, MODELLINI, SCHIZZI, DIAGRAMMI, FOTO. SEMBRA DI ESSERE NELLA CLASSICA "SITUATION ROOM" DEI FILM AMERICANI. IL CONCETTO PRINCIPALE È BASATO SUL PARALLELISMO TRA LE RELAZIONI SPAZIALI E LA MEMORIA DEI TESTIMONI. LO STRUMENTO DECISIVO È IL RIFACIMENTO (PIÙ O MENO) VIRTUALE DEI…”


     
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    Antonio Riello per Dagospia

     

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    A circa 40 minuti di treno da Copenhagen, quasi dal nulla, spunta fuori uno dei musei di Arte più straordinari del Mondo: il Louisiana Museum of Modern Art. Siamo  nel villaggio di Humlebaek, vicino a Fredensborg, lungo la costa del Mar Baltico.  Ci si ritrova davanti ad una casa tradizionale danese (per niente imponente) dove c'è un modesto ingresso. Sembra di andare a salutare una vecchia zia che abita in campagna. Il massimo della sobrietà. Il nome semplicemente è legato al fatto che il precedente proprietario di questa casetta era stato sposato tre volte, sempre con delle signore che si chiamavano Louise.ù

     

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    Una volta dentro invece ci si trova all'improvviso in un qualcosa di estremamente raffinato ed importante. Una serie di edifici incastrati l'uno nell'altro compongono la struttura (dalla strada sono praticamente invisibili). A partire dal 1958, quando fu fondato da Knud W. Jensen, tre diversi architetti si sono succeduti, ognuno con il suo stile, nel dargli la forma che ha oggi. Ciò che affascina di più è la corrispondenza (quasi amorosa) tra l'esterno e l'interno. Ci sono dei punti in cui non si riesce bene a rendersi conto se ci si trova all'aperto o dentro il museo. La vista del mare (onnipresente) sembra alternativamente dilatarsi o rimpicciolire mano a mano che ci si sposta nelle sale. Equilibri instabili capaci di generare continuamente nuovi punti di vista. In estrema sintesi si è di fronte ad una singolare esperienza sinestesica dominata dall'acqua e dalla luce del Nord.

     

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    Il Museo, diretto attualmente da Poul Erik Tojner, ospita una serie di opere permanenti di Arte Contemporanea (notevolissime le parti dedicate a Yayoi Kusama, a Alberto Giacometti e a César Baldaccini) e una rilevante collezione di reperti Pre-Colombiani (la rinomata Collezione Wessel-Bagge). Iconica l'installazione/trampolino del duo Elmgreen & Dragset. Possiede anche un giardino di sculture di primordine con opere di Henry Moore, Alexander Calder e Jean Arp. Ad un certo punto ci si imbatte in una voluminosa ed efficientissima sala-concerto, illustre esempio di lusso-democratico di marca scandinava: tutto è ragionevolmente confortevole ma senza inutili eccessi.

     

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    Non possono ovviamente mancare le mostre temporanee. Una di queste, aperta fino alla fine di Ottobre, ha un nome irresistibile: FORENSIC ARCHITECTURE. I curatori responsabili del progetto sono Mette Marie Kallehauge e Kjeld Kjeldsen.

    Il museo ha ospitato spesso rassegne di Architettura (Jean Nouvel è quasi un ospite fisso al Louisiana) ma in questo caso specifico il termine Architettura è in realtà poco più che un elemento concettuale abbastanza astratto, decisamente distante dall'idea comune di una disciplina con lo scopo di ideare e costruire edifici.

     

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    Un gruppo internazionale di agguerriti curatori/artisti capeggiati da Eyal Weizman ha ideato  Forensic Architecture.  Lo scopo fondamentale è ricostruire, appunto con precisa perizia forense, dei fatti criminosi (o supposti tali) commessi da istituzioni di vario tipo (in particolare forze di polizia e militari) ai danni di singoli o comunità. I casi vengono analizzati in ogni possibile dettaglio attraverso i più sofisticati sistemi tecnologici disponibili: immagini a raggi infrarossi, foto aeree da drone o da satellite, registrazioni ambientali, prove sonore e ottiche, indagini chimiche e biomediche. Ma soprattutto attraverso le testimonianze raccolte sul campo e sulla rete: vengono esaminate tutte le fonti disponibili relative a foto, video, registrazioni raccolte dalle persone presenti ad un certo evento. Esattamente quello che, in gergo, viene chiamato un processo di crowdsourcing. E' una realtà in continuo sviluppo e questa del Louisiana è solo una delle tante tappe della sua evoluzione.

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    L'artista come soggetto capace di indagine forense. E' assolutamente in linea con le attitudini più attuali che vedono la pratica artistica sia come una forma di impegno/attivismo sociale che come una attività di esplorazione e ricerca ad ampio spettro. Se l'artista è esploratore, storico e archeologo, perchè non può essere anche detective?

