Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
CONTE MERKEL SANCHEZ MACRON
Se non bastasse il resto, è il mercato che sta dicendo che il tempo adesso stringe davvero. Il rendimento dei titoli di Stato italiani è tornato a salire di più di sessanta punti negli ultimi venti giorni, sulle scadenze a dieci anni. Da una soglia minima dell' 1,22%, raggiunta il 26 marzo quando la Banca centrale europea sfoderò il suo piano da 750 miliardi contro la pandemia, all' 1,88% di ieri. È un peggioramento più che doppio rispetto a quello della Spagna dove i titoli di Stato a dieci anni rendono meno della metà rispetto a quelli di Roma.
Eppure i due Paesi sono investiti con la stessa violenza dalla pandemia, sono soggetti alle stesse decisioni europee e subiranno recessioni di intensità simile, mentre il deficit pubblico di Madrid può essere persino più alto. La differenza dunque dev' essere nella politica. Entrambi i governi sono coalizioni complesse e fragili, ma solo in Italia è partito un dibattito sul fondo salvataggi Mes che - visto dal mercato e dalle altre capitali - ha un solo effetto: ricordare che la politica italiana può sempre finire ostaggio dei sovranisti e della loro rappresentazione della realtà. In Spagna invece è possibile che il governo attivi il nuovo strumento del Mes disegnato per le spese legate a Covid-19, senza però tirare fuori un solo euro. L' intento è di assicurarsi un po' di più sul mercato a costo zero.
CONTE MERKEL
Per l' Italia, la stessa scelta dipende da cosa accadrà fra sette giorni. È allora che i leader nazionali dell' Unione europea dovrebbero decidere se e come avviare un "Recovery Fund", un fondo per la ripresa da affiancare alle misure più limitate decise fino ad ora. Il governo di Giuseppe Conte può permettersi di attivare la linea di credito del Mes solo se sarà in grado di presentare un accordo europeo sul "Recovery Fund" come un successo. In caso contrario chiedere il sostegno del Mes - la proposta di Germania e Olanda dall' inizio - apparirebbe come una capitolazione tale da far cadere Conte.
La stabilità politica e finanziaria dell' Italia è dunque inestricabilmente legata al risultato del vertice europeo di giovedì prossimo. Da lì sembra ormai acquisito, anche a Berlino, che un qualche "Recovery Plan" vada lanciato.
conte gualtieri
Anche l' idea che possa valere almeno mille miliardi è ormai diffusa fra le capitali, anche se resta da capire distribuiti in quanti anni. Esistono poi idee per avvicinare la posizione di Roma, che chiede debito comune europeo, a quella di tedeschi o olandesi, che non vogliono farsi carico dei problemi dell' Italia. Una delle ipotesi prevede che ogni governo risponda per percentuali pari alla propria quota di prodotto lordo nell' economia dell' area euro di titoli di debito emessi in comune nell' area euro, anche se magari quel Paese riceve risorse in proporzione più ampia. È anche possibile che le compensazioni del dare e avere si facciano su lunghi periodi, con alcuni governi caricati di minori obblighi nei primi anni dopo la crisi. Di sicuro ci sarà un progetto, di sicuro non sarà un classico eurobond.
giuseppe conte roberto gualtieri
Manca però un tassello senza il quale il confronto fra capitali non entra nel vivo: come far partire quel "Recovery Fund", come alimentarlo di risorse e quando. Agganciarlo al bilancio Ue, come preferiscono Berlino e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, rischia di rimandare tutto al 2021 inoltrato: troppo tardi. Servirebbe una soluzione-ponte per raccogliere sul mercato finanziamenti già da quest' estate tramite la Commissione, la Banca europea degli investimenti o lo stesso Mes. Nessuna di queste strade è però priva di ostacoli. E all' ultimo ciascuna può rivelarsi il diavolo politico che, nei negoziati europei, si annida sempre nei dettagli legali.