Estratto dell'articolo di Paolo Baroni per "La Stampa"
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L'Italia? È diventato un Paese di sonnambuli. E i suoi abitanti sono, al tempo stesso, ciechi dinanzi ai presagi (a partire dalla crisi demografica che nel 2050 produrrà quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno), ed intrappolati in una sorta di "mercato dell'emotività".
Per l'80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% dalla globalizzazione abbiamo avuto più danni che benefici, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente, rileva il 57° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
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L'economia dopo la fine dell'espansione monetaria ha prodotto record di occupati, ma la crescita sta rallentando mentre in parallelo monta l'onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all'eutanasia il 74% dei cittadini). E nella "siderale incomunicabilità generazionale" va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani che diventano "esuli in fuga".
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[...] «La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti» rileva il Censis. Nel 2050 l'Italia avrà perso complessivamente 4, 5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre.
Si stimano così quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Ma il sonnambulismo «non è imputabile solo alle classi dirigenti – sostiene il Censis – è un fenomeno diffuso nella "maggioranza silenziosa» degli italiani"». Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56% (il 61, 4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società.
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Nell'ipertrofia emotiva in cui la società italiana si è inabissata, le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente. Così trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l'improbabile e il verosimile. L'84% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito», il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza,
per il 73% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l'Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l'arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico, il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato. Il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi: il 59, 9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l'Italia, per il 59,2% non siamo in grado di proteggerci da attacchi terroristici di stampo jihadista, mentre il 49, 9% è convinto che l'Italia non saprebbe difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico.
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[...] Il 74% si dice favorevole all'eutanasia, il 70,3% approva l'adozione di figli da parte dei single, il 65, 6% si schiera a favore del matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, il 54,3% è d'accordo con l'adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso. Rimane invece minoritaria la quota di italiani (il 34,4%) che approvano la gestazione per altri (Gpa). Infine, il 72,5% è favorevole all'introduzione dello Ius soli e il 76, 8% è favorevole allo Ius culturae, ovvero la cittadinanza per gli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese. Il silenzio tra generazioni.
La distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni che li hanno preceduti sembra abissale. I 18-34enni sono poco più di 10 milioni, pari al 17, 5% della popolazione totale, mentre nel 2003 superavano i 13 milioni, pari al 23% della popolazione: in vent'anni abbiamo perso quasi 3 milioni di giovani. E le previsioni per il futuro sono negative: nel 2050 i 18-34enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15, 2% della popolazione. I giovani sono pochi, esprimono un peso demografico leggero, inesorabilmente contano poco. E infatti per il 57, 3% degli italiani sono la generazione più penalizzata di tutte. [...]