    Per ogni caso indagato compaiono (ecco la parte visiva) schermi, tabelle, modellini, schizzi, diagrammi, foto. Sembra di essere nella classica "Situation Room" dei film americani. Il concetto principale è basato sul parallelismo tra le relazioni spaziali e la memoria dei testimoni. Lo strumento decisivo è il rifacimento (più o meno) virtuale dei luoghi/ambienti dove sono avvenuti i fatti. Ecco dove sta, in qualche modo, l'idea dell'Architettura. E a questo punto un piccolo esercito di periti inizia a lavorare per raccogliere prove processuali.

     

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    Una storia che ha radici lontane. Cicerone nel "De Oratore" racconta per la prima volta la vicenda del poeta Simonide di Ceo che,  per intercessione di Castore e Polluce, esce inaspettatamente da un banchetto dove era stato invitato proprio quando l'edificio crolla totalmente e i commensali vengono travolti, schiacciati e sfigurati dalle macerie. Al suo ritorno sarà proprio lui ricordando le rispettive posizioni nello spazio degli invitati  a dare loro finalmente un nome nel caos della distruzione. Le teorie mnemoniche che seguiranno nei secoli sono molto spesso  basate sullo spesso principio: la memoria come un campo di coordinate geografiche. Raimondo Lullo (1232-1316) inventò il cosiddetto "Teatro della Memoria" una specie di esercizio di  "interior design" dove tra cassetti, stipiti, ante e scalinate ogni ricordo aveva il proprio posto (e poteva quindi essere recuperato). Molti umanisti la pensavano in questo modo e lo stesso Giordano Bruno era tremendamente affascinato da questa cosa.

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    In fondo il progetto di Weizman è proprio una rilettura in chiave iper-tecnologica del "Teatro della Memoria" Rinascimentale: ritrovandosi (idealmente) sul luogo del delitto i testimoni avranno la possibilità di liberare al meglio la memoria del proprio smartphone. Digital Umanesimo allo stato puro, almeno in teoria.

    Sui contenuti di Forensic Architecture però qualche perplessità potrebbe anche nascere. La casistica infatti è emblematica (e fin quasi scontata).

    1) Un attacco con drone compiuto dal governo degli Stati Uniti d'America su un presunto capo terrorista in Waziristan (nord del Pakistan). Deprecabile cosa, siamo d'accordo. Ma come mai nessun caso di violenza o uccisione fatto dalle varie milizie Talebane (che pure operano con modalità militari) ha avuto lo stesso meticoloso trattamento da parte dei nostri detective-artisti?

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    2) L'uso degli erbicidi da parte dell'Esercito Israeliano sul confine con Gaza come Ecocidio. Premesso che la condizione della popolazione di Gaza è spaventosa e che bisogna sicuramente e rapidamente trovare delle realistiche soluzioni a questa tragedia, perchè le molte centinaia di pneumatici dati alle fiamme (di certo pericolosamente inquinanti) dai dimostranti di Gaza non vengo indagati con la stessa modalità? Sempre di atti "non ambientalmente sostenibili" si tratta.

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    3) Naufragio di un barcone di migrante sulle coste dell'isola Greca di Lesbo. Certo che le carenze di Frontex e della marina militare Greca sono molteplici di fronte a questo dramma, ma logicamente anche le responsabilità degli scafisti andrebbero prese in considerazione. O è davvero troppo banale considerarle o questi scafisti sono degli inappuntabili gentlemen al di sopra di ogni sospetto? Non risulta ben chiaro....

     

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    4) L'uccisione di un presunto terrorista nel deserto del Negev (sempre da parte dell'Esercito Israeliano). La tesi qui è che il presunto terrorista sia stato ucciso prima di aver accelerato l'auto contro un posto di blocco Israeliano. Il fatto è che dall'auto in questione è stato investito e ucciso un soldato Israeliano. Diventa onestamente difficile immaginare che ciò sia avvenuto involontariamente e solo per puro caso. Poi naturalmente si potrebbe discutere della eventuale legittimità dei resistenti palestinesi di fare ricorso a tutti gli strumenti/armi disponibili, ma questo è tutto un altro discorso....

    E' un po' troppo facile e pleonastico, almeno oggi, sfruttare il senso di colpa collettivo che affligge Mondo Occidentale (che certo comunque qualche strigliata se la merita...). E' un po' come se i "soliti sospetti" fossero automaticamente ritenuti colpevoli. Un inutile spreco di energie, come minimo.

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    Indispettisce inoltre che gli abusi quasi quotidiani perpetrati delle autorità costituite dei cosiddetti BRICS (Brasile-Russia-India-Cina-Sudafrica) sembrino non interessare molto ai nostri fiscali e dotati esperti di Forensic Architecture. Ed è un vero peccato perchè questo grave disinteresse toglie ad una avventura artisticamente brillante quella imparzialità di cui avrebbe assolutamente bisogno per esercitare credibilmente e seriamente la propria missione.

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