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    PER EVITARE CHE AL GRAN BUFFET DELLE PRIVATIZZAZIONI ALL’ITALIA NON RESTINO SOLO I PIATTI DA LAVARE, RIGOR MONTIS TIRA FUORI LA BARRIERA ANTI-SCALATE PER LE AZIENDE STRATEGICHE COME FINMECCANICA, TELECOM, TERNA, ENEL, ENI PER DIFENDERNE “L’ITALIANITÀ” (CON I RISULTATI DI ALITALIA?) - PALAZZO CHIGI E MINISTERO DELLA DIFESA POTRANNO PORRE CONDIZIONI IN CASO DI ACQUISTO STRANIERO O OPPORSI, SE LO “SHOPPING” RAPPRESENTA UNA MINACCIA PER L’INTERESSE NAZIONALE...


     
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    Valentina Conte per "la Repubblica"

    MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegMARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

    La nuova golden share prende corpo. La regola d'oro che ridefinisce le norme anti-scalata e protegge le aziende italiane «strategiche» da "appetiti" stranieri sarà tradotta, dal Consiglio dei ministri di oggi, nel primo decreto attuativo. Un Dpcm (Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri) snello, appena tre articoli, riservato al primo, rilevante, settore da tutelare: difesa e sicurezza nazionale. Vi si elencano «le attività di rilevanza strategica» su cui il governo potrà aprire un ombrello di «poteri speciali».

    Dai sistemi di guerra elettronica a quelli "crypto" per le comunicazioni. Dai sistemi satellitari ai velivoli a pilotaggio remoto. In pratica, Palazzo Chigi e ministero della Difesa potranno porre condizioni ben precise in caso di acquisto straniero di partecipazioni nelle imprese di questo settore, se lo "shopping" rappresenta una «minaccia effettiva di grave pregiudizio» per l'interesse nazionale.

    Ma anche, misura estrema, opporsi all'acquisto stesso. Un vero e proprio firewall, un muro, che l'esecutivo può alzare, nel campo della difesa, sia verso i Paesi Ue che extra Ue. Ma la legge 56, entrata in vigore il 15 maggio scorso, allarga la protezione anche ai servizi pubblici essenziali: energia, trasporto, comunicazioni. In pratica le reti.

    L'intervento protettivo, in questo caso, si limita alle sortite non europee e andrà tradotto in uno o più regolamenti entro la metà di settembre, come vuole la legge, dopo il "parere rinforzato" delle Commissioni parlamentari. Una vera rivoluzione, tuttavia, che manda in soffitta la legislazione del lontano 1994, all'inizio del processo di privatizzazioni pubbliche, che codificava la golden share negli statuti di cinque campioni nazionali (Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Telecom) fissando un limite percentuale (rimasto) di titoli in mano diverse da quelle statali.

    FINMECCANICAFINMECCANICA

    Ora si passa al golden power, come lo definiscono i tecnici del governo. «Poteri speciali» nei «settori strategici» che l'esecutivo potrà calibrare anche nella delicatissima partita sul "taglia-debito", le dismissioni pubbliche per comprimere lo stock di debito. Con la certezza che, qualora lo Stato italiano decidesse di mettere sul mercato quote delle sue partecipate, avrebbe uno strumento in più per difenderne "l'italianità".

    FINMECCANICA: IL GIGANTE HI TECH NELLA BUFERA AL RIPARO DAGLI APPETITI ESTERI...
    Difesa e sicurezza sono il pane quotidiano per Finmeccanica. La norma che oggi trova la sua declinazione nel Dpcm sembra, in qualche modo, ispirata alla protezione e al sostegno del primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali, partecipato per il 30,2% dal Tesoro. Che peraltro non naviga in acque tranquille, sia sotto il profilo giudiziario (inchieste aperte), sia per quello borsistico. Il titolo ieri valeva 3,182 euro e nell'ultimo anno è tracollato (da 5 euro). Il nodo-debito è poi spiazzante: 4,656 miliardi al 30 giugno, quasi quanto il patrimonio netto consolidato, pari a 4,670 miliardi. Diversi i gioielli nella galassia Finmeccanica che potrebbero dormire sonni tranquilli grazie al golden power: Alenia, Oto Melara, Selex, Agusta Westland.

    GRUPPO AVIO: SUPER OFFERTA FRANCESE PER PRENDERSI L'81 PER CENTO
    Il primo target della nuova golden share potrebbe essere pescato proprio nell'universo Finmeccanica, essendone uno dei "gioiellini": l'ex Fiat Avio. Un'azienda privata, partecipata dal gruppo guidato da Giuseppe Orsi solo al 14%, e per l'81% nelle mani non troppo solide di Cinven, un fondo di investimento inglese, che non nasconde l'intenzione di uscire.

