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    “RISCHIAMO 5MILA PERSONE IN TERAPIA INTENSIVA ENTRO TRE SETTIMANE” – L’ALLARME DEL MATEMATICO DEL CNR E LE RAGIONI PER ESSERE OTTIMISTI. DA DUE SETTIMANE CIRCA TRE INDICATORI CHIAVE (OLTRE ALLA PERCENTUALE DI POSITIVI ANCHE I RICOVERATI CON SINTOMI E I PAZIENTI IN TERAPIA INTENSIVA) HANNO SMESSO DI ACCELERARE. I DATI DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’: L’INDICE RT CALA A 1,43 MA RESTA ALTISSIMO. SONO 20 LE REGIONI A RISCHIO. L'ETÀ MEDIA DELLE VITTIME DA COVID È DI 80 ANNI


     
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    CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA

    Da corriere.it

    L'Istituto superiore di Sanità ha pubblicato oggi il nuovo bollettino contenente i dati del monitoraggio della situazione dell'epidemia di Covid in Italia. I dati, relativi alla settimana dal 2 all'8 novembre, con aggiornamenti all'11 novembre, sono stati fondamentali per lo spostamento di cinque regioni, a partire da domenica 15 novembre, in zone di rischio diverse da quelle in cui si trovano oggi: si tratta di Campania e Toscana, che passano in zona rossa, e di Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche, che vanno in zona arancione.

     

    Che cosa dicono questi dati? Come sempre, molte cose decisamente importanti.

     

    CORONAVIRUS - OSPEDALE CORONAVIRUS - OSPEDALE

    1. L'indice Rt in Italia è calato, ma resta altissimo: 1,43. Nel periodo 22-4 novembre l'Rt calcolato sui casi sintomatici è pari a 1.43; la scorsa settimana era a 1.72.

    Perché «altissimo»? Primo, perché se l'indice Rt non scende sotto a 1, significa che l'epidemia è in fase espansiva: ogni persona contagiata infetta più di un'altra persona. Secondo, perché questo indice è calcolato sui casi sintomatici: e sappiamo che anche gli asintomatici contagiano. Infine, perché «si riscontrano valori medi di Rt superiori a 1.25 nella maggior parte delle Regioni e superiori a uno in tutte Regioni e province autonome». Insomma: la pandemia si espande in tutto il Paese.

    coronavirus ospedale di varese 1 coronavirus ospedale di varese 1

     

    2. Questa settimana si osserva un ulteriore forte incremento dei casi che porta l’incidenza negli ultimi 14 giorni a 648,33 per 100.000 abitanti nel periodo 26/10/2020-08/11/2020 (contro 523,74 nel periodo 19/10/2020-01/11/2020). L’aumento di casi è diffuso in tutto il Paese.

     

    3. Il peso sulle strutture ospedaliere è enorme, ma sembra che le misure funzionino: l'epidemia in Italia, scrive l'Iss, «seppur intensificandosi per gravità a causa di un aumentato impatto sui servizi assistenziali, mostra una lieve riduzione nella trasmissibilità rispetto alla settimana precedente che, sebbene ancora molto elevata, potrebbe costituire un segnale precoce di impatto delle misure di mitigazione introdotte a livello nazionale e regionale dal 25 ottobre 2020».

    coronavirus ospedale di varese coronavirus ospedale di varese

     

    4. Serve una «drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone». L'Istituto superiore di sanità non usa parole a caso: e chiede che la riduzione sia «drastica», perché bisogna, da subito, «alleggerire la pressione sui servizi sanitari». Insomma: è fondamentale che «la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e rimanga a casa il più possibile».

     

    5. Venti tra Regioni e Province autonome sono a rischio

    «Venti Regioni sono classificate a "rischio alto" di una trasmissione non controllata e non gestibile di Sars-CoV-2». Solo il Molise rimane l'unica Regione con una classificazione complessiva di rischio «moderata».

     

     

    coronavirus ospedale coronavirus ospedale

    6. Dodici Regioni hanno superato soglie critiche in aree mediche: e questo giustifica nuove misure

    Dodici Regioni hanno superato almeno una soglia critica in area medica o terapia intensiva: e «nel caso si mantenga l'attuale trasmissibilità, quasi tutte le Regioni e province autonome hanno una probabilità maggiore del 50% di superare almeno una di queste soglie entro il prossimo mese». «Si verifica un preoccupante aumento sia dei ricoveri ospedalieri sia dei ricoveri in terapia intensiva», ha detto il direttore del dipartimento Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, «e questo chiaramente giustifica ulteriori misure restrittive che devono essere prese soprattutto nelle regioni che sono a rischio più elevato e naturalmente induce la popolazione a comportamenti prudenti».

     

    7. I dati sui decessi restano pressoché invariati

    L'età media delle vittime da Covid è di 80 anni, di oltre 30 anni superiore all'età media dei malati in genere. Solo l'1,1% dei deceduti aveva meno di 50 anni. In particolare, all'11 novembre, ci sono 472 morti under 50, dei 41.737 totali (1,1%), e 109 morti under 40 (72 uomini e 37 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).

    coronavirus terapia intensiva roma 1 coronavirus terapia intensiva roma 1

     

    Di 31 pazienti di età inferiore ai 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 64 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 14 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.

