Maurizio Bait per “il Messaggero”
FOSSA COMUNE RITROVATA VICINO A FIUME
Una protesi con due denti d' oro. Ma anche un bocchino, un gemello da polso, due pettini e un paio di orologi accanto a poche ossa. Ecco cosa resta di almeno sette se non nove italiani trucidati e poi gettati nella foiba di Castua, a 12 chilometri da Fiume, dai partigiani comunisti jugoslavi.
Avvenne a guerra finita, il 4 maggio 1945. Le ossa appartengono fra gli altri con ragionevole certezza, in base a documenti e testimonianze, a Riccardo Gigante, già sindaco e poi podestà di Fiume, ex senatore del Regno d' Italia e da ultimo attivista della Repubblica sociale dopo l' 8 settembre 43.
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Altre vittime pressocché accertate sono il giornalista Nicola Marzucco e due sottufficiali: il maresciallo della Guardia di finanza Vito Butti e il vicebrigadiere dei Carabinieri Alberto Diana.
Erano tutti spariti da Fiume in quei giorni terribili. Poi cadde uno spesso velo d' oblìo politico dovuto all' evoluzione storica, alla Guerra fredda e alla necessità di buoni rapporti con la non allineata Jugoslavia, che già nel 1948 aveva rotto con il Cominform di Stalin.
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IL SÌ DELLA CROAZIA
A rivelarsi decisiva per scoprire la storia di queste vittime è stata la progressiva aggregazione europea e gli odierni, eccellenti rapporti fra Italia e Croazia, con la mediazione locale delle Associazioni degli esuli e la meritoria attività della Società degli studi fiumani.
Da diversi anni si sapeva dell' esistenza di questi resti in quel punto preciso, soprattutto grazie ai ricordi di don Franjo Jurcevic, parroco della chiesa di Sant' Elena a Castua.
TITO
Ma a permettere il recupero dei poveri resti delle vittime è stata un' autorizzazione delle autorità croate alla riesumazione. Erano i giorni insieme felici e terribili della fine della Seconda guerra mondiale: il mondo festeggiava la fine dell' incubo nazi-fascista, a Roma e Parigi si brindava baciando le belle ragazze lungo le strade e intonando canzoni di calda vita.
Qui no: sul confine orientale i partigiani titini volevano regolare i conti dopo le repressioni del regime fascista tese a una forzata italianizzazione. Fiume che sotto l' Austria era chiamata la Kleine Triest, piccola Trieste, era stata una stazione meteorologica del nazionalismo croato sotto l' Impero, allorché Vienna all' indomani della Terza guerra d' Indipendenza aveva promosso una drastica azione di scoraggiamento all' insediamento degli italiani sul Litorale nel timore di eccessi irredentistici.
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Alla fine della Grande Guerra la vittoria italiana si rivelò mutilata al tavolo di Versailles. Nel 1919 Gabriele D' Annunzio promosse la celebre spedizione dei legionari, tecnicamente circa 2.600 militari ribelli del Regio Esercito, poi la città venne sgomberata dall' esercito italiano nel 20 e infine Fiume fu oggetto di un nuovo trattato in favore dell' Italia, nel 1924. Venne il fascismo e con esso le italianizzazioni forzate a cominciare dai nomi e dai cognomi.
Vietato parlare idiomi diversi dalla lingua di Dante. E poi deportazioni, fucilazioni e case incendiate con sistematica brutalità, gli internamenti di intere famiglie slovene croate nei campi di concentramento sull' isola di Arbe (Rabb) e a Gonars, nella Bassa friulana.
LE STRAGI
Alla fine della seconda guerra mondiale barbarie fu: da Gorizia al Quarnero, passando per Trieste e per l' Istria, migliaia e migliaia di italiani questa quasi sempre la loro colpa esclusiva riempirono le cavità calcaree del Carso con i loro poveri corpi senza vita.
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Fu così che il terrore avvolse ogni cosa e gli italiani, 350mila italiani, prepararono la drammatica decisione di andarsene senza ritorno. Il ritrovamento attuale a Castua è avvenuto con uno spirito di umana pietà e fattiva amicizia fra popoli che a lungo seppero odiarsi.
Ora il senatore pordenonese Luca Ciriani chiede una onorata sepoltura per Gigante e gli altri, ma anche una targa che ricordi sul posto quanto avvenuto. Non per distinguere fra barbarie e barbarie, ma per insegnare ai giovani che la pace e l' Europa dei popoli sono beni decisivi per la vita.