    Anche perché alla porta bussa la Safran, società controllata dallo Stato francese al 30%, che a quanto pare valuterebbe Avio 3,2 miliardi di cui 1,7 pagati per cassa. In nome della "italianità" di fatto del gruppo (9 sedi, tra cui Torino e Colleferro) che produce motori di aerei (Eurofighter e Airbus 400M) e razzi spaziali (il lanciatore Vega), Avio potrebbe fare da apripista al nuovo firewall, concepito per difendere anche società private.

    TELECOM ITALIA: COSÌ LO STATO POTRÀ OPPORSI ALL'INGRESSO DI SOCI NON GRADITI
    Il golden power piace pure a Telecom Italia che ancora conserva nello statuto la vecchia
    golden share, anche dopo la totale privatizzazione e sul cui mantenimento il governo dovrà decidere. Con le nuove norme, i vecchi poteri "speciali" di protezione statale sono cancellati. Resta in vigore solo il tetto al possesso azionario da parte di soggetti diversi dallo Stato, pari al 3%, così come per Enel, Eni e Finmeccanica.

    Il responsabile affari legali di Telecom, Antonino Cusumano, in audizione alle commissioni Bilancio e Finanze, ha apprezzato i nuovi poteri speciali «a livello di opposizione e non di autorizzazione, per tutelare gli interessi strategici». Tuttavia il gruppo di Bernabè teme «un inutile aggravio burocratico» che potrebbe generarsi dall'onere preventivo di comunicare le diverse operazioni.

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    TERNA: MA ORA IL MANAGEMENT TEME L'ALA PROTETTIVA DEL PUBBLICO
    La golden share allargata ai servizi pubblici essenziali, e dunque alle reti, estende i «poteri speciali» anche al settore energetico. Nella sfera d'azione potrebbe ricadere, dunque, Terna, il gruppo partecipato al 29,85% dalla Cassa depositi e prestiti che gestisce la trasmissione di energia in Italia attraverso una rete di trasmissione di oltre 63 mila chilometri di linee in alta tensione.

    In audizione parlamentare, il direttore public affairs di Terna, Giuliano Frosini, ha sollevato però, al pari di Telecom, rischi di «appesantimenti» burocratici collegati all'obbligo di «svariate notifiche» di eventuali dismissioni al governo o al ministero competente. In una battuta, sintetizzava Frosini, «rischiamo di dover notificare anche la vendita di un traliccio».

    ENI: "VIGILANZA E SUPERVISIONE" PER BLINDARE IL COLOSSO DI SCARONI
    Tra le "cinque sorelle" della golden share anni '90, il colosso Eni è a tutti gli effetti dentro il nuovo ombrello. I regolamenti governativi per i settori altri dalla difesa - e cioè energia, trasporti e comunicazioni - sono attesi alla verifica parlamentare, per essere licenziati a settembre. Ma sin da ora si capisce che il gruppo del cane a sei zampe guidato da Scaroni - 64 miliardi di capitalizzazione, un titolo ieri a 17,90 euro per azione (12,91 euro, un anno fa), il 30,20% in mani pubbliche, di cui 26,3al sicuro presso Cassa depositi e prestiti - è tra quelli che certo potranno usufruire dei "poteri speciali" se mai arriveranno azioni ostili fuori dal confine europeo. Il governo parla di «meccanismo di vigilanza e supervisione » che non chiude l'Italia a investimenti esteri. Un gioco che potrebbe tornare utile in fase dismissioni.

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    ENEL: IL "FIREWALL" SCATTERÀ SOLO IN CASO DI ATTACCO EXTRA UE
    Lo stato, attraverso il Tesoro, possiede ancora un solido 31,20% di Enel, quasi un terzo del gigante italiano dell'elettricità, che ora potrà essere gestito con le nuove norme "d'oro". Il firewall vale solo contro possibili scalate ostili che arrivassero da lontano, extra-Ue, come fondi sovrani o investitori desiderosi di un boccone ancora appetitoso. Ma che verrebbero limitati o fermati nel caso in cui arrivassero a detenere, in modo diretto o indiretto, una partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere gli interessi nazionali. Enel è certo "strategica", ma non è stata mai esclusa la possibilità che lo Stato ne metta sul mercato una fetta, magari in momenti più brillanti di questo (un'azione ieri valeva 2,64 euro, da 3,6 di un anno fa), ora con una carta in più per difendere il campione nazionale.

     

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