     

    Si conferma anche la media di 3,5 malattie preesistenti per le vittime del virus.

     

    I tempi mediani (in giorni) che trascorrono dall'insorgenza dei sintomi al decesso sono 12 giorni; dall'insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale sono 5 giorni; dal ricovero in ospedale al decesso sono di 7 giorni. Il tempo intercorso dal ricovero in ospedale al decesso è di 6 giorni più lungo in coloro che sono stati trasferiti in rianimazione rispetto a quelli che non sono stati trasferiti (12 giorni contro 6 giorni).

     

    CORONAVIRUS, I NUMERI IN CHIARO

     

    Riccardo Liberatore per open.online

     

    Secondo il matematico del Cnr la situazione epidemica va migliorando ma bisognerà aspettare ancora diverse settimane prima che il numero di decessi per Covid diminuisca significativamente

     

    Sono oltre 40 mila i nuovi positivi al Coronavirus nelle ultime 24 ore e 550 i decessi registrati dalla Protezione civile. Però, stando a quanto dichiarato da Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Prevenzione del ministero della Salute, il tasso di trasmissibilità del virus (Rt) dovrebbe essere diminuito rispetto alla scorsa settimana. Rimane comunque superiore alla soglia dell’1. Inoltre, preoccupa anche il numero significativo di ricoveri e di decessi. Ma, come spiega a Open il matematico Giovanni Sebastiani, ci sono alcune ragioni per essere ottimisti.

     

     

     

    coronavirus terapia intensiva roma 2 coronavirus terapia intensiva roma 2

    Professore, le risulta che l’Rt sia diminuito?

    «Diciamo che il dato è in linea con la percentuale dei positivi sui casi testati. Da due settimane circa tre indicatori chiave – oltre alla percentuale di positivi anche i ricoverati con sintomi e i pazienti in terapia intensiva – hanno smesso di accelerare. I positivi sui casi testati invece sono addirittura in decelerazione».

     

    A quanti siamo?

    «Adesso siamo a circa il 28%. La settimana scorsa eravamo attorno al 26%. Quella ancora prima erano al 23% circa. Quindi aumentano, ma sempre di meno rispetto al passato».

     

     

    E per quanto riguarda le terapie intensive?

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    «Fino a quattro giorni fa la crescita era lineare con un aumento medio di 100 posti al giorno, ma aveva smesso di accelerare. Ad ogni modo la fine dell’accelerazione di tutti e tre gli indicatori – percentuale di nuovi positivi, ricoverati con sintomi e ricoveri in terapia intensiva – può essere attribuito alle restrizioni introdotte nel corso dello scorso mese e all’inizio di quello corrente. In particolare l’utilizzo di mascherine all’aperto e l’introduzione della didattica a distanza».

     

    Perché allora fare nuove restrizioni allora come dice Rezza?

    «Perché la curva dei nuovi contagi si sta appiattendo, ma molto lentamente. Per quanto riguarda i ricoverati in terapia intensiva tra tre settimane potremmo superare tranquillamente i 5mila pazienti. Inoltre, adesso c’è un’estensione maggiore nei positivi e nei ricoveri rispetto alla prima fase».

     

    Perché ci impiega così tanto ad appiattirsi?

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    «In parte è dovuto ad una grande estensione geografica, in parte ad un’eterogeneità nei comportamenti, che sono inoltre meno rigorosi rispetto alla prima fase del lockdown. Nella prima fase l’appiattimento della curva dei contagi precedeva di una settimana quella dei ricoveri con sintomi, invece adesso l’anticipo è maggiore».

     

    Bisogna anche dire che non sappiamo con precisione quante persone entrano ed escono dalle terapie intensive tutti i giorni.

    «Abbiamo soltanto il numero complessivo di occupazione giornaliera ma i dati non sono in relazione diretta al numero giornaliero dei decessi. L’entrata nelle terapie intensive probabilmente è molto più alta».

     

    giovanni rezza giovanni rezza

     

    A proposito di decessi, continuano ad essere molto alti. Oggi 550, ieri 636. Quando cominceranno a scendere?

    «I decessi sono l’ultima cosa che si stabilizzano perché c’è un grande ritardo. Il tempo tra la diagnosi e il decesso è di circa 12 giorni, ma la variabilità è grande. Potrebbe passare ancora un mese prima che tornino a un livello più basso».

     

    Cosa si può fare in più?

    «Bisognerebbe agire in tutte le grandi città dove c’è una grande densità, chirurgicamente, con misure ancora più strette. Però la vera ricetta è “a fisarmonica”, con, ciclicamente, una diminuzione della mobilità e del  numero di contatti, non appena si presenta una crescita esponenziale del contagio, per poi allentare la pressione non appena l’incidenza cala. Ma per questo bisognava agire prima».

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