Federico Capurso per La Stampa
PAOLO SIMIONI
C' è la nomina dei vertici delle municipalizzate dietro lo scontro senza quartiere che dilania le varie anime della giunta pentastellata di Roma. Un bacino di voti e potere intorno al quale si è aperta una frattura sempre più profonda nella squadra di Virginia Raggi, che ora rischia di spaccare in due il Campidoglio.
Da una parte ci sono gli uomini inviati nella Capitale dall' asse Grillo-Casaleggio, chiamati a tenere in pugno le briglie del Campidoglio. Dall' altra, una fronda trasversale alle correnti politiche interne, che raccoglie molti consiglieri M5S e assessori fedeli alla sindaca, e chiede maggiore coinvolgimento nelle scelte.
Nemico numero uno dei frondisti è il veneto Massimo Colomban, alla guida del potente assessorato alle Partecipate, da loro ribattezzato malignamente «l' assessore part-time», a evidenziare i frequenti ritorni in Veneto nel fine settimana e la sua simbolica lontananza dal Campidoglio di matrice grillina. È lui - accusano i suoi detrattori - a voler dettare la linea sulle nomine e, quando non riesce a imporsi, a cercare sponde nei due deputati M5S accorsi in aiuto di Raggi, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
VIRGINIA RAGGI MASSIMO COLOMBAN
Raggi prova ad usare la mano dura: «Si cambia registro. Sono intervenuta personalmente per mettere fine alle polemiche e d' ora in poi non si tollerano deviazioni rispetto alla linea che ho tracciato», ha detto in una riunione di maggioranza.
Annusando, evidentemente, i mal di pancia alimentati dalla «promozione» alla guida di Atac di Paolo Simioni, conterraneo e braccio destro di Colomban, avvenuta poche ore prima. Simioni sarà presidente e amministratore delegato, prendendo il posto dell' ormai ex amministratore unico Manuel Fantasia, nominato dalla Raggi a ottobre e da lei stessa salutato ieri al termine di due ore e mezza di colloquio in compagnia del deputato Fraccaro. Il secondo allontanamento da Atac in una settimana, dopo le dimissioni di venerdì scorso firmate dal direttore generale Bruno Rota.
E ora, come annunciato dal Campidoglio, si apre all' elezione del cda a tre per l' azienda del trasporto pubblico romano. Altro giro, altra corsa.
VIRGINIA RAGGI ANDREA MAZZILLO COLOMBAN
Sono ancora una dozzina i consigli d' amministrazione da rinnovare. Tra questi spicca l' ambita Zètema, con i suoi mille dipendenti e il controllo dei maggiori eventi culturali della Capitale, di siti archeologici e museali. Attende il rinnovo anche Risorse per Roma, che fu scatola magica di promozioni ai tempi di Gianni Alemanno, nella quale l' attuale presidente e ad Massimo Bartoli non sembra cercare la riconferma. E poi l' Agenzia per la Mobilità, Aequa Roma, e tante altre poltrone in attesa di essere conquistate.
I nomi arrivati nei mesi scorsi per i due piatti più sostanziosi, Acea e Ama, indicati dai vertici del Movimento nazionale e dalla loro emanazione romana, vengono tutti dal Nord, dal triangolo Milano, Genova, Torino.
COLOMBAN
Un punto, questo, che è stato motivo di forte malumore per l' assessore al Bilancio Andrea Mazzillo e per il presidente dell' Assemblea capitolina Marcello De Vito. Il primo, fedelissimo di Raggi; il secondo, di Roberta Lombardi, che della sindaca viene indicata come l' arcinemica, si sono trovati uniti dalla protesta nei confronti degli assessori «stranieri» che avrebbero imposto le loro nomine in Campidoglio, prendendo «da fuori», come ha sottolineato più volte lo stesso Mazzillo.
Nel mirino dei frondisti c' è però anche Adriano Meloni, milanese d' adozione, visto come troppo vicino alla Casaleggio e che, come Colomban, viene messo dai suoi detrattori nel girone degli assessori «pendolari». Anche lui, evidentemente, reo di partire spesso da Roma. C' è poi l' emiliana Pinuccia Montanari, amica di Beppe Grillo e assessora all' Ambiente, che dalla Capitale non si allontana mai, vista però come espressione dell' asse Grillo-Casaleggio in Campidoglio. E tra gli assessori messi alla berlina dai consiglieri "autonomisti", finisce persino il vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo.
ADRIANO MELONI
Romano, sì, ma straniero per provenienza politica, troppo vicino al Pd e ancora peggio - nel ragionamento dei maldipancisti - colpevole di aver portato nei cda delle aziende culturali uomini legati alla sinistra romana, slegati dal Movimento.