Stefano Stefanini per la Stampa
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Ieri il barometro della crisi ucraina è precipitato bruscamente. Non era mai risalito dalla bassa pressione stabile ma una settimana di diplomazia intensiva faceva balenare quanto meno un assestamento senza tempesta. La tempesta può arrivare da un momento all'altro, ha avvisato la Casa Bianca.
Allarme o allarmismo? Si può anche sperare nel secondo, ma Biden e i principali leader occidentali e europei, fra cui Mario Draghi, hanno avvertito la necessità di discuterne per un buon paio d'ore. Non è gente che spreca il proprio tempo. Mosca aveva immediatamente smentito. Non è bastato a tranquillizzare neanche gli europei che più si sono spesi per il dialogo e più sono esposti ai contraccolpi di un conflitto armato -, sanzioni e contro-sanzioni.
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Ci sono molti motivi per prendere sul serio il rischio guerra in Ucraina. Intanto, anche dopo l'incontro con Macron, Putin ha continuato ad essere evasivo - sarebbero bastate due paroline a mettere il cuore in pace a tutti. La dinamica di accerchiamento militare di Kiev è continuata imperterrita. Ieri sono cominciate le esercitazioni militari congiunte russo-bielorusse su un confine che tiene a portata di tiro la capitale ucraina. Nel frattempo la flotta russa nel Mar Nero, rinforzata con navi arrivate in fretta e furia dall'Atlantico è pronta ad aprire il fronte marittimo su Odessa. Sono due opzioni militari per un conflitto con l'Ucraina non per il sostegno ai ribelli del Donbass.
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In pratica, nei giorni scorsi gli occidentali hanno parlato molto con i russi, i russi non hanno smesso di giocare alla guerra. E questo i leader lo sanno. Da settimane l'Occidente si interroga sulle intenzioni di Vladimir Putin. A questo punto le congetture servono a poco. Scientemente il presidente russo vuole lasciarle tali. Non resta che guardare ai fatti. I fatti sono i preparativi militari. L'allarme americano di imminente invasione russa in grande scala dell'Ucraina riflette essenzialmente gli sviluppi in corso sul terreno.
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Sono davanti agli occhi di tutti, anche senza il valore aggiunto della sofisticata intelligence Usa. Putin prepara la guerra. Non vuol dire che la farà ma è pronto a farla, anche domani senza attendere la fine dei Giochi Olimpici per compiacere l'amico Xi Jinping. Se non la farà non mancherà di irridere Joe Biden e i leader occidentali che hanno gridato al lupo. In questo caso sarebbe il male minore. Meglio un eccesso di allarme che una compiacente faciloneria. Il rischio è reale.
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Quali che siano le misteriose intenzioni del padrone del Cremlino, la macchina di minaccia militare che ha messo in moto finisce con l'acquistare una dinamica inerziale. Si può fermare? È quello che hanno cercato di fare ieri i leader. Non è un caso che il presidente del Consiglio abbia parlato di rafforzare le sanzioni e di dare attuazione all'accordo di Minsk 2. Il messaggio implicito è molto semplice: Putin ha più da guadagnare negoziando di quanto abbia da perdere invadendo. Se il Cremlino ascolta è ancora in tempo